In ascolto di Esodo

Un giorno nei tuoi atri: il cortile del Tempio

In ascolto di Esodo (Es 27,9-19)

a cura di Gianmartino Maria Durighello e Gruppo Esodo, Piccoli amici di Maria Maddalena

Farai poi il recinto della Dimora
Il Signore continua le sue istruzioni per la costruzione della Dimora: farai il recinto della Dimora. La traduzione, se non è errata, è però imprecisa. Il termine “recinto” porta la nostra attenzione all’elemento divisorio, di protezione (a seconda del contesto un colonnato, una rete, un canneto…), che… recinta appunto uno spazio.

Il termine ebraico chazar, che la Bibbia greca dei LXX traduce con aulé e la Vulgata con atrium, deriva da una radice verbale che indica “fissare, rendere stabile” e quindi anche “dimorare, abitare”. Il termine indica quindi, a seconda del contesto, uno spazio abitabile, una dimora stanziale, anche un villaggio. Certo questo spazio doveva essere recintato, a sua protezione. Ma l’idea principale è quella di una dimora, e di una dimora stabile. Non dimentichiamo che stiamo parlando appunto della Dimora! Dio ordina tutto questo per abitare con il suo popolo, nel cammino del deserto e poi nella città stabile di Gerusalemme.

Certo: dire “farai un recinto!” o dire “farai un cortile recintato!” è ben altra cosa. Qui allora il termine chazar indica lo spazio consacrato attorno al santuario recintato da colonne e tendaggi preziosi. È l’equivalente del cortile del tempio in Gerusalemme. Ricordiamo ancora come la descrizione rappresenta qui una retrodatazione. Certo la descrizione non può verosimilmente riferirsi a una dimora portatile per il viaggio del deserto. è il popolo insediato in Sion, nel tempio di Gerusalemme, che legge la sua storia come storia di salvezza e fonda la sua identità di popolo e la sua fede in Yhwh nell’esperienza dell’esodo.

Il racconto prosegue quindi indicando il materiale e le misure per il chazar. In precedenti incontri abbiamo avuto più volte l’occasione di meditare sul significato anche simbolico della tipologia dei materiali, delle misure, dei colori… Qui vogliamo soffermarci ancora su questo versetto introduttivo: farai il recinto (o, meglio, il cortile o atrio) della Dimora!

In un nostro incontro di qualche annetto fa (era il dicembre 2002) in ascolto di Esodo 24,1-2 (Salì verso il Signore) avevamo meditato i cortili del tempio di Gerusalemme e in particolare la concezione concentrica-piramidale dell’architettura del tempio, funzionale a una profonda purificazione, il cui punto d’arrivo è l’incontro di Dio con il suo popolo.

* Il cortile dei gentili
Dentro il colonnato di Salomone, ecco il primo cortile, il cortile dei pagani, o dei gentili. è qui che si colloca l’episodio di Gesù che scaccia i mercanti dal tempio (Mt 21,12). Si trattava di cambiamonete (per il cambio di monete romane o greche in monete ebraiche, le sole ammesse nel tempio) e di venditori di colombe, olio, incenso… per le offerte del tempio. Si tratta cioè di un “mercanteggiare” ammesso in quanto funzionale al culto e alle offerte per il tempio.

Gesù entrò nel tempio e scacciò tutti quelli che nel tempio vendevano e compravano; rovesciò i tavoli dei cambiamonete e le sedie dei venditori di colombe e disse loro: “Sta scritto:

La mia casa sarà chiamata casa di preghiera.
Voi invece ne fate un covo di ladri“. [Mt 21,12-13]

Gesù, cacciando questi mercanti, proclama l’avvento di un tempio nuovo e di un culto nuovo. Il tempio del suo corpo e il culto in spirito e verità annunciato alla donna samaritana (cf Gv 4,21-24).

* Il muro di separazione e il cortile degli Israeliti
Una balaustrata “di separazione” divide il cortile dei gentili, ove tutti sono ammessi, dal santuario vero e proprio, con il cortile degli Israeliti e, nella parte ad est del cortile degli Israeliti, il cortile delle donne.

E’ questo il muro cui si riferisce l’Apostolo quando dice di Gesù che “abbattè il muro di separazione”, a significare che questo nuovo tempio e questo nuovo culto è per tutti, che la Salvezza è universale, rivolta a tutti, senza barriera alcuna.

(…) un tempo voi, pagani nella carne, chiamati non circoncisi da quelli che si dicono circoncisi perché resi tali nella carne per mano d’uomo, ricordatevi che in quel tempo eravate senza Cristo, esclusi dalla cittadinanza d’Israele, estranei ai patti della promessa, senza speranza e senza Dio nel mondo.
Ora invece, in Cristo Gesù, voi che un tempo eravate lontani, siete diventati vicini, grazie al sangue di Cristo.
Egli infatti è la nostra pace, colui che di due ha fatto una cosa sola,
abbattendo il muro di separazione che li divideva,
cioè l’inimicizia, per mezzo della sua carne. [cf Ef 2,13ss]

* il cortile dei sacerdoti
Procedendo in una struttura concentrica, ecco il cortile dei sacerdoti, con l’altare dei sacrifici, posto davanti al Santuario.

* L’atrio, il Santo e il Santo dei Santi
E siamo nel Santuario propriamente detto, con l’atrio, con la prima tenda, il Santo, e quindi, attraverso un ultimo divisorio (il Paroket), il velo del tempio, il cuore del tempio stesso, il Santo dei Santi, dove una sola volta all’anno entra il solo Sommo sacerdote per il sacrificio a beneficio suo e di tutto il popolo. (cf. https://psallite.net/wp/2023/05/07/il-paroket-il-velo-di-separazione/). Ed è questo il “velo” che alla morte di Gesù si squarcia in due da cima a fondo.

Gesù di nuovo gridò a gran voce ed emise lo spirito.
Ed ecco, il velo del tempio si squarciò in due, da cima a fondo. [Mt 27, 51]

Il velo del tempio, ultimo divisorio (!), si squarcia in due: entra Gesù nuovo sommo sacerdote e nuovo agnello e nuovo tempio, per una nuova ed eterna universale alleanza. Entra per sempre in un santuario non fatto da mani d’uomo (cf Eb 8,1ss).

* L’atrio profanato
Una cosa è aprire a tutti l’accesso a questo tempio e a questo culto e altra cosa invece è aprirlo all’idolatria. Nella storia dei re di Israele non sono mancati governanti empi, che hanno costruito altari ai Baal e agli dèi nel cortile del Tempio:

Quando divenne re, Manasse aveva dodici anni; regnò cinquantacinque anni a Gerusalemme. Fece ciò che è male agli occhi del Signore, secondo gli abomini delle nazioni che il Signore aveva scacciato davanti agli Israeliti. Costruì di nuovo le alture che suo padre Ezechia aveva demolito, eresse altari ai Baal, fece pali sacri, si prostrò davanti a tutto l’esercito del cielo e lo servì. Costruì altari nel tempio del Signore, riguardo al quale il Signore aveva detto: “A Gerusalemme porrò il mio nome per sempre”. Eresse altari a tutto l’esercito del cielo nei due cortili del tempio del Signore. [2Cr 33,1ss]

* Un nuovo tempio aperto a tutti gli uomini
Un accesso puro (liberato dall’idolatria) e insieme aperto a un abbraccio universale. Questo libero universale accesso, i primi cristiani dovevano intenderlo non solo come nuovo culto in spirito e verità, nel tempio del corpo di Cristo, ma anche alla lettera: entrando cioè nel tempio della città santa Gerusalemme. Dobbiamo infatti ricordare che i primi cristiani continuavano a frequentare il tempio nell’unità di fede del popolo di Israele al quale appartenevano.

Ne è un esempio l’episodio di Paolo, arrestato perché accusato di aver introdotto un pagano nell’atrio del tempio.

(…) come lo videro nel tempio, aizzarono tutta la folla e misero le mani su di lui gridando: “Uomini d’Israele, aiuto! Questo è l’uomo che va insegnando a tutti e dovunque contro il popolo, contro la Legge e contro questo luogo; ora ha perfino introdotto dei Greci nel tempio e ha profanato questo luogo santo!”.  [At 21,15ss]

L’evento accade nell’atrio o cortile degli Israeliti. L’accusa era estremamente grave. Alcune iscrizioni in lingua greca e latina erano affisse sulla balaustrata che divideva appunto il cortile dei gentili da quello degli Israeliti, intimando la pena di morte per i pagani che avessero passato il recinto.

* Franz Kafka e Il messaggio dell’imperatore
Questa struttura concentrica di recinto in recinto, di cortile in cortile, dall’esterno fino al cuore del tempio, il Santo dei Santi, corrisponde ad un intento di somma purificazione che ha il suo culmine nell’incontro salvifico tra la domanda dell’uomo e la risposta di Dio. La stessa struttura investe l’organizzazione stessa del popolo di Israele. Israele è riservato, separato tra gli altri popoli. All’interno di Israele c’è poi la tribù di Levi, deputata al servizio sacerdotale. Quindi i maschi leviti. Tra questi quelli chiamati al turno sacerdotale. Fino al sommo sacerdote.

Pensando a questa sequenza concentrica di cortili e recinti, mi viene in mente un racconto breve di Franz Kafka, Il messaggio dell’imperatore[i].

In sintesi: l’imperatore sul letto di morte affida al messaggero un messaggio. Tanto gli sta a cuore questo messaggio che chiede al messo che glielo ripeta all’orecchio. Il messo si mette quindi subito in viaggio. Attraversa le sale, i muri e i cortili del palazzo imperale. Poi si deve far strada tra la folla, e tra tutte le sue numerose dimore… e anche se riuscisse nell’intento, porterebbe il messaggio di un imperatore morto.

(…) sta ancora aprendosi il cammino attraverso le stanze del palazzo più interno; non riuscirà mai a superarle, e se anche ci riuscisse, sarebbe al punto di prima: dovrebbe battersi da leone per discendere le scale; e se anche questo gli riuscisse, sarebbe ancora nulla: gli rimarrebbe da attraversare i cortili; e dopo i cortili la cerchia del secondo palazzo, e di nuovo scale e cortili; e poi un altro palazzo; e così via per millenni; e quando finalmente sbucasse dall’ultimissima porta – ma ciò non accadrà mai e poi mai -, si troverà dinanzi la città imperiale, il centro del mondo, colma fino all’orlo di tutta la sua feccia: nessuno può venirne a capo, anche se sia latore del messaggio di un morto.

Questa struttura funzionale all’Incontro di Salvezza, se perde il suo intento originario (e non pensiamo qui solo al tempio di Gerusalemme e alla religione ebraica, ma in primo luogo al nostro essere cristiani, alle nostre chiese e ai nostri palazzi…) può diventare esclusiva, divisoria. Ecco il senso di quell’abbattere il muro di separazione! Ecco il senso di quello squarciarsi in due del Velo! Gesù si dona e si immola come «porta» per un accesso libero e universale.

* Gesù è la porta del recinto
La nostra amica Francesca ci ricorda a questo punto l’episodio del Vangelo in cui Gesù dice “Io sono la porta delle pecore” (Gv 10,7).

“In verità, in verità io vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante. Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore. Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori. E quando ha spinto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce. (…) “In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore”.

Anche qui, quindi, Gesù parla di un recinto. Di un recinto e di una porta che è egli stesso.

Nell’episodio precedente Gesù aveva guarito il cieco nato, e questi non fu accolto dai farisei che … lo cacciarono fuori (Gv 9,34).

Continuando il racconto, l’evangelista ci dice che stava ricorrendo la festa della Dedicazione del tempio (!) e che Gesù camminava… nel portico di Salomone, nel cortile più esterno, quello aperto a tutti, anche ai pagani.

Ricorreva allora a Gerusalemme la festa della Dedicazione. Era inverno. Gesù camminava nel tempio, nel portico di Salomone. [Gv 10,22]

 * In cammino verso il cortile interiore
Gesù entra nel recinto e fa uscire le pecore dal recinto e cammina davanti a loro… Attraverso questa porta che è Gesù possiamo entrare fin dentro il nostro cuore. E qui accade qualcosa di meraviglioso: nel nostro cuore troviamo lo stesso Gesù che è dentro di noi, a fare di noi il nuovo tempio nel suo corpo, come in modo stupendo ci aiuta a cogliere Gertrude di Helfta, nel suo libro delle Rivelazioni dell’amore divino:

L’anima mia Ti benedica e dall’intimo del mio cuore Ti lodi la Tua stessa misericordia, di cui il tuo amore infinito mi ha circondato senza mio merito. [Gertrude di Helfta]

Quando dall’intimo del nostro cuore benediciamo e lodiamo il Signore, è il suo stesso amore che abita il nostro cuore a lodare in noi, con noi e per noi. Un amore infinito che ci ha circondato-abbracciato, come i cortili circondano-abbracciano il santo dei Santi, il cuore del tempio.

In questo abbraccio torniamo a vedere-considerare allora anche l’aspetto positivo di questi cortili. Non solo vi vediamo le barriere che in Cristo abbiamo abbattuto, ma anche un percorso interiore di progressivo avvicinamento allo stesso Gesù amore che abita questo nostro cuore e tempio.

La sacra Scrittura chiama “timorati” (At 10,2) i principianti che in qualche modo stanno alle porte dell’atrio divino delle virtù.
Quelli poi che hanno acquisito in una certa misura l’abito della virtù nelle parole e nella condotta, li definisce “proficienti”.
Quanto poi a quelli che, nella ricerca della virtù secondo conoscenza hanno già raggiunto la vetta della verità che manifesta le virtù, essa li denomina “perfetti”.  [Massimo il Confessore]

L’amico Riccardo sottolinea come i cortili – in questo senso – ci devono essere. I recinti e i cortili sono dentro di noi, sono la nostra interiorità. Sono i passaggi e le tappe per la nostra crescita. Noi siamo tutti e sempre in cammino. Sono anche le prove che il Signore ci dona per aiutarci in questo cammino verso di Lui. Dobbiamo attraversarli per arrivare al cuore, e alla comprensione di essere amati da Dio.

Contempliamo allora Gesù che ci libera dalle recinzioni, che ci sprona a togliere tutte le divisioni, che apre la porta a un nuovo culto in spirito e verità come aveva annunciato alla donna samaritana (Gv 4). Che ci libera e ci guida nel nuovo tempio del suo corpo, alla coscienza di questo tempio… che siamo noi! Egli è la porta – sottolinea ancora l’amica Paola – e vorrebbe eliminare tutte le nostre barriere, paure, piccolezze… tutti i nostri calcoli. Resta solo Lui, la porta. Porta che delimita i due mondi delle tenebre, dello stridore di denti e della luce, della vita, nel canto e nella gioia.

Allo stesso tempo, cogliendo lo spirito originario e più profondo dei cortili del tempio, contempliamo anche il recinto come una protezione, e un percorso, un cammino interiore, concentrico… L’amica Alessandra, continuando a considerare questo tempio che siamo noi, e al cuore, al centro di questo tempio, Gesù, osserva come sia fondamentale permettere di parlare a Lui. Il nostro cuore (come il tempio di Gerusalemme) è concentrico. Chi dobbiamo ascoltare? Ciò che è all’esterno è fuorviante. Dobbiamo arrivare all’interno e ascoltare Lui, Gesù, questo pastore buono delle pecore che è entrato nella porta e nel recinto del nostro cuore.

Un amore quindi che è liberazione, da ogni divisione.

Un amore che unifica il nostro cuore e insieme tutti i nostri cuori nell’unico corpo, il nuovo tempio in Cristo.

Lasciamoci allora portare nel canto di contemplazione e di lode al quale ci invitano i salmi. (è bello: non troviamo mai “atrio” al singolare. Non un solo atrio, non un solo cortile, ma… gli atri del Signore).

Il giusto è cantato come palma (ricordiamo anche le 70 palme dell’oasi di Elim in Es 15,27) e come cedro, ossia come colonne viventi nel cortile del tempio:

Il giusto fiorirà come palma,
crescerà come cedro del Libano; (…)
piantati nella casa del Signore,
fioriranno negli atri del nostro Dio. [Sal 92(91), 13-14]

In questi atri siamo invitati a portare offerte, e il sacrificio della nostra lode:

Portate offerte ed entrate nei suoi atri,
prostratevi al Signore nel suo atrio santo. [Sl 95,8-9]

Varcate le sue porte con inni di grazie,
i suoi atri con canti di lode,
lodatelo, benedite il suo nome;
perché buono è il Signore,
il suo amore è per sempre,
la sua fedeltà di generazione in generazione. [Sal 100(99),4-5]

Adempirò i miei voti al Signore
davanti a tutto il suo popolo,
negli atri della casa del Signore,
in mezzo a te, Gerusalemme. [116(115),18-19]

Perché, a conclusione di questa meditazione, non dimentichiamo il contesto da cui siamo partiti: la Dimora. Il Signore sta dando a Mosè le istruzioni per la sua Dimora (!), per abitare e camminare con il suo popolo:

Quanto sono amabili le tue dimore,
Signore degli eserciti!
L’anima mia anela
e desidera gli atri del Signore. (…)
Per me un giorno nei tuoi atri
è più che mille altrove,
stare sulla soglia della casa del mio Dio
è meglio che abitare nelle tende degli empi. [Sal 84(83),2-3.11]

E noi siamo chiamati ad abitare dove Egli abita, ad abitare la sua Dimora. Così che un giorno nei Tuoi atri è più che mille altrove. E beato è l’uomo che abiterà nei Tuoi atri:

Beato chi hai scelto e chiamato vicino,
abiterà nei tuoi atri.
Ci sazieremo dei beni della tua casa,
della santità del tuo tempio. [Sal 64,5]

Un giorno nei tuoi atri è più che mille altrove!

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[i] Prendo lo spunto di questa riflessione da un mio precedente contributo, Il canto è il mio sacerdozio, edizioni Armelin Musica, Padova, ppgg. 57ss

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