In ascolto di Esodo

Il Paroket: il Velo di Separazione

In ascolto di Esodo (Es 26,31-37).

a cura di Gianmartino Durighello e Piccoli amici di Maria Maddalena – Gruppo Esodo

Farai il velo di porpora viola, di porpora rossa, di scarlatto e di bisso ritorto. Lo si farà con figure di cherubini, lavoro d’artista. Lo appenderai a quattro colonne di acacia, rivestite d’oro, munite di uncini d’oro e poggiate su quattro basi d’argento.  Collocherai il velo sotto le fibbie e là, nell’interno oltre il velo, introdurrai l’arca della Testimonianza. Il velo costituirà per voi la separazione tra il Santo e il Santo dei Santi.  Porrai il propiziatorio sull’arca della Testimonianza nel Santo dei Santi. Collocherai la tavola fuori del velo e il candelabro di fronte alla tavola sul lato meridionale della Dimora; collocherai la tavola sul lato settentrionale. Farai una cortina all’ingresso della tenda, di porpora viola e di porpora rossa, di scarlatto e di bisso ritorto, lavoro di ricamatore. Farai per la cortina cinque colonne di acacia e le rivestirai d’oro. I loro uncini saranno d’oro e fonderai per esse cinque basi di bronzo.

Lo squarcio del Velo del Tempio, incisione da “Life oh Christ”, 1958

Carissimi amici,

ascoltiamo oggi questo comando che il Signore fa a Mosè: farai il Paroket! Paroket è un vocabolo di origine mesopotamica e indica la parte più interna e più sacra – il cuore – del tempio. Nel Tempio di Gerusalemme il Paroket è quindi il velo che il Signore comanda come «velo di separazione» tra il Santo e il Santo dei Santi. È questo il velo cui fa riferimento il Vangelo quando alla morte di Gesù in Croce… “il velo del tempio si squarciò in due da cima a fondo”. E contempleremo come in realtà si tratti di un nuovo tempio che è il Cristo e di un nuovo velo che è la sua carne.

La Dimora ha quindi due tende: il Santo e il Santo dei Santi o Santissimo. Nella prima tenda, il Santo, si trovano la tavola delle offerte e il candelabro e altri arredi sacri. Nel Santo dei Santi soltanto l’arca con il propiziatorio. Qui, nel cuore del Tempio, può entrare solo il Sommo Sacerdote una sola volta all’anno per il sacrificio nel grande giorno dell’espiazione (cfr. Lv 16).

In queste due tende i Padri vedono l’immagine della Chiesa, in parte pellegrina su questa terra e in parte nella Gerusalemme celeste:

Il tempio è diviso in due da una parete divisoria a mo’ di velo: la parte più esterna era chiamata santuario, quella più interna, dove era stata posta l’arca del testamento, era chiamata Santo dei Santi.
La Chiesa in parte è pellegrina in terra lontana dal Signore, in parte regna con lui nei cieli.
La parete mediana significa il cielo; l’arca del testamento il Signore, che solo conosce i misteri del Padre ed è salito fin nell’interno del cielo. [Beda il Venerabile]

 Farai il velo di porpora viola, di porpora rossa, di scarlatto e di bisso ritorto. Lo si farà con figure di cherubini, lavoro d’artista.
 Del bisso (eb. shesh) e del materiale prezioso, come dei cherubini, unica immagine ammessa nel Santuario, abbiamo avuto occasione di parlare in precedenti riflessioni, alle quali rinviamo per un approfondimento:

* sul bisso: Esodo 15,1-3 Tutto quello che aveva

* sui cherubini: Es 25,18-20 I custodi dell’arca

Lo appenderai a quattro colonne di acacia, rivestite d’oro, munite di uncini d’oro e poggiate su quattro basi d’argento.
Il velo dovrà essere quindi formato da 4 elementi (porpora viola, porpora rossa, scarlatto e bisso ritorto); dovrà appeso a 4 colonne di acacia; e dovrà poggiare su 4 basi d’argento. Comprendiamo subito la portata simbolica che assume per noi questo numero «4». Qui sottolineiamo solo un aspetto: se la tenda è prefigurazione della Chiesa – dice abba Paterio – ecco che le 4 basi sono le parole dei 4 evangelisti.

 Il tabernacolo è una prefigurazione della Chiesa. Così dice Dio a Mosè che le basi delle quattro colonne poste sotto di esso devono essere di argento. Cosa significa l’argento se non la chiarezza della Parola divina? La Scrittura dice: Le parole del Signore sono parole pure, argento purificato dal fuoco, ripulito dalla terra (Sal 12,6). Le basi sono rivestite d’argento e tengono sulle quattro colonne del tabernacolo, come i predicatori della Chiesa sono adorni di divina eloquenza. (…) hanno le parole dei quattro evangelisti sulle loro labbra e nelle loro azioni. [Paterio]

 Collocherai il velo sotto le fibbie e là, nell’interno oltre il velo, introdurrai l’arca della Testimonianza. Il velo costituirà per voi la separazione tra il Santo e il Santo dei Santi.
Vorremmo però qui soffermarci soprattutto su questa funzione del velo di essere “velo di separazione”.

Questa “separazione” trova in Origene una lettura tanto profonda quanto attuale. Non dobbiamo meravigliarci – egli dice – che questo santuario sia aperto ai soli sacerdoti. In realtà, nella nuova alleanza in Cristo, tutti noi abbiamo accesso al santuario! Siamo tutti sacerdoti! In quanto incorporati in Cristo sacerdote, nel suo Battesimo, tutti noi abbiamo libero accesso al santuario, al tempio del suo corpo:

Hai sentito che ci sono due santuari, uno come visibile e aperto ai sacerdoti, l’altro come invisibile e inaccessibile: eccetto il solo pontefice, tutti gli altri sono fuori.
Ritengo che questo primo santuario possa intendersi come questa Chiesa, nella quale siamo ora, posti nella carne: in essa i sacerdoti servono “all’altare degli olocausti” (Es 29,5), nel quale è acceso quel fuoco del quale Gesù ha detto: “Sono venuto a gettare il fuoco sulla terra e quanto desidero che sia acceso” (Lc 12,49).
Non meravigliarti che questo santuario sia aperto ai soli sacerdoti. Giacché tutti quelli che sono stati unti con l’unguento del sacro crisma, sono divenuti sacerdoti, come anche Pietro dice a tutta la Chiesa: “Voi stirpe eletta, regale sacerdozio, nazione santa” (1 Pt 2,9).
Siete dunque stirpe sacerdotale e perciò avete accesso al santuario. [Origene]

Porrai il propiziatorio sull’arca della Testimonianza nel Santo dei Santi.
Anche del propiziatorio, il Kapporet, abbiamo avuto occasione di parlare in precedenti meditazioni.

Cfr. Il grande giorno dell’espiazione. La crocifissione come Yom Kippur

Ricordiamo qui che il propiziatorio è il coperchio dell’arca, la lastra sulla quale il sommo sacerdote offre il sangue del sacrificio. I due cherubini dall’alto sono rivolti verso il centro del propiziatorio. E ricordiamo che nel Vangelo di Luca il racconto della crocifissione è dipinto come il rito dello Yom Kippur, il grande giorno dell’espiazione: Gesù è il vero Kapporet, pietra del sacrificio.

Per i primi cristiani doveva essere fortemente chiaro. L’apostolo Paolo nella Lettera ai Romani dice di Cristo che “è lui che Dio ha stabilito apertamente come strumento di espiazione” (cfr Rm 3,23-25). Il termine greco ilastèrion indica proprio il propiziatorio.

E ancora in modo fortemente esplicito l’Anafora dei 12 Apostoli dice che “Cristo (…) è il grande propiziatorio”.

Ancora l’autore della Lettera agli Ebrei quando ci invita ad accostarci con piena fiducia “al trono della grazia per ricevere misericordia e trovare grazia” (Eb 4,16) fa riferimento esplicito a Cristo come nuovo Kapporet. Ricordiamo infatti come il Trono della Grazia sia ancora il Kapporet, come nella traduzione di alcune confessioni appare chiaramente (cfr. Lutero Gnadenstuhl).

Contempliamo allora Gesù, asse eretta tra cielo e terra, folle di amore per l’uomo. E come il velo del tempio che si squarcia in due sia il suo corpo. Corpo spezzato sulla croce e sull’altare affinché noi abbiamo piena libertà di accesso a questo suo corpo e tempio.

Ed ecco, il velo del tempio si squarciò in due, da cima a fondo, la terra tremò, le rocce si spezzarono, i sepolcri si aprirono e molti corpi di santi, che erano morti, risuscitarono. [Mt 27,51ss]

Il velo del tempio si squarciò in due, da cima a fondo. Il più bel commento ci è dato dalla Lettera agli Ebrei, che spesso nei nostri incontri abbiamo citato. Ne riprendiamo alcuni passi, dai capitoli 9 e 10.

Certo, anche la prima alleanza aveva norme per il culto e un santuario terreno. Fu costruita infatti una tenda, la prima, nella quale vi erano il candelabro, la tavola e i pani dell’offerta; essa veniva chiamata il Santo.  Dietro il secondo velo, poi, c’era la tenda chiamata Santo dei Santi, con l’altare d’oro per i profumi e l’arca dell’alleanza tutta ricoperta d’oro, nella quale si trovavano un’urna d’oro contenente la manna, la verga di Aronne, che era fiorita, e le tavole dell’alleanza.  E sopra l’arca stavano i cherubini della gloria, che stendevano la loro ombra sul propiziatorio. (…)
Disposte in tal modo le cose, nella prima tenda entrano sempre i sacerdoti per celebrare il culto; nella seconda invece entra solamente il sommo sacerdote, una volta all’anno, e non senza portarvi del sangue, che egli offre per se stesso e per quanto commesso dal popolo per ignoranza.  Lo Spirito Santo intendeva così mostrare che non era stata ancora manifestata la via del santuario, finché restava la prima tenda.  Essa infatti è figura del tempo presente (…)
Cristo, invece, è venuto come sommo sacerdote dei beni futuri, attraverso una tenda più grande e più perfetta, non costruita da mano d’uomo, cioè non appartenente a questa creazione.  Egli entrò una volta per sempre nel santuario, non mediante il sangue di capri e di vitelli, ma in virtù del proprio sangue, ottenendo così una redenzione eterna. (…)
Per questo egli è mediatore di un’alleanza nuova (…)  Cristo infatti non è entrato in un santuario fatto da mani d’uomo, figura di quello vero, ma nel cielo stesso, per comparire ora al cospetto di Dio in nostro favore.  E non deve offrire se stesso più volte, come il sommo sacerdote che entra nel santuario ogni anno con sangue altrui: in questo caso egli, fin dalla fondazione del mondo, avrebbe dovuto soffrire molte volte. Invece ora, una volta sola, nella pienezza dei tempi, egli è apparso per annullare il peccato mediante il sacrificio di se stesso.

* Cristo sacerdote e mediatore di una nuova ed eterna alleanza.
Permettetemi qui una riflessione. I fratelli delle Chiese riformate ci ammoniscono che non abbiamo bisogno di altri mediatori se non Cristo. È fondamentale ricordarci, infatti, che il sacerdozio ordinato non è un ulteriore mediazione tra l’uomo e Dio. Unico mediatore, sacerdote e vittima e altare e tempio è il Cristo!

Allo stesso tempo – e appunto perché fatti un solo corpo in Cristo – siamo tutti chiamati a partecipare a questa sua funzione di mediatore, ognuno per il proprio fratello, ognuno secondo il proprio carisma e la propria vocazione.

Il sacerdozio comune dei fedeli e il sacerdozio ministeriale (…) ognuno a suo proprio modo, partecipano dell’unico sacerdozio di Cristo (LG 10).

E il sacerdozio ordinato è tutto proteso a servizio dell’esplicarsi del sacerdozio del popolo dei Battezzati, stirpe sacerdotale:

Mentre il sacerdozio comune dei fedeli si realizza nello sviluppo della grazia battesimale – vita di fede, di speranza e di carità, vita secondo lo Spirito –, il sacerdozio ministeriale è al servizio del sacerdozio comune, è relativo allo sviluppo della grazia battesimale di tutti i cristiani. [CCC 1547]

Ancora, l’autore della Lettera agli Ebrei canta la nostra liberazione e la nostra libertà di accedere a questo tempio, attraverso il velo che è la carne del nostro sommo sacerdote e vittima e altare, il Cristo.

Fratelli, poiché abbiamo piena libertà di entrare nel santuario per mezzo del sangue di Gesù, via nuova e vivente che egli ha inaugurato per noi attraverso il velo, cioè la sua carne, e poiché abbiamo un sacerdote grande nella casa di Dio, accostiamoci con cuore sincero, nella pienezza della fede, con i cuori purificati da ogni cattiva coscienza e il corpo lavato con acqua pura. [Eb 10,19ss]

* Una Chiesa tutta ministeriale.
In un tempo come il nostro, nel quale l’urgenza data dal diminuire del numero dei presbiteri chiama a un rinnovato impegno i laici, occorre stare attenti. Il laico battezzato, qualunque cosa sia chiamato a fare, non la farà mai in qualità di “supplente” del ministro ordinato, ma in forza del proprio Battesimo!

È doloroso, ma necessario ammetterlo, che purtroppo in un periodo di ricchezza numerica di ministri ordinati questa dimensione (a parte in alcuni tempi e luoghi) non è stata stimolata in pienezza, anzi spesso oscurata.

Basti pensare all’ispirata riforma di Paolo VI che nell’ormai lontano 1972 con la lettera apostolica Ministeria Quaedam aboliva gli ordini minori e riferiva i ministeri dell’Accolitato e del Lettorato non più al sacramento dell’Ordine, ma del Battesimo, come propri del fedele laico. Una riforma per lo più inattuata, tanto che Accolitato e Lettorato sono rimasti spesso limitati al cammino di chi intraprende la strada del sacerdozio ordinato. E nei luoghi dove hanno avuto applicazione sono spesso vissuti come una sorta di… clericalizzazione del laicato.

Anche il nuovo impulso dato da papa Francesco nella Lettera apostolica Spiritus Domini del 2021 circa l’accesso delle persone di sesso femminile al ministero del Lettorato e dell’Accolitato non sembra aver trovato molto favore – è doloroso dirlo – soprattutto presso molti sacerdoti.

Non si tratta di “far fare” certe cose ai laici e neppure di clericalizzare il laicato, ma di realizzare il vero volto della Chiesa, chiamata ad essere “tutta ministeriale”, a immagine del suo Capo, il Cristo, Servo per eccellenza:

I ministeri istituiti hanno il loro fondamento teologico sulla realtà della Chiesa come comunione di fede e di amore, espressa nei grandi documenti del Vaticano II.
In essi si configura una Chiesa tutta ministeriale che sotto l’azione incessante dello Spirito nasce dalla Parola, si edifica nella celebrazione dell’Eucaristìa e, attenta ai segni dei tempi, si protende nell’evangelizzazione del mondo mediante l’annuncio missionario del Vangelo e la testimonianza della carità.
Tutta la Chiesa, seguendo il suo Signore – che non è venuto per essere servito, ma per servire – è posta in atteggiamento di servizio. Ciascun ministero istituito (…) deve essere apprezzato nel suo valore intrinseco e non solo per motivi di supplenza.
(…)
è il Signore che suscita i ministeri nelle comunità e per la comunità. Nessuno li deve interpretare come attribuzione onorifica o accrescimento di potere, né considerarli episodi sporadici della vita di un cristiano o adempimenti giuridici in vista dei ministeri ordinati.
(…)
Tutta la realtà ministeriale si innesta direttamente sulla dignità sacerdotale, regale e profetica del popolo di Dio. Perciò la riforma conciliare sostituendo agli antichi ordini minori i nuovi ministeri, li presenta non in forza di una partecipazione all’Ordine sacro, ma in virtù del sacerdozio battesimale.
[Sacra Congregazione per i Sacramenti e il Culto divino, Istituzione dei ministeri, 1980]

È urgente allora, prima ancora di affidare al laico alcune funzioni che fino ad ora erano svolte per lo più dai ministri ordinati, è urgente riscoprirci insieme, nell’unità, quale Corpo e Tempio di Cristo al quale tutti abbiamo accesso, ognuno secondo la propria vocazione e i propri carismi, “attraverso il velo della sua carne”.

E, per entrare, Dio ci ordina di preparare una cortina nuziale:

 Farai una cortina all’ingresso della tenda…Una cortina di porpora viola e rossa, di scarlatto e di bisso ritorto, lavoro di artista ricamatore, su cinque colonne di acacia rivestite d’oro, su cinque basi di bronzo, introduce al tabernacolo. Ci vengono in mente gli abiti preziosi di una sposa portata allo sposo nel giorno delle nozze:

Entra la figlia del re: è tutta splendore,
tessuto d’oro è il suo vestito.
È condotta al re in broccati preziosi;
dietro a lei le vergini, sue compagne,
a te sono presentate;
condotte in gioia ed esultanza,
sono presentate nel palazzo del re. [Sal 44,13-16]

Perché questo incontro che si consuma nel santuario è una comunione nuziale. Ricordiamo che la concezione piramidale che struttura il popolo ebraico (il popolo, i leviti, gli uomini, i sacerdoti, il sommo sacerdote) è funzionale all’incontro di comunione con Dio e trova nel tempio piena corrispondenza in una architettura con diversi gradi di purificazione e santità man mano che si giunge dall’esterno all’interno, attraverso il Paroket, fino al cuore del tempio, il Santo dei Santi.

L’espressione “io risiederò in mezzo a loro” che come abbiamo visto in una precedente meditazione può essere tradotta anche “io risiederò dentro di loro” ci porta a considerare il tempio del nostro cuore. Queste stanze interne rappresentano quindi anche il cammino interiore verso luoghi sempre più intimi, fino al cuore, il luogo più sacro.

Allo stesso tempo però questo cammino del/nel cuore non può limitarsi ad una dimensione individuale, intimista. Intimità non significa intimismo. Nel fondo del cuore infatti troviamo sempre… gli altri! Il cuore si apre sempre all’insieme, a scoprirci un solo corpo, il corpo di Cristo.

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