I pani della presenza
In ascolto di Esodo (Es 25,23-30).
a cura di Gianmartino Durighello e del Gruppo Esodo
Farai una tavola di legno di acacia: avrà due cubiti di lunghezza, un cubito di larghezza, un cubito e mezzo di altezza. La rivestirai d’oro puro e le farai attorno un bordo d’oro. Le farai attorno una cornice di un palmo e farai un bordo d’oro per la cornice. Le farai quattro anelli d’oro e li fisserai ai quattro angoli, che costituiranno i suoi quattro piedi. Gli anelli saranno contigui alla cornice e serviranno a inserire le stanghe, destinate a trasportare la tavola. Farai le stanghe di legno di acacia e le rivestirai d’oro; con esse si trasporterà la tavola. Farai anche i suoi piatti, coppe, anfore e tazze per le libagioni: li farai d’oro puro. Sulla tavola collocherai i pani dell’offerta: saranno sempre alla mia presenza.
Dopo avere «mostrato» a Mosè come costruire l’arca, Dio continua a dare le istruzioni per la tavola dei pani della presentazione, il candelabro, le stoffe della tenda, il velo, l’altare… Si conferma ancora con evidente chiarezza come il redattore riporti nel racconto della tenda del deserto la tradizione della tenda stabile, del Tempio di Gerusalemme. Grande, fondamentale infatti sarà il bisogno per Israele, giunto nella terra promessa, di fondare-radicare la propria fede e il proprio culto nell’esperienza del Sinai. Cosicché il tempio di Gerusalemme e il culto del tempio ricorderanno e continueranno l’esperienza del Sinai.
Ci soffermiamo oggi sulla tavola dei pani dell’offerta, o della presenza o presentazione. La tavola era collocata nel Santo, nella parete settentrionale. Vi sono posti, su due colonne di sei piani ciascuna, 12 pani, in rappresentanza delle 12 tribù di Israele. La presenza dei pani deve essere costante. I pani vengono preparati il venerdì e posati sulla tavola nel giorno di Sabato, sostituendo quelli della settimana precedente. Questi, ancora miracolosamente freschi e flagranti, vengono distribuiti ai sacerdoti.
All’origine del culto c’è un atto propiziatorio. La simbologia che soggiace alla tavola della presenza è riferita alla figura del re, come colui che è chiamato a garantire difesa e sostentamento al suo popolo. Ma ricordiamo che per Israele il re rappresenta in terra il vero re, Jhwh. Con i pani, offerti alla presenza di Jhwh, allora, Israele chiede a Jhwh, suo unico e vero Dio e re, protezione e prosperità.
* I pani dell’offerta.
Letteralmente “pani di facce”, lechem panim. La Vulgata traduce panes propositionis. Lutero Schaubrot (pane di presentazione) e così Tyndale: Schewbread. Pane posto alla presenza di Jhwh, davanti al volto di Jhwh.
* Farai una tavola di legno di acacia: avrà due cubiti di lunghezza, un cubito di larghezza, un cubito e mezzo di altezza.
La tavola dei pani, come abbiamo detto, sarà collocata nel Santo, la prima tenda (cfr 2 Cr 4,19). Ne fa menzione in un celebre passaggio, anche la Lettera agli Ebrei:
Fu costruita infatti una tenda, la prima, nella quale vi erano il candelabro, la tavola e i pani dell’offerta; essa veniva chiamata il Santo. [Eb 9,2]
Il rituale è descritto nel libro del Levitico:
Prenderai anche fior di farina e ne farai cuocere dodici focacce; ogni focaccia sarà di due decimi di efa. Le disporrai su due pile, sei per pila, sulla tavola d’oro puro davanti al Signore. Porrai incenso puro sopra ogni pila, perché serva da memoriale per il pane, come sacrificio consumato dal fuoco in onore del Signore.
Ogni giorno di sabato lo si disporrà davanti al Signore perennemente da parte degli Israeliti: è un’alleanza eterna.
Sarà riservato ad Aronne e ai suoi figli: essi lo mangeranno in luogo santo, perché sarà per loro cosa santissima tra i sacrifici da bruciare in onore del Signore. È una legge perenne. [Lv 24.5-9]
Il servizio rituale è affidato quindi ai leviti. E solo ai leviti è riservato di mangiare il pane deposto settimanalmente sulla tavola. Eccezionalmente, il sacerdote Abimèlech concederà a Davide e ai suoi giovani di mangiare di questo pane, in quanto non c’era altro pane a disposizione, raccomandandosi che si trovassero però in stato di purità:
Davide si recò a Nob dal sacerdote Achimèlec. Achimèlec, trepidante, andò incontro a Davide e gli disse: “Perché sei solo e non c’è nessuno con te?”. Rispose Davide al sacerdote Achimèlec: “Il re mi ha ordinato e mi ha detto: “Nessuno sappia niente di questa cosa per la quale ti mando e di cui ti ho dato incarico”. Ai miei giovani ho dato appuntamento al tal posto. Ora però se hai sottomano cinque pani, dammeli, o altra cosa che si possa trovare”. Il sacerdote rispose a Davide: “Non ho sottomano pani comuni, ho solo pani sacri per i tuoi giovani, se si sono almeno astenuti dalle donne”. Rispose Davide al sacerdote: “Ma certo! Dalle donne ci siamo astenuti dall’altro ieri. Quando mi misi in viaggio, il sesso dei giovani era in condizione di santità, sebbene si trattasse d’un viaggio profano; tanto più oggi”. Il sacerdote gli diede il pane sacro, perché non c’era là altro pane che quello dell’offerta, ritirato dalla presenza del Signore, per mettervi pane fresco nel giorno in cui quello veniva tolto. [1 Sam 21,2-7]
Gesù cita questo episodio a difesa dei suoi discepoli, accusati di raccogliere e mangiare spighe in giorno di sabato. Nella sua risposta ai farisei Gesù presenta se stesso come “uno più grande del tempio” e “signore del sabato”! Il vero sacrificio che il Padre vuole è la misericordia:
In quel tempo Gesù passò, in giorno di sabato, fra campi di grano e i suoi discepoli ebbero fame e cominciarono a cogliere delle spighe e a mangiarle. Vedendo ciò, i farisei gli dissero: “Ecco, i tuoi discepoli stanno facendo quello che non è lecito fare di sabato”. Ma egli rispose loro: “Non avete letto quello che fece Davide, quando lui e i suoi compagni ebbero fame? Egli entrò nella casa di Dio e mangiarono i pani dell’offerta, che né a lui né ai suoi compagni era lecito mangiare, ma ai soli sacerdoti. O non avete letto nella Legge che nei giorni di sabato i sacerdoti nel tempio vìolano il sabato e tuttavia sono senza colpa?
Ora io vi dico che qui vi è uno più grande del tempio. Se aveste compreso che cosa significhi: Misericordia io voglio e non sacrifici, non avreste condannato persone senza colpa. Perché il Figlio dell’uomo è signore del sabato”. [Mt 12,1-8]
* La rivestirai d’oro puro e le farai attorno un bordo d’oro. Le farai attorno una cornice di un palmo e farai un bordo d’oro per la cornice.
La bordatura d’oro è simbolo della corona reale di Israele (Talmud). Secondo Sforno Rabbenu ‘Ovadya (1470-1550) sono due le bordature, a significare che il re è chiamato a difendere il suo popolo e a provvedere alle sue necessità.
Ma il vero re per Israele – ricordiamo – è Jhwh. La tavola quindi rappresenta Dio in quanto difensore di Israele e Colui che provvede ai bisogni del suo popolo.
* Le farai quattro anelli d’oro e li fisserai ai quattro angoli, che costituiranno i suoi quattro piedi. Gli anelli saranno contigui alla cornice e serviranno a inserire le stanghe, destinate a trasportare la tavola. Farai le stanghe di legno di acacia e le rivestirai d’oro; con esse si trasporterà la tavola. Farai anche i suoi piatti, coppe, anfore e tazze per le libagioni: li farai d’oro puro.
Nell’incontro del nostro Gruppo Esodo, Francesca ci ha proposto la lettura che Antonio di Padova fa della tenda della testimonianza e dei suoi arredi. Il candelabro d’oro (che incontreremo nel prossimo ascolto) – dice Antonio in un sermone per la II domenica di Quaresima – “raffigura la compunzione del giusto”. Continua poi Antonio contemplando nei pani della proposizione il nutrimento della predicazione:
E nella tenda del giusto c’è anche la mensa della proposizione, nella quale è raffigurata la perfezione della vita santa, sulla quale devono essere posti i pani della proposizione, cioè il nutrimento della predicazione, che a tutti deve essere offerto.
Ancora, in una omelia per la Pasqua del Signore, Antonio descrive la tavola dei pani come la proposizione appunto della Parola, in continuità con la tradizione ebraica nella quale donando la sua Parola, Dio dona Pane per il suo popolo, alimento di vita.
(…) la mensa con i suoi vasi, cioè coloro che porgono a tutti i dodici pani, che è la dottrina dei dodici apostoli, con un pugno d’incenso, che è l’umiltà e la devozione della mente, e la patena d’oro, vale a dire la luce dell’amore fraterno.
Con questa sua lettura, quindi, Antonio ci riporta al binomio Pane-Parola. Offrendo i 12 pani, tutto il popolo è rappresentato, e chiede a Dio protezione e sostentamento. La Parola è la più grande risposta e il più grande dono che protegge e alimenta quotidianamente il popolo.
Comprendiamo le parole di Gesù: Io sono il pane vivo… Con rendimento di grazie siamo invitati a contemplare e gioire per l’identità di Pane e Parola! E pensiamo a cosa chiediamo ogni giorno quando diciamo: Dacci oggi il nostro pane quotidiano… Offriamo i nostri pani, chiedendo il vero Pane di vita.
Ancora, contempliamo in questo gesto rituale l’anelito di stare alla presenza del nostro Dio. O meglio, leggendo alla lettera il testo ebraico: davanti… al suo volto.
* Sulla tavola collocherai i pani dell’offerta: saranno sempre alla mia presenza.
Per la mia integrità tu mi sostieni,
mi fai stare alla tua presenza per sempre. (Sal 40,13)
Alla tua presenza… Letteralmente e meglio “davanti al tuo Volto”! La traduzione italiana dicendo «presenza» dice una realtà comunque bella, stupenda. Ma lo fa ancora nello stile delle lingue moderne. Le lingue antiche non conoscono l’astrazione, ed hanno la bellezza nelle loro espressioni di attingere a immagini concrete. In questo caso «il volto». Quel santo volto che l’uomo non può vedere o morrebbe (Es 33,20) e che pure cammina con noi (Es 33,14), e che è l’oggetto del nostro anelito e desiderio e che… contempleremo! Ci sovvengono allora i salmi. Ne ricordiamo alcuni:
Giusto è il Signore, ama le cose giuste;
gli uomini retti contempleranno il suo volto. (Sal 10,7)Ma io nella giustizia contemplerò il tuo volto,
al risveglio mi sazierò della tua immagine. (Sal 16,5)Ecco la generazione che lo cerca,
che cerca il tuo volto, Dio di Giacobbe. (Sal 23,6)Il mio cuore ripete il tuo invito:
“Cercate il mio volto!”.
Il tuo volto, Signore, io cerco. (Sal 26,8)Sul tuo servo fa’ splendere il tuo volto,
salvami per la tua misericordia. (Sal 30,17)L’anima mia ha sete di Dio,
del Dio vivente:
quando verrò e vedrò
il volto di Dio? (Sal 41,3)Non con la spada, infatti, conquistarono la terra,
né fu il loro braccio a salvarli;
ma la tua destra e il tuo braccio e la luce del tuo volto,
perché tu li amavi. (Sal 43,4)Non nascondere il volto al tuo servo;
sono nell’angoscia: presto, rispondimi! (Sal 68,18)Beato il popolo che ti sa acclamare:
camminerà, Signore, alla luce del tuo volto. (Sal 89,186)Cercate il Signore e la sua potenza,
ricercate sempre il suo volto. (Sal 104,4)
Ci ritornano allora in mente le parole di Gesù (cfr Os 6,6): Misericordia voglio, non sacrifici! Gesù stesso, la Parola, ci viene incontro. E illuminati dalla sua Parola non possiamo non ricordare quanto il santo padre papa Francesco ha voluto sottolineare con la bolla di indizione dell’Anno Santo della Misericordia, Misericordiae Vultus!
Gesù Cristo è il volto della misericordia del Padre. Il mistero della fede cristiana sembra trovare in questa parola la sua sintesi. Essa è divenuta viva, visibile e ha raggiunto il suo culmine in Gesù di Nazareth. Il Padre, «ricco di misericordia» (Ef 2,4), dopo aver rivelato il suo nome a Mosè come «Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di amore e di fedeltà» (Es 34,6), non ha cessato di far conoscere in vari modi e in tanti momenti della storia la sua natura divina. Nella «pienezza del tempo» (Gal 4,4), quando tutto era disposto secondo il suo piano di salvezza, Egli mandò suo Figlio nato dalla Vergine Maria per rivelare a noi in modo definitivo il suo amore. Chi vede Lui vede il Padre (cfr Gv 14,9). Gesù di Nazareth con la sua parola, con i suoi gesti e con tutta la sua persona rivela la misericordia di Dio.
Chi vede Lui vede il Padre. In Gesù il Volto misericordioso del Padre si è fatto pane, si è fatto visibile. Lo contempliamo volto innocente nella grotta di Betlemme, volto di luce sull’altare della Pasqua, sulla croce, nel sepolcro, nel giardino della risurrezione. Ma oggi, noi, fisicamente, non lo vediamo. Lo vediamo nelle sue azioni di misericordia, con la quale è presente nella nostra vita, nella nostra storia, ci sostiene e ci difende, rispondendo alla piccola offerta dei nostri 12 pani. E nella misericordia aneliamo a contemplarlo in pienezza, fino al giorno senza fine in cui… al risveglio ci sazieremo della Tua presenza, della Tua immagine, del Tuo Volto santo.
Maria, Tu che hai contemplato e accarezzato e baciato questo Volto…
Fratelli – dice sant’Alfonso de Orozco – invocate Maria, e lodatela con tutto il vostro cuore. A lei il Salvatore ha promesso più di quanto Salomone abbia promesso a sua madre: Madre, chiedimi qualunque cosa; non sia mai che non tenga conto del tuo volto (cfr. 1 Re 2,20).
Sappiamo per certo, anzi certissimamente, che egli accoglierà con Volto gioioso le preghiere della sua santissima Madre, come sta scritto: gli occhi del Signore sopra i giusti, e le sue orecchie attente alle loro preghiere (Sal 33,16).Signore,
che hai voluto entrare nella tenda del nostro cuore,
ti offriamo i nostri piccoli pani,
per noi e per tutti i nostri fratelli.
Questa offerta sia sempre davanti al Tuo volto santo.
Tu donaci il Tuo pane di vita,
Tu nostro unico Dio e re,
difesa e sostegno nel cammino.Ma Tu non vuoi i nostri sacrifici,
non gradisci i nostri olocausti.
Misericordia – ci dici – Tu desideri.
E ci doni il pane vivo della Tua parola,
ti fai Tu stesso e Pane e Parola,
Ti fai volto perennemente presente,
nella nostra vita, nella nostra storia,
volto della misericordia del Padre.
Dove possiamo vedere il Tuo volto
se non nella Tua misericordia?Maria,
accompagna i nostri piccoli pani di misericordia
nel cuore e tenda grande del Tuo figlio.
Al risveglio ci sazieremo del Suo Volto.
Con questa meditazione sospendiamo i nostri incontri per la pausa estiva. Un arrivederci al prossimo autunno, in ascolto di Esodo.