In ascolto di Esodo

Nelle nostre mani…

In ascolto di Esodo – (Es 28,40-43). Quaresima 202525.

a cura di Gianmartino Maria Durighello e Gruppo Esodo, Piccoli amici di Maria Maddalena

Carissimi,
nelle ultime due meditazioni abbiamo, per così dire, «sostato» davanti a questo versetto di Esodo: “darai loro l’investitura”, alla lettera “riempirai la loro mano (milē’tā èt yādām)”. Ricordiamo come il rito dell’investitura dei sacerdoti preveda questo momento molto forte nel quale Mosè riempie appunto le mani di Aronne e dei suoi figli con parti insanguinate dell’agnello del sacrificio. Abbiamo quindi cercato di contemplare il tema delle «mani»: le mani del Padre, del Figlio ed ora le nostre mani.

* Dalle mani del Padre alle mani del Figlio e ora.. alle nostre mani.
È stupenda l’intuizione di Michelangelo nel dipingere la creazione dell’uomo.  La mano del Padre e la mano della creatura. E – nella mano – il dito, che sappiamo essere segno dello Spirito santo, “dito di Dio”.

Se guardiamo queste nostre mani allora, possiamo vedere il segno della nostra origine nel soffio dello Spirito. E possiamo vedervi anche tutta la nostra storia, il nostro esodo. Storia di benedizione, ma anche di tradimento e peccato, e ancora di pentimento, riconciliazione e… luce.

Il libro di Genesi – come abbiamo più volte considerato – è incluso tra due storie di fratelli. Dal fratricidio di Caino e Abele alla riconciliazione piena di Giuseppe (che avrebbe dovuto fare la fine di Abele) con i suoi fratelli.

Il nostro cammino è un cammino di riconciliazione verso la fratellanza.

Dopo che la mano di Eva colse il frutto proibito e lo condivise con Adamo… dopo che la mano di Caino colpì il fratello… dopo che le mani dei fratelli vendettero Giuseppe… Ecco che le mani di Ruben e di Giuda si fanno garanti del proprio fratello. Così, al padre Giacobbe che temeva di perdere dopo Giuseppe (che credeva morto) anche il figlio più piccolo, Beniamino, Ruben può dire:

Affidalo alle mie mani e io te lo restituirò. [Gen 42,37]

E anche Giuda:

Io mi rendo garante di lui: dalle mie mani lo reclamerai. [Gen 43,9]

Come non vedere ancora Gesù in croce che affida nelle mani del Padre il suo spirito e nel suo spirito Abele e ogni uomo di questa fratellanza universale che è la nostra umanità?

Da Genesi a Esodo. Ecco le mani di Mosè, chiamate a essere strumento della volontà di Dio. Chiamate a tenere in mano il bastone di Dio, quasi prolungamento della Sua mano, a indicare nell’azione umana la potenza divina, l’azione dello Spirito. Così nel racconto delle piaghe come al passaggio del mare, Mosè ha sempre in mano il bastone di Dio.

Tu intanto alza il bastone, stendi la mano sul mare e dividilo, perché gli Israeliti entrino nel mare all’asciutto. [Es 14,16]

Le mani di Mosè e le mani di Aronne. Le mani del profeta e le mani del sacerdote. Le mani di Mosè ci richiamano soprattutto la Parola e la Preghiera. Le mani di Aronne il culto del tempio.

* Le mani di Mosè
Le mani di Mosè ricevono in dono le tavole della Parola:

Quando Mosè scese dal monte Sinai – le due tavole della Testimonianza si trovavano nelle mani di Mosè mentre egli scendeva dal monte. [Es 34,29]

Le mani di Mosè si alzano in preghiera continua verso il Signore, come nell’episodio della battaglia contro Amalèk:

Quando Mosè alzava le mani, Israele prevaleva; ma quando le lasciava cadere, prevaleva Amalèk. Poiché Mosè sentiva pesare le mani, presero una pietra, la collocarono sotto di lui ed egli vi si sedette, mentre Aronne e Cur, uno da una parte e l’altro dall’altra, sostenevano le sue mani. Così le sue mani rimasero ferme fino al tramonto del sole. Giosuè sconfisse Amalèk e il suo popolo, passandoli poi a fil di spada. [Es 17,11-13]

Mosè impone le sue mani su Giosuè, quasi a passare su di lui quanto ricevuto in dono e in missione da Dio:

Mosè aveva imposto le mani su di lui. [Dt 34,9]

* L’imposizione delle mani
L’imposizione delle mani diventerà nella Chiesa fin dai tempi apostolici il gesto di invocazione dello Spirito santo su coloro che sono chiamati e inviati a un particolare ministero.

Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno demòni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno. [Mc 16,17-18]

Gesù, donandoci il suo Spirito, ci dona la sua stessa vita. Noi siamo oggi, qui, le sue mani. L’amica Paola ci ricorda una celebre preghiera attribuita a Raoul Follereau (1903-1977), l’apostolo dei lebbrosi, ma che deve attingere in realtà a un testo molto più antico, di origine medioevale: 

Cristo non ha mani
ha soltanto le nostre mani
per fare oggi il suo lavoro.

Cristo non ha piedi
ha soltanto i nostri piedi
per guidare gli uomini sui suoi sentieri.

Cristo non ha labbra
ha soltanto le nostre labbra
per raccontare di sé agli uomini di oggi.

Cristo non ha mezzi
ha soltanto il nostro aiuto
per condurre gli uomini a sé oggi.

Noi siamo l’unica Bibbia
che i popoli leggono ancora
siamo l’ultimo messaggio di Dio
scritto in opere e parole.

John Everett Millais, Mosè solleva le mani nella Battaglia di Rephidim

 Come abbiamo già considerato negli incontri precedenti, è difficile separare in una riflessione sulle «mani» le mani di Dio Padre, le mani del Figlio, e le nostre mani (oltre a… lo Spirito Santo, dito di Dio!).

L’affresco di Michelangelo ci invita a tenere vivo questo originario e fondamentale collegamento nello Spirito. Ugualmente crediamo utile concentrarci oggi in particolare sulle nostre mani.

E in un tempo – osserva ancora Paola – nel quale assistiamo a una perdita dell’uso delle mani, a una perdita della manualità… la perdita delle mani è perdita dell’umanità!

Guardiamo allora alle nostre mani, guardiamo alla nostra umanità generata dalle mani di Dio e in cammino verso l’abbraccio tra le Sue mani.

* Nelle nostre mani… il creato
Se il Santuario è opera delle mani di Dio, Egli però lo costruisce attraverso le nostre mani. Il Santuario… e tutta la Creazione Egli ha messo nelle nostre mani:

Quando vedo i tuoi cieli, opera delle tue dita,
la luna e le stelle che tu hai fissato,
che cosa è mai l’uomo perché di lui ti ricordi,
il figlio dell’uomo, perché te ne curi?
Davvero l’hai fatto poco meno di un dio,
di gloria e di onore lo hai coronato.
Gli hai dato potere sulle opere delle tue mani,
tutto hai posto sotto i suoi piedi:
tutte le greggi e gli armenti
e anche le bestie della campagna,
gli uccelli del cielo e i pesci del mare,
ogni essere che percorre le vie dei mari. [Sal 8]

Una “signoria” questa dell’uomo sul creato che alla luce della Parola scopriamo essere una vocazione alla «custodia» del creato, chiamati a collaborare all’opera creatrice di Dio (cfr. Francesco, Laudato sì, enciclica sulla cura della casa comune).

Rispondere a questa vocazione significa in primo luogo prendere coscienza che la creazione non è un atto puntuale accaduto all’inizio dei tempi, ma è un processo che continua nella storia, una storia orientata, con una meta. La creazione non è solo un fatto spaziale (il cielo, la terra, il mare…), ma temporale (la storia). Spazio e tempo sono il grembo della creazione come chiamata alla luce.

* Nelle nostre mani… il lavoro

Nessuno venga a me a mani vuote – comanda Dio al suo popolo (cf. Es 34,20).

E

il sacerdote prenderà la cesta dalle tue mani e la deporrà davanti all’altare (Dt 26,4).

Pensiamo a quanto sarebbe importante che davvero nella nostra messa all’Offertorio siano le nostre mani a portare all’altare il pane e il vino, partendo dal corpo dell’assemblea riunita (anziché da un tavolino posto in presbiterio), a significare che è la nostra vita che mettiamo sull’altare, perché Gesù la prenda in sé e ne faccia un’offerta al Padre, riconciliazione e comunione piena.

Tutto il lavoro delle mani dell’uomo è benedetto dal Signore, nel cammino ed esodo verso la Terra promessa:

Il Signore, tuo Dio, ti ha benedetto in ogni lavoro delle tue mani, ti ha seguito nel tuo viaggio attraverso questo grande deserto. Il Signore, tuo Dio, è stato con te in questi quarant’anni e non ti è mancato nulla. [Dt 2,7]

* Nelle nostre mani… la preghiera
Come Mosè, ogni credente nella sua preghiera tende le mani al Signore, senza stancarsi mai. Mani tese nella supplica, mani alzate in sacrificio di lode…

Così di giorno:

Tutto il giorno ti chiamo,
Signore, verso di te protendo le mie mani. [Sal 87,10]

E giorno e notte:

Nel giorno dell’angoscia io cerco il Signore,
tutta la notte la mia mano è tesa e non si stanca. [Sal 76,3]

Nel sacrificio vespertino:

Come incenso salga a te la mia preghiera,
le mie mani alzate come sacrificio della sera. [Sal 141,2]

Ancora la nostra lode gioiosa sprigiona da tutto noi stessi. Tutto il nostro corpo allora trova espressione nella danza e nel battere le mani.

Applaudite, popoli tutti,
acclamate Dio con voci di gioia. [Sal 46,2]

Battiamo invece il nostro petto con le mani per esprimere dolore e sentimenti di penitenza e conversione: per mia colpa, mia colpa, mia grandissima colpa (Confiteor). Ricordiamo la parabola del fariseo e del pubblicano:

Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”. [Lc 18,13]

Gesù, parlando alle folle della loro generazione, cita questo ritornello cantato dai bambini:

Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato,
abbiamo cantato un lamento e non vi siete battuti il petto! [Mt 11,27]

La via della croce è accompagnata dalle donne che si battono il petto.

Lungo la salita al Calvario:

Lo seguiva una grande moltitudine di popolo e di donne, che si battevano il petto e facevano lamenti su di lui. [Lc 23,27]

E ridiscendendo dal Calvario:

Così pure tutta la folla che era venuta a vedere questo spettacolo, ripensando a quanto era accaduto, se ne tornava battendosi il petto. [Lc 23,48]

Alla fine dei tempi, quando verrà il Figlio dell’uomo nella gloria, tutti i popoli si batteranno il petto:

Allora comparirà in cielo il segno del Figlio dell’uomo e allora si batteranno il petto tutte le tribù della terra, e vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi del cielo con grande potenza e gloria. [Mt 24,30]

* Nelle nostre mani… la vita di ogni giorno
Ma ogni battezzato nelle sue mani può e deve vedere la presenza creatrice del Padre attraverso il Figlio nel suo Spirito.

La mano di Dio rappresenta insieme la Sua potenza e grandezza e la Sua misericordia. Potere e misericordia che passano all’inviato, al profeta, al sacerdote. E in un certo modo ad ogni fedele.

Pensiamo: tutte le volte che una madre accarezza un figlio… che un innamorato accarezza la guancia dell’amata… che due sposi congiungono le loro mani!

Siamo partiti dalle mani di Adamo ed Eva e dalle mani di Caino che uccide il fratello. Certo l’uomo può macchiare le proprie mani del sangue del fratello. E anche lavarsi queste mani, fuggendo la responsabilità del sangue versato, come Pilato.

Osserva l’amica Donatella che queste stesse nostre mani possono portare a sentimenti diversi, a scelte diverse. Caino… Pilato… ma anche il buon samaritano!

Il buon samaritano di fronte al fratello non solo non si macchia del suo sangue, non solo se ne lava le mani, ma se ne fa carico.

Tutte le volte che noi rialziamo un fratello o anche solo bussiamo alla sua porta… al suo cuore… alla sua vita… che laviamo una piaga, o bendiamo una ferita… Ma anche semplicemente scriviamo una lettera o mandiamo un messaggio…

Fino al giorno in cui con le nostre mani chiudiamo gli occhi a un genitore o a un fratello che muore:

Giuseppe ti chiuderà gli occhi con le sue mani – rassicurò Dio a Giacobbe. [Gen 46,4]

Pensiamo ancora – ci suggerisce Elena – ai bambini infanti, che non hanno ancora acquisito l’uso del linguaggio parlato o anche ai nostri anziani malati non più in grado di comunicare con la parola. Il conforto che può offrire loro il tocco di una mano gentile! Conforto, sostegno e forza di comunicazione: ti percepisco come persona, attraverso le mie mani”.

Le mani sono così strumento molto potente di comunicazione, a tantissimi livelli.

Pensiamo ancora, ci ricordano Elena e Luis, alle mani come portatrici di significati nella lingua dei segni per i fratelli sordomuti e ancora ai nostri fratelli ciechi che… “leggono” con le mani.

La mano – continua Luis – non solo è importante per l’uomo, lo contraddistingue. Senza mani non ci sarebbe la nostra umanità e non ci sarebbe la nostra storia. Pensiamo solo al fatto che facciamo iniziare la storia con la nascita della scrittura. Le mani e il tatto (ricordiamo ancora il bambino che conosce “toccando”) sono il con-tatto con il mondo esterno. Le mani sono lo strumento operativo della nostra mente e del nostro cuore. Quanto potrebbe dirci a riguardo l’antropologia sul rapporto tra l’acquisizione della manualità e l’evoluzione del nostro cervello e quindi della nostra “umanità”. Tanto più la mano ha incrementato la propria complessità sensoriale e motoria, tanto più il cervello ha aumentato progressivamente le sue capacità.  E quanto al contrario – come abbiamo già osservato – nei tempi attuali è forte la relazione tra la perdita della manualità e… l’involuzione dell’umanità.

Le mani allora! E per me e per quanti come me sono musicisti, tutte le volte che le nostre mani pizzicano una corda, prendono in mano uno strumento… Quanto è affidato alle nostre mani. Le mani del Padre, le mani del Figlio… e – nel suo Spirito – le nostre mani. Sopra tutto, sempre, la carità, la grandezza e potenza della misericordia. La nostra mano sia allora una mano aperta:

Se vi sarà in mezzo a te qualche tuo fratello che sia bisognoso in una delle tue città nella terra che il Signore, tuo Dio, ti dà, non indurirai il tuo cuore e non chiuderai la mano davanti al tuo fratello bisognoso, ma gli aprirai la mano e gli presterai quanto occorre alla necessità in cui si trova. [Dt 15,7-8]

 * Una mano aperta
Vorrei prendere a icona l’episodio evangelico dell’uomo dalla mano inaridita:

C’era là un uomo che aveva la mano destra paralizzata  (…)  disse all’uomo: “Tendi la tua mano!”. Egli lo fece e la sua mano fu guarita. [cfr. Lc 6,6-11]

Riconosciamo la nostra mano come una mano bisognosa di essere guarita, aperta. Ascoltiamo la voce di Gesù che ci dice: tendi la mano! E mettiamo la nostra mano come Tommaso dentro il suo costato. Sia la nostra mano una mano aperta, sempre tesa verso di Lui e, attraverso di Lui, verso ogni fratello.

Prima ancora, la nostra mano aperta deve esprimere la coscienza della nostra povertà e fragilità. Mano aperta – ci dice Francesca – che chiede. Pensiamo al povero al bordo della strada che alza la sua mano aperta… Per favore, dammi qualcosa!

Le due mani aperte si incontrano. La mano aperta che chiede e la mano aperta che dona. Mano che dona e mano che chiede. Mani che si incontrano nella povertà e nel dono, mani che… si danno la mano.

* La mano di Myriam
Vorremmo ora fare un breve riferimento alla mano nella simbologia universale e soprattutto nella cultura ebraica.

La mano di Myriam (sorella di Mosè e Aronne) è un amuleto nel quale le cinque dita sono raffigurate con due pollici aperti verso l’esterno. Il numero cinque (hamesh in ebraico) simboleggia i cinque libri della Torah e rappresenta anche una delle lettere del nome santo YHWH, la He. Su questo amuleto vengono incise preghiere propiziatorie e di benedizione (come lo Shemà Ysrael o la Birkat HaBait, benedizione sulla casa o ancora la Telilah Haerech, preghiera del viaggiatore ), e spesso, al centro, la Stella di David e/o la menorah, il candelabro a sette braccia. A seconda del suo impiego può essere appesa sulla porta o su un muro della casa o anche portato con sé in forma di orecchio, pendente o portachiavi. Il suo uso può certo degenerare in un puro atto scaramantico, come mero porta fortuna, ma la sua origine ha un valore profondo, quale segno della Presenza e della mano e dell’occhio  di Dio che vede, veglia, benedice e protegge l’uomo nella sua casa e nel suo cammino.

Con questo stesso valore un amuleto simile è conosciuto anche nell’Islam con il nome di Mano di Fatima (figlia del profeta Maometto), o mano di Alo o Hamsa o ancora Khamsa (numero 5 in arabo).

La sua origine è probabilmente molto antica, preabramitica. Alcuni lo fanno risalire al culto sumero di Inanna o a quello assiro-babilonese di Ishatar, dea dell’amore, della fecondità e della fertilità.

Quale volto ha l’amore?
quale forma, quale statura, quali piedi, quali mani?
Nessuno lo può dire.
Esso tuttavia ha i piedi, che conducono alla Chiesa;
ha le mani, che donano ai poveri;
ha gli occhi,
coi quali si viene a conoscere colui che è nel bisogno. [Agostino d’Ippona]

Prima di riprendere, con i prossimi incontri, l’ascolto di Esodo con il capitolo XXIX, concludiamo questa nostra «sosta» di fronte alle mani, del Padre, del Figlio e nostre, nello Spirito, con questi due testi di Agostino e di Antonio che ci suggerisce l’amico Luis. Un  invito alla contemplazione:

 Gesù tese la mano e lo toccò dicendo: “Lo voglio, sii purificato!

Oh, come ammiro quella mano! Quella “mano del mio Amato, d’oro incastonato di gemme” (Ct 5,14). Quella mano al cui contatto si scioglie la lingua del muto, risorge la figlia di Giairo (Mc 7,33; 5,41) e il lebbroso è reso puro. Quella mano di cui il profeta Isaia dice: “Tutte queste cose ha fatto la mia mano!” (66,2)

Tendere la mano è fare un dono. Oh Signore, tendi la tua mano – quella mano che il boia fisserà sulla croce. Tocca il lebbroso e fagli grazia. Tutto ciò che toccherai con la tua mano sarà purificato e guarito. “Gli toccò l’orecchio e lo guarì” dice S. Luca (22,51). Tende la mano per dare al lebbroso il dono della salute. Dice: “Lo voglio, sii guarito” e subito la lebbra scompare; “tutto ciò che vuole egli lo compie” (Sal 113B-ebr 115-, 3). In lui, non c’è distinzione fra volere e compiere.

Ora, questa istantanea guarigione Dio la opera ogni giorno nell’anima del peccatore attraverso il ministero del sacerdote. Il sacerdote ha un triplice compito: deve tendere la mano, cioè pregare per il peccatore e aver pietà di lui: deve toccarlo, consolarlo, promettergli il perdono; deve volere questo perdono e darlo con l’assoluzione. Ecco il triplice ministero pastorale che il Signore affida a Pietro quando gli dice per tre volte: “Pasci le mie pecore” (Gv 21,15ss).
[Antonio di Padova]

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