In ascolto di Esodo

Le mani di Gesù

Sulle strade della Palestina verso Gerusalemme, sulla croce, nel sepolcro, nel giardino della Risurrezione.In ascolto di Esodo – (Es 28,40-43).

a cura di Gianmartino Maria Durighello e Gruppo Esodo, Piccoli amici di Maria Maddalena

* Dalle mani del Padre alle mani del Figlio

Gesù, sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava, si alzò da tavola, depose le vesti, prese un asciugamano e se lo cinse attorno alla vita. [Gv 13,3]

Elena Manganelli, San Giuseppe falegname, 2005, collezione privata

Carissimi, continuiamo a sostare nell’approfondimento della parola “darai loro l’investitura” (Es 28,41), che abbiamo meditato nel suo significato letterale come “riempirai le loro mani (del sangue dell’agnello)”. Nello scorso incontro ci siamo messi in contemplazione delle mani del Padre: le tue mani mi hanno plasmato.

Ora, contempliamo come il Padre ha dato tutto nelle mani del Figlio. Vorremmo allora contemplare queste mani, le mani di Gesù, fin dalla sua infanzia, nel suo cammino verso Gerusalemme e poi nel suo mistero pasquale. Nella cena, nella passione, sulla croce, nel sepolcro, nella sua risurrezione, nella sua ascensione. E ancora oggi nella sua presenza sacramentale in questo nostro esodo.

Abbiamo voluto partire dal passo del Vangelo di Giovanni che introduce l’episodio della lavanda dei piedi.

Il Padre gli aveva dato tutto nelle mani. E Gesù con queste mani… cosa fa? Alzatosi da tavola, depone le sue vesti, prende un asciugamano, se lo cinge ai fianchi, versa dell’acqua in un catino e lava i piedi ai discepoli (cfr. Gv 13,4-5), rivelandoci così il suo essere Servo, e dandoci in questo l’esempio, perché così facciamo anche noi (Gv 13.14). Il Padre gli aveva dato tutto nelle mani.

 * Le mani di Gesù bambino, profezia della croce
Con una geniale intuizione l’artista suor Elena Manganelli, monaca agostiniana, offre alla nostra contemplazione le mani di Gesù bambino già proiettate nel mistero della croce. Giuseppe falegname sta lavorando ad una croce. Gesù bambino è con lui, come fa un bambino col papà. Un po’ aiutandolo e un po’giocando. E pone la sua mano in direzione di un braccio della croce. Sul legno Giuseppe vede in profezia l’impronta della mano adulta del figlio crocifisso. L’incarnazione ha il suo compimento nel mistero pasquale.

 * Sulle strade della Palestina, verso Gerusalemme
Le mani di Gesù! In un tempo nel quale il contatto fisico è spesso evitato, per motivi sanitari (pensiamo al Covid) e morali (pensiamo alla pedofilia), contemplare “le mani” di Gesù ci dà la giusta e irrinunciabile via di un sano e bello contatto fisico, che – senza malizia – dica affetto, vicinanza, in una parola: amore.

Mentre dobbiamo fuggire e condannare il male della pedofilia, allo stesso tempo dobbiamo vedere come un ulteriore grande tranello e pericolo si nasconde: il timore e la paura per la pedofilia possono infatti allontanarci da gesti di sincero e sano affetto. È il grande tranello del Divisore che vuole allontanarci… dall’Amore.

Impariamo allora dalle mani di Gesù il contatto vero, puro, irrinunciabile, veicolo di amore.

* Mani che guariscono, purificano
Le mani di Gesù sono mani che benedicono, che toccano, che accarezzano, che abbracciano, guariscono, risanano, che ci prendono per mano, ci afferrano, ci rialzano…

Gesù impone le sue mani su noi umanità piccola, fragile, malata, peccatrice.

Tutti quelli che avevano infermi affetti da varie malattie li condussero a lui. Ed egli, imponendo su ciascuno le mani, li guariva. [Lc 4,40]

Ma Gesù va oltre. Non solo impone le mani, ma mette le sue proprie mani fin dentro le parti malate del nostro fragile corpo. Così a un sordomuto:

Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: “Effatà“, cioè: “Apriti!”. [cf. Mc 7,31ss]

E a un cieco gli mette con le proprie mani la saliva sugli occhi. Sono gli stessi amici del cieco che lo conducono da Gesù “pregandolo di toccarlo”! (Cfr. Mc 8,22-25)

Ricordiamo ancora l’episodio del cieco nato nel vangelo di Giovanni. Gesù fa del fango con la saliva e lo spalma sugli occhi del cieco. Episodio che diventa icona della nuova creazione alla quale ci introduce Gesù nel suo Battesimo dicendoci: Io sono la luce della vita (cfr. Gv 9,1ss).

Ma le mani di Gesù toccano e purificano anche i corpi intoccabili dei lebbrosi (cfr. Mt 8,2-3).

Gesù supera la legge di impurità, Egli che è il Santo, il Puro. E va oltre la legge del Sabato, Egli che è Signore del Sabato:

Un sabato si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare ed essi stavano a osservarlo. Ed ecco, davanti a lui vi era un uomo malato di idropisìa. Rivolgendosi ai dottori della Legge e ai farisei, Gesù disse: “È lecito o no guarire di sabato?”. Ma essi tacquero. Egli lo prese per mano, lo guarì e lo congedò. [Lc 14,1-4]

Egli ci purifica. Purifica i nostri corpi malati. Purifica i nostri cuori. Quando la folla sta per lapidare una donna adultera, egli non risponde a parole a coloro che lo interrogano per metterlo alla prova, ma “si chinò e si mise a scrivere col dito per terra” (Cfr. Gv 8,1ss).

Egli ci purifica. Ci purifica nel corpo e nel cuore. È una purificazione totale che arriva al suo culmine nella purificazione del tempio, scacciando coloro che della casa del Padre ne facevano una spelonca di ladri.

* Mani che abbracciano, accarezzano, benedicono
E i bambini! Gesù li accoglie, li abbraccia, li accarezza e impone su di loro le mani per benedirli. Sono le stesse madri a portare i bambini da Gesù perché egli possa toccarli.

Gli presentavano dei bambini perché li toccasse, ma i discepoli li rimproverarono. Gesù, al vedere questo, s’indignò e disse loro: “Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite: a chi è come loro infatti appartiene il regno di Dio. In verità io vi dico: chi non accoglie il regno di Dio come lo accoglie un bambino, non entrerà in esso”. E, prendendoli tra le braccia, li benediceva, imponendo le mani su di loro. [Mc 10,13-16]

* Mani che ci ridanno vita
Ancora, Gesù, mosso a tenera compassione dal pianto di una donna vedova della città di Nain per la morte del suo unico figlio, “si avvicinò e toccò la bara (…) poi disse: Ragazzo, dico a te, àlzati!” E il fanciullo tornò in vita (Cfr. Lc 7,12-15).

Prendendola per mano, richiama alla vita la figlioletta di Giairo:

Prese la mano della bambina e le disse: “Talità kum“, che significa: “Fanciulla, io ti dico: àlzati!”. [Mc 5,21ss]

Nelle mani del Figlio continua l’opera creatrice del Padre, che ci plasma a sua immagine. La cosa è evidente nell’episodio del cieco nato – che abbiamo poco sopra ricordato – nel quale, come con il primo uomo, Gesù fa del fango con la saliva…

“Finché io sono nel mondo, sono la luce del mondo”. Detto questo, sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco e gli disse: “Va’ a lavarti nella piscina di Sìloe” – che significa Inviato. Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva. [cf. Gv 9,1ss]

* Mani che ci afferrano e ci salvano

ignoto, Gesù trae in salvo San Pietro dai flutti (Iesus super mare ambulat et Petrum allevat), mosaico bizantino XII – XIII sec, (Duomo, Monreale)

E queste mani non solo ci toccano, ci plasmano, ci ricreano… ma ci guidano e ci afferrano con forza quando la nostra fede vacilla. Come nell’episodio in cui Pietro va incontro a Gesù sulle acque agitate da forte vento:

Pietro allora gli rispose: “Signore, se sei tu, comandami di venire verso di te sulle acque”. Ed egli disse: “Vieni!”. Pietro scese dalla barca, si mise a camminare sulle acque e andò verso Gesù. Ma, vedendo che il vento era forte, s’impaurì e, cominciando ad affondare, gridò: “Signore, salvami!”. E subito Gesù tese la mano, lo afferrò e gli disse: “Uomo di poca fede, perché hai dubitato?”. [Mt 14,22-31]

Siamo toccati, guariti, ricreati… non solo: afferrati (!) dalle mani di Gesù. E nessuno può strapparci dalle sue mani.

Io sono il buon pastore (…). Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano. Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. Io e il Padre siamo una cosa sola. [Gv 10,14.27-30]

Pensiamo: quando Gesù in croce consegnerà il suo spirito nelle mani del Padre, tutti noi, che Egli ha preso nelle sue mani, saremo in Lui riconciliati nelle mani del Padre.

L’amico Domenico, partendo dalla domanda “cosa è questo spirito?”, sottolinea  come non siamo di fronte a qualcosa di astratto, ma a una realtà concreta: siamo noi! E siamo nelle sue mani!

Contempliamo allora queste mani benedicenti… fino sulla croce. Mani forate sulla croce a riempirsi, a riempirsi davvero, di tutto il nostro sangue.

* Le mani di Gesù nella Passione, sulla croce e nel sepolcro
Abbiamo iniziato la nostra meditazione con l’immagine del Padre che ha dato tutto nelle mani del Figlio.

È il contesto dell’ultima cena:

  • – le mani di Gesù – il Servo obbediente al Padre – si cingono i fianchi e lavano i piedi dei discepoli;
  • – le mani di Gesù – Agnello e Sacerdote della Nuova Alleanza – spezzano il pane e alzano il calice, sacramento del suo corpo e del suo sangue immolato per noi tutti.

Dalla cena alla croce attraverso il monte degli Ulivi. Dopo aver cantato l’inno (cfr. Mc 14,26), Gesù si reca con i discepoli al monte degli Ulivi. Le sue mani sono mani innalzate in preghiera, grondanti sangue di sudore.

Lì, nel giardino del Gethsemani, Gesù viene arrestato.

Le sue mani sono mani legate, come di brigante.

Anna lo mandò, con le mani legate, a Caifa, il sommo sacerdote. [Gv 18,24]

Mani nelle quali viene messa una canna, scettro di derisione, che gli viene poi tolta di mano e usata per percuoterlo (cfr. Mt 27,28-30).

E sono mani che portano la croce e salgono il Calvario.
Mani che consegnano le proprie vesti.
Mani crocifisse, nell’abbraccio del nuovo albero di vita.

Il tema della mano e del sangue lo contempliamo allora nel mistero della croce, nelle mani e nel sangue di Gesù. Qui il rito di investitura dei sacerdoti raggiunge il suo culmine.

Gesù, mio e nostro sacerdote, agnello santo… le tue mani e il tuo sangue. E su questo altare, nell’ora del sacrificio, all’aprirsi del velo del tempio, Gesù entra nuovo sacerdote e nuovo agnello e rimette il suo spirito (e ogni nostra vita in Lui) nelle mani del Padre.

Roberto d’Oderisio da Napoli (1350-1385), L’uomo dei dolori, 1354 ca. (Fogg Art Museum, Harvard University, USA)

Mani che nella cena si cingono i fianchi.
Mani che lavano i piedi ai discepoli.
Mani che spezzano il pane e alzano il calice.
Mani che pregano nel Gethsemani
grondando sudore di sangue.
Mani che portano la croce.
Mani che consegnano le proprie vesti.
Mani legate, flagellate…
Mani crocifisse…
Mani inchiodate sulla croce.
Mani deposte dalla croce,
avvolte in un lenzuolo nel sepolcro.
Mani impresse sulla sacra sindone…

In questo cammino dalla cena alla croce, sottolinea l’amica Alessandra, contempliamo che non sono mani passive, che soltanto subiscono. Sono importanti le mani nella Passione: Gesù porta egli stesso la croce. È lui il soggetto. Le sue mani. Gesù ci fa capire che «volontariamente» egli si è consegnato, con le sue proprie mani, per noi, per la nostra salvezza.

* Le mani di Gesù nella risurrezione e nella ascensione

Beato Angelico (1395-1455), Noli me tangere, affresco (Museo di San Marco, Firenze)

Dalle mani trafitte sulla croce, alle mani riposte nel sepolcro, alle mani del Risorto. Le mani di Gesù nel giardino della Risurrezione invitano Maria Maddalena a non trattenerlo, e la inviano prima apostola della sua risurrezione, apostola degli apostoli (cf. Gv 20,16-17).

E ancora, sulla strada di Emmaus, le mani del Risorto spezzano e benedicono il pane con due discepoli smarriti e lontani 7 miglia da Gerusalemme. Quando questi ritornano a Gerusalemme raccontano agli apostoli – che stavano dicendo tra loro che Gesù era davvero risorto, ed era apparso a Simone – di come l’avevano riconosciuto proprio nello spezzare il pane. In quel momento il Risorto appare loro e li invita a toccare e a guardare le sue mani:

Ed essi narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane.
Mentre essi parlavano di queste cose, Gesù in persona stette in mezzo a loro e disse: “Pace a voi!”. Sconvolti e pieni di paura, credevano di vedere un fantasma. Ma egli disse loro: “Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa, come vedete che io ho”.
Dicendo questo, mostrò loro le mani e i piedi. Ma poiché per la gioia non credevano ancora ed erano pieni di stupore, disse: “Avete qui qualche cosa da mangiare?”. Gli offrirono una porzione di pesce arrostito; egli lo prese e lo mangiò davanti a loro. [Lc 24,35-43]

Toccatemi e guardate! Ci viene da sorridere. Ricordiamo quando da bambini i genitori ci ripetevano: Guardare e non toccare! È una cosa da imparare. Qui è diverso: prima viene il toccare.

L’amica Alessandra sottolinea la concretezza alla quale noi siamo chiamati. Non crediamo in Gesù, non conosciamo Gesù per una via astratta, ma concreta. Con il contatto. Quel contatto, quella manualità – dice Paola – che oggi il mondo sembra aver perso. Siamo chiamati a vivere una fede «concreta», secondo l’icona di Tommaso.

* Le mani del Risorto e le nostre mani nelle sue piaghe

Poi disse a Tommaso: “Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!” [Gv 20,27]

Dal fianco di Adamo nasce Eva…
Dal fianco di Cristo risorto nasce la Chiesa…

Qui, pensiamo, non siamo noi… ma è Gesù stesso che ci chiede di toccarlo, di toccare le sue piaghe, di mettere la nostra mano dentro le sue piaghe. Ci chiede di mettere la nostra mano dentro il suo fianco fatto grembo di nuova vita.

Ognuno di noi può nel silenzio del suo sguardo innamorato di Cristo far risuonare nel cuore passi della Parola, momenti della sua storia personale di salvezza… o anche solo contemplare le mani di Gesù, le mani di Gesù risorto con il segno dei chiodi.

Gesù stesso dice a noi, come all’apostolo Tommaso: Guarda le mie mani (Gv 20,27).

Ascoltiamo le sue parole. Guardiamo le sue mani. Tocchiamo e guardiamo…

* Le mani nell’Ascensione e nella Presenza eucaristica
Ascendendo al cielo, Gesù alza queste sue mani sante e benedice i suoi discepoli (cfr. Lc 24,49-51).

E ogni giorno in questo nostro esodo della storia, per mezzo delle mani del sacerdote (riempite del sangue dell’Agnello), è Lui che spezza il suo corpo per noi nel sacramento dell’Eucaristia.

Possiamo chiederci: perché Gesù risorto ha ancora le ferite della sua passione e morte? Perché non le ha sanate?

Qui contempliamo davvero il mistero di questa Presenza di Lui con noi, in noi e per noi. Contempliamo la sua Passione morte e (!) risurrezione. Non “ma”! E (!) risurrezione. Un unico mistero di salvezza: passione, morte e risurrezione.

Sull’altare la passione, morte e risurrezione di Gesù – ricordiamolo – non sono per noi solo un ricordo, ma un memoriale. Sono un evento vivo, aperto, eternamente presente alla storia di ognuno di noi.

Cristo non ci salva da lontano, restando fuori di noi, ma ci salva portando su di sé le ferite di ogni uomo di ogni tempo e di ogni spazio.

Lui è il Risorto Crocifisso, espressione che con una ispirazione stupenda ha portato Giovanni Maria Rossi (1029-2024) a intitolare così una sua Messa.

L’amico Renato ci invita allora a guardare le mani del bambino Gesù, di tutta la sua vita, della passione, fino alla risurrezione. Le mani sono il riassunto della sua vita. Egli ci dice: Guardate le mie mani! Ossia: Guardate la mia vita. Toccatela interamente. Sono mani salvifiche, sofferenti, sante…

Ancora Renato ci riferisce di una via Crucis dell’artista Giuseppe Bucco “Beppe” (1954-2023), una via Crucis (Impronte lungo la strada) vissuta attraverso… le mani (di Gesù, di Pilato, delle pie donne, dei soldati, della Veronica…). La cosa che più colpisce è che Beppe (artigiano manuale dell’argilla) abbia voluto realizzare una “Via Crucis delle mani” quando iniziava a non controllare più le proprie mani, a causa del Parkinson.

Un’opera che è stata possibile realizzare grazie alle mani amorose dell’ assistente dell’artigiano. https://www.cittanuova.it/767958-2/?ms=006&se=028.

Carmelo Ferraro, Icona della SS. Trinita fonte della speranza

Concludiamo oggi il nostro incontro con la contemplazione di un’altra opera, un’icona di Carmelo Ferraro, l’Icona della SS. Trinità, fonte della speranza, che per il suo contenuto apre al prossimo incontro nel quale mediteremo «le nostre mani».  Le mani dei sacerdoti sono riempite del sangue dell’Agnello. Il popolo sacerdotale è ormai uno solo. Una coincidenza di grazia ha voluto che la nostra riflessione sulle mani del Padre (Le tue mani mi hanno plasmato) arrivasse all’amico iconografo proprio alla fine del suo lavoro, come segno e conferma dello Spirito di quanto egli ha voluto meditare nella scrittura di questa icona.  Ci aiutano nella contemplazione le parole dello stesso amico iconografo:

L’icona designa l’evento della venuta del Cristo Risorto presso i discepoli avvolti nelle tenebre e nella paura per la sconfitta subita nell’uccisione del Maestro (Gv. 20 vv.19-23).

Le mani di Gesù ostentano le ferite-feritoie di luce di speranza: la meraviglia della vittoria sulla morte. Esse indicano il dono della redenzione operata dal Figlio Primogenito della Nuova Alleanza che porta a compimento, altresì, l’investitura del popolo sacerdotale dell’Antica Alleanza di Esodo 28,vv.40-43: unzione prefigurata nel Vecchio Testamento operata nella Redenzione del Nuovo Israele (la chiesa Cattolica) popolo della Nuova Alleanza.

Le mani dei sacerdoti sono riempite col Sangue dell’Agnello. Il popolo sacerdotale ormai è uno solo.

Gesù si mostra come la Parola che annuncia l’azione salvifica pronunciando il Nome del Padre Celeste e dello Spirito Santo Santificatore visualizzati nella mano e nella colomba incastonata nell’anatomia del collo e della clavicola.

è dunque qui configurata “l’identità battesimale” della Chiesa sinodale. La simbologia del Sangue dell’Agnello posizionato nel bordo rosso che contorna l’icona allude, per la forma allungata in altezza, al Cristo-Porta delle pecore e al sangue degli stipiti delle case degli israeliti salvati dal passaggio dell’angelo della morte.

Contestualmente l’oro rosso dello sfondo armonizza gli interventi di cinabro utilizzati per le iscrizioni.

L’argento della croce del nimbo, il bianco della veste di Gesù e il piumaggio della Colomba rimandano all’acqua dello Spirito e la componente calda del colore sempre presente anche nelle lumeggiature del volto danno il colore delle spighe-pane: Gesù si fa nutrimento nell’Eucarestia che ogni volta rinnova, con la Redenzione, l’investitura sacerdotale del popolo.

Anche la Colomba rafforza la simbologia eucaristica configurandosi come un calice non lontano dalla bocca del Signore.

Il nimbo incornicia il Volto nel percorso ottico che, in basso, prosegue con le ali della Colomba sottolineandolo.

La croce del nimbo ribadisce che l’azione salvifica si attua nel sacrificio.

Le iscrizioni rosse riecheggiano le stigmate delle mani sottostanti la cui posizione accompagna l’apertura alare della Colomba che abbraccia.

Le mani di Gesù sono dunque il simbolo della profezia salvifica veterotestamentaria realizzatasi nell’oggi fino alla manifestazione escatologica finale. [Carmelo Ferraro]

× How can I help you?