XXVI Domenica del Tempo Ordinario/B
di Massimo Palombella
Nel Vangelo di oggi (Mc 9,38-43.45.47-48) il linguaggio di Gesù appare duro e, forse, anche incomprensibile o “esagerato”. Infatti, espressioni come “tagliare” la propria mano, il proprio piede, “gettare via un occhio”, rischiano di essere oggi fuori contesto proponendo uno stile di vita lontano dalla nostra comprensione culturale. Ma Gesù, nel linguaggio specifico della cultura nella quale viveva, sostanzialmente vuole comunicarci, al fine di una “vita in abbondanza”, la necessità di divenire capaci di scelte radicali che includono inevitabilmente fatica, sofferenza e separazioni. Coloro che vivono davvero e lottano per rimanere vivi, coloro hanno davvero dovuto confrontarsi professionalmente e hanno accettato la sfida di continuare a farlo, coloro che hanno incontrato la propria umanità e continuano a rimanerne in contatto, sanno benissimo che nella vita se non siamo “esagerati” siamo automaticamente dei mediocri. E il Vangelo di oggi, esattamente qui ci conduce, nella profonda consapevolezza che la dignità di essere persone è una conquista di ogni giorno, e il rimanere vivi interiormente è una lotta che ci porta lentamente ad abbandonare tutto ciò che non è necessario ed essenziale per guadagnare ciò che nessuno potrà mai toglierci.
L’antifona di Comunione della Celebrazione odierna è tratta dal Salmo 118 (Sal 118, 49. 50) con il seguente testo:
“Memento verbi tui servo tuo,
in quo mihi spem dedisti,
haec me consolata est in humilitate mea.”
(Ricordati della tua parola al tuo servo, Signore,
con la quale mi hai dato speranza;
essa mi ha consolato nella mia umiliazione).
La musica allegata, in Canto Gregoriano, è tratta dal Graduale Triplex pubblicato a Solesmes nel 1979. L’interpretazione è della Schola Gregoriana Pragensis diretta da David Eben. La traccia musicale è reperibile nel CD Liturgical Year. Gregorian Chant pubblicato da Supraphon nel 1997.
Buona domenica e un caro saluto.