Liturgia&Musica

III Domenica di Pasqua/B

di Massimo Palombella

Raffaello Sanzio (1483–1520), Cristo benedicente, 1505 (Pinacoteca Tosio Martinengo, BS)

Nel Vangelo di oggi (Lc 24, 35-48) Gesù, dopo la Risurrezione, si presenta ai due discepoli ritornati da Emmaus, agli Undici e a quelli he erano con loro esclamando “Pace a voi!”.

È interessante notare che la prima cosa che Gesù annuncia e dona è la “pace”, istanza che, ad una lettura attenta, è molto lontana dall’idea di “pace” che, forse, implicitamente abbiamo codificato nella nostra vita. Infatti, la “pace”, per tanti di noi, è assenza di problemi, tranquillità, serenità, equilibrio, e questa condizione è da ricercare e, una vota conquistata, da “mantenere”.

La pace che comunica Gesù è molto lontana da quanto appena descritto.

È una pace dove non vi è “stabilità”, dove non ci sono cose “certe e sicure”, ma un continuo movimento e cambiamento per servire la Verità. Un processo dove “in una casa di cinque persone si divideranno tre contro due e due contro tre; padre contro figlio e figlio contro padre, madre contro figlia e figlia contro madre, suocera contro nuora e nuora contro suocera” (Lc 12, 51-53).

In sostanza, la “pace” che dona Gesù non è un qualcosa da “conquistare e mantenere”, ma si identifica con il processo stesso di una vita dove continuamente siamo chiamati a cercare il Signore, la Verità, e quindi a muoverci, cambiare, trovare nuove strade, sperimentare, provare, sbagliare e ricominciare: fondamentalmente, “vivere davvero”.

Allora, la vera “pace” la troviamo affrontando i cambiamenti, muovendoci, separandoci, vivendo nella “realtà”, esattamente come gli Undici erano chiamati a fare dopo la Risurrezione. Da discepoli, alla sequela di una persona, dovevano divenire indipendenti, autonomi, capaci di discernere, di guidare, di essere loro stessi “maestri”.

In sostanza, gli Apostoli hanno dovuto transitare da una “emulazione” di Gesù ad una sua “declinazione” nei vari contesti storico-culturali dove erano chiamati ad agire. Questo non facile processo ha richiesto loro quella necessaria e dolorosa separazione dallo stesso Gesù, separazione attraverso la quale si realizza la vera e vitale personalizzazione di ogni relazione.

Il Dio delle cose “certe e sicure” non esiste, spesso è una nostra invenzione per stare tranquilli, per non affrontare la realtà.

Il vero Dio ci sfida sulla qualità della nostra vita, ci attende nella realtà, nelle situazioni dove, non senza travaglio, il meglio di noi è stimolato a vivere.

L’antifona di comunione, della celebrazione odierna è tratto dal Salmo 95 (Sal. 95, 2) con il seguente testo:
“Cantate Domino, alleluia:
cantate Domino, benedicite nomen ejus:
bene nuntiate de die in diem salutare ejus, alleluia, alleluia.”

(Cantate al Signore, alleluia;
cantate al Signore, benedite il suo nome.
Di giorno in giorno annunciate la sua salvezza, alleluia, alleluia).

La musica allegata, in Canto Gregoriano, è tratta dal Graduale Triplex pubblicato a Solesmes nel 1979. L’interpretazione è della Choralschule der Benediktinerabtei Münsterschwarzach diretta da Godehard Joppich. La traccia musiocale è reperibile nel CD Gregorian Chants pubblicato nel 2020 da Christophorus

Buona domenica e un caro saluto.

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