Come gioielli preziosi sopra il suo cuore. Gli abiti dei sacerdoti: il pettorale, gli Urìm e i Tummìm
In ascolto di Esodo (Es 28,15-30)
a cura di Gianmartino Maria Durighello e Gruppo Esodo, Piccoli amici di Maria Maddalena
Farai il pettorale del giudizio, artisticamente lavorato, di fattura uguale a quella dell’efod: con oro, porpora viola, porpora rossa, scarlatto e bisso ritorto. Sarà quadrato, doppio; avrà una spanna di lunghezza e una spanna di larghezza.
* Come la bocca e il cuore.
Nella pace e nella gioia del Signore Risorto, continuiamo il nostro ascolto del capitolo XXVIII di Esodo con la descrizione degli abiti dei sacerdoti.
Strettamente collegato all’Efòd e alla sua funzione principale è il pettorale, una piccola borsa quadrata ripiegata in due metà, ricoperta da una incastonatura di 12 pietre preziose recanti il nome delle 12 tribù di Israele, che il Sommo Sacerdote porta «sopra il proprio cuore».
Fabbricare il pettorale del giudizio è uno dei 613 precetti della Torah. Ma come è possibile oggi – si domandano i saggi – rispettare questo precetto della Torah, che è eterna, non essendoci più il Tempio e il culto nel Tempio?
Ogni ebreo – rispondono i saggi – deve realizzare nella propria vita l’efòd e il pettorale. Ma come? Il pettorale andava posto sul cuore, e rappresenta quindi il cuore. E l’efòd ha lo stesso valore numerico della parola bocca (Pe). Il cuore, quindi, e la bocca. Come il pettorale è strettamente congiunto all’efòd e da esso mai si stacca, così la nostra bocca deve essere strettamente collegata al cuore. Nessuna nostra parola deve contrastare con il nostro cuore.
Lo coprirai con un’incastonatura di pietre preziose, disposte in quattro file. Prima fila: una cornalina, un topazio e uno smeraldo; seconda fila: una turchese, uno zaffìro e un berillo; terza fila: un giacinto, un’àgata e un’ametista; quarta fila: un crisòlito, un’ònice e un diaspro. Esse saranno inserite nell’oro mediante i loro castoni. Le pietre corrisponderanno ai nomi dei figli d’Israele: dodici, secondo i loro nomi, e saranno incise come sigilli, ciascuna con il nome corrispondente, secondo le dodici tribù.
* I nostri nomi come gioielli sul cuore
Sul pettorale sono incastonate quindi 12 pietre preziose in un ordine di 4 file di tre pietre ciascuna, con incisi i nomi delle 12 tribù. Oggi non conosciamo l’ordine dei nomi e la corrispondenza tra ogni pietra preziosa e un nome. Sono state proposte diverse interpretazioni. Ma ciò che è importante è, come commenta Rashi, considerare il pettorale come un gioiello che il Sommo Sacerdote indossa sul cuore alla presenza del Signore! Il Sommo Sacerdote è come il cuore stesso del popolo, il cuore pulsante del popolo, che porta in sé i dolori e i bisogni del popolo, e intercede per lui.
Sul pettorale farai catene in forma di cordoni, lavoro d’intreccio d’oro puro. Sul pettorale farai anche due anelli d’oro e metterai i due anelli alle estremità del pettorale. Metterai le due catene d’oro sui due anelli alle estremità del pettorale. Quanto alle altre due estremità delle catene, le fisserai sui due castoni e le farai passare sulle due spalline dell’efod nella parte anteriore. Farai due anelli d’oro e li metterai sulle due estremità del pettorale, sul suo bordo che è dall’altra parte dell’efod, verso l’interno. Farai due altri anelli d’oro e li metterai sulle due spalline dell’efod in basso, sul suo lato anteriore, in vicinanza del punto di attacco, al di sopra della cintura dell’efod. Si legherà il pettorale con i suoi anelli agli anelli dell’efod mediante un cordone di porpora viola, perché stia al di sopra della cintura dell’efod e perché il pettorale non si distacchi dall’efod.
* Due catene d’oro. Carità e Umiltà
Due catenelle d’oro hanno la funzione pratica di fissare il pettorale all’efòd, ma non sono prive di significato spirituale. Per i Padri significano appunto le due virtù madri di tutte le virtù, Carità e Umiltà, come abbiamo considerato negli incontri precedenti.
Così Aronne porterà i nomi dei figli d’Israele sul pettorale del giudizio, sopra il suo cuore, quando entrerà nel Santo, come memoriale davanti al Signore, per sempre.
* come memoriale
Le 12 pietre preziose del pettorale (che sono i nostri nomi!) sono dette anche “pietre memoriale” o “pietre della rimembranza”, perché Dio si ricorda e mantiene nella sua benedizione i suoi figli e la loro discendenza.
* sopra il suo cuore
Negli ultimi 2 versetti del passo che oggi meditiamo per ben tre volte è sottolineato in modo esplicito che il pettorale con i nomi dei figli di Israele è portato «sopra il cuore» del Cohèn Gadòl, il Sommo Sacerdote.
Così Aronne porterà i nomi dei figli d’Israele sul pettorale del giudizio, sopra il suo cuore (…)
Unirai al pettorale del giudizio gli urìm e i tummìm. Saranno così sopra il cuore di Aronne quando entrerà alla presenza del Signore: Aronne porterà il giudizio degli Israeliti sopra il suo cuore alla presenza del Signore, per sempre.
Il Sommo Sacerdote, come abbiamo detto, era come il cuore stesso del suo popolo. Provava cioè nel proprio cuore il dolore di ognuno e per ognuno pregava. Così – commenta Obadja Sforno (1470?-1550) – con questa consapevolezza di portare sopra il proprio cuore i nomi dei figli di Israele, il Sommo Sacerdote, cuore del popolo, entrava alla presenza del Signore, pregando per il popolo a lui affidato.
Unirai al pettorale del giudizio gli urìm e i tummìm. Saranno così sopra il cuore di Aronne quando entrerà alla presenza del Signore: Aronne porterà il giudizio degli Israeliti sopra il suo cuore alla presenza del Signore, per sempre.
* Gli Urìm e i Tummìm. Luce e Verità
Il pettorale prende il nome anche di «pettorale del giudizio» per queste due sue specifiche funzioni:
- espiare i giudizi di un tribunale che fossero sbagliati, ingiusti agli occhi di Dio;
- dare al popolo un giudizio retto sulle scelte da seguire.
A tal fine dentro la sacca del pettorale venivano inseriti gli urìm e i tummìm. I vocaboli sono al plurale, ma è indubbiamente un plurale intensivo. Sul piano etimologico Urìm può derivare dalla parola or=luce. Tummìm da tamim, che significa integro, perfetto.
Possono quindi significare “luce” e “rettitudine” o “perfezione” o “verità”. Da qui la traduzione di Girolamo nella Vulgata con “dottrina e verità”.
Pones autem in rationali iudiciii Doctrinam et Veritatem.
Non sappiamo quale fossero la forma e il materiale. Secondo alcuni si trattava di piccole pergamene nelle quali era stato scritto dallo stesso Mosè il Santo Nome di Yhwh. Secondo altri erano degli oggetti (piccole pietruzze, o tavolette di legno, o di osso) da gettare (come si fa ad esempio con i dadi) per ottenere il responso.
Certamente erano impiegati per ottenere da Dio un preciso giudizio su una azione da compiere. Il responso doveva essere una risposta secca, secondo un procedimento binario, legato a un Sì o a un No, ad un aut…aut.
La tradizione rabbinica talmudica, ma anche Giuseppe Flavio, riteneva che alla domanda posta al Sommo Sacerdote gli urìm e tummìm (secondo la loro etimologia legata ai concetti di luce e rettitudine) si illuminassero in una precisa sequenza (o addirittura muovendosi) in modo tale da “scrivere” parole o gruppi di parole contenenti l’oracolo divino, la risposta di Yhwh. Quando il Sommo Sacerdote sottoponeva a Yhwh un quesito riguardante il popolo, gli urìm facevano sì che i nomi dei capi tribù si illuminassero e i tummìm che queste lettere luminose venissero lette nell’ordine retto, perfetto.
Rambàn (1194-1270) offre una interpretazione meno fascinosa e miracolistica, più spirituale. Secondo il celebre rabbino urìm e tummìm erano mezzi di una visione profetica, spirituale. Yhwh donava il suo responso, ma in modo spirituale, intimo, nel segreto dello spirito del Sommo Sacerdote.
Interessante è l’episodio in cui Davide cerca responso presso Dio e chiede quindi al sacerdote Ebiatar di portare l’efòd. Anche in questo passo possiamo osservare come la risposta alle due domande di Davide sia secca, precisa. Alla prima domanda di Davide: scenderà! Alla seconda: ti consegneranno!
Quando Davide seppe che Saul veniva contro di lui macchinando il male, disse al sacerdote Ebiatàr: “Porta qui l’efod”. Davide disse: “Signore, Dio d’Israele, il tuo servo ha sentito dire che Saul cerca di venire a Keila per distruggere la città per causa mia. Mi metteranno nelle sue mani i signori di Keila? Scenderà Saul, come ha saputo il tuo servo? Signore, Dio d’Israele, fallo sapere al tuo servo”. Il Signore rispose: “Scenderà“. Davide disse: “I signori di Keila mi consegneranno nelle mani di Saul con i miei uomini?”. Il Signore rispose: “Ti consegneranno“. Davide si alzò e uscì da Keila con i suoi uomini, circa seicento, vagando senza mèta. Fu riferito a Saul che Davide si era messo in salvo fuggendo da Keila, ed egli rinunciò all’azione. Davide andò a dimorare nel deserto in luoghi impervi, in zona montuosa, nel deserto di Zif, e Saul lo cercava continuamente; ma Dio non lo mise mai nelle sue mani. [1 Sam 9,14]
Come per l’arca e le tavole dell’Alleanza, anche degli urìm e dei tummìm non abbiamo più traccia dopo il Primo Tempio (ma secondo alcuni già molto prima), quando re Giosia, comprendendo che Gerusalemme sarebbe caduta sotto il nemico, decise di rimuoverli dal pettorale e di nasconderli.
Secondo i Padri cristiani, urìm e tummìm sono «figure» di quella quella luce e perfezione di cui parla Gesù dicendo ai suoi che devono essere “luce del mondo”. Sono quindi per i Padri figura della luce della Verità e della perfezione della Carità.
Luce e Rettitudine. L’etimologia trova conferma anche nell’esperienza del salmista. Il salmo 18(19), salmo che canta la Legge naturale (I cieli narrano la gloria di Dio) e la Legge scritta (La Legge del Signore è perfetta), al versetto 9 recita:
I precetti del Signore sono retti,
fanno gioire il cuore;
il comando del Signore è limpido,
illumina gli occhi.
Con questo salmo siamo aiutati ancora a cogliere negli Urìm e Tummìm un significato più profondo: la Legge (Torah, la Parola) è luce e verità! Non possiamo non contemplare allora Gesù, Parola fatta carne, che di sé dice: Io sono la Luce… Io sono Verità.
L’amico Luis, dopo il nostro incontro, stava preparando il sussidio per una Adorazione nella sua parrocchia e – leggendo il messaggio di Giovanni Paolo II per la XX GMG, che aveva per titolo “Vogliamo vedere Gesù” – si è trovato di fronte ancora le parole «Luce» e «Verità».
Ben sapendo che le coincidenze possono sempre nascondere una provvidente grazia, un suggerimento dello Spirito, il nostro amico ha collegato subito Urìm e Tummìm a questa Luce e Verità.
Il pontefice nel suo messaggio invita i giovani a imitare quei greci che avevano chiesto a Filippo: vogliamo vedere Gesù (Gv 12,21). Perché questa ricerca – egli dice – è “stimolata dall’intima esigenza di trovare risposta alla domanda di senso della vostra vita”. Poi ricorda l’episodio del giovane ricco quando Gesù “lo guardò e lo amò” (cf Mc 10,17ss). Perché è Gesù stesso che ci guarda per primo. Ed ecco cosa dice Giovanni Paolo II ai giovani e a noi:
Cari giovani lasciatevi guardare negli occhi da Gesù, perché cresca in voi il desiderio di vedere la Luce, di gustare lo splendore della Verità.
La tenda dell’Incontro è questo scambio di sguardi al quale Gesù ci porta. Egli che è nostra Luce e Verità, Urìm e Tummìm.
Ecco allora che ancora ci dice: Io sono la Luce (Gv 12,36) e Io sono la Verità! (cf Gv 14,16).
Signore, lampada ai miei passi è la tua Parola, luce sul mio cammino (Sal 118,105). Lampada ai miei passi è… Gesù!
Torniamo ora a considerare i nomi delle 12 tribù sulle spalline dell’efòd e sul pettorale. E contemporaneamente teniamo davanti a noi il primo versetto di Esodo:
Questi sono i nomi dei figli di Israele entrati in Egitto [Es 1,1]
Alla lettera: E questi sono i nomi… con un preciso intento di collegarsi al libro della Genesi, a tutta la Genesi e in particolare alle ultime pagine e alla storia di Giuseppe e dei suoi fratelli.
E questi sono i nomi dei figli di Israele entrati in Egitto.
Segue quindi l’elenco dei figli di Israele.
Questi nomi erano entrati in Egitto (nella schiavitù).
Ora entrano, liberi, nella tenda dell’incontro con Dio.
Incontro di sguardi nella Luce e nella Verità di Cristo nostra Parola vivente, che ci alimenta nella Carità e nell’Umiltà!
Così che siamo… rivestiti di Cristo! Rivestiti di Umiltà e di Carità. Rivestiti di Luce e Verità! Un solo corpo e un solo spirito.
Fa’, o Signore,
che la mia bocca non si stacchi mai dal mio cuore.Donami la gioia e la forza
di portare davanti a Te,
sul mio cuore,
come un gioiello
i nomi, tutti i nomi, dei miei fratelli.Sempre mi sostengano
sorella Carità e sorella Umiltà
che ci hai donato come guida
e madri di ogni virtù.Affinché il nome dei miei fratelli
brilli sempre nel mio cuore,
e questo mio piccolo cuore illuminato
batta e arda per ognuno di loro.Voglio compiere
sempre e solo
la tua volontà.
Mi sostengano
il dono della tua Luce e della tua Verità.Perché tutti diveniamo Uno,
riconciliati nel tuo corpo immolato.
Un solo corpo, un solo spirito,
un solo cuore, una sola anima.Signore,
facci Uno in te.
Rivestici di Te.
Tu sei Luce. Tu sei Verità.