Folli in Cristo e per Cristo. Le assi portanti la Dimora
In ascolto di Esodo (Es 26,15-30).
a cura di Gianmartino Durighello, del Gruppo Esodo, Piccoli fratelli di Maria Maddalena
Carissimi,
dopo aver dato il modello e le misure per le quattro coperture del Mishkan (la Dimora), il Signore dà ora a Mosè le istruzioni riguardo le assi in legno di acacia che dovranno essere erette a sostegno della Dimora stessa.
Come nell’ascolto precedente, troveremo ancora misure, numeri, minuziose indicazioni per la costruzione di questa armatura di sostegno. Dobbiamo quindi rinnovare il proposito di non lasciarci disorientare né annoiare. Al contrario, accogliendo questo modello descritto fino al dettaglio, vogliamo coltivare l’amore e la nostalgia per la dimora che il Signore ci chiede di costruire come luogo dell’incontro e della presenza di Dio-con-noi. Farai – quindi – per la Dimora, le assi di legno di acacia da porsi verticali.
Poi farai per la Dimora le assi di legno di acacia, da porsi verticali. La lunghezza di un’asse sarà dieci cubiti e un cubito e mezzo la larghezza. Ogni asse avrà due sostegni, congiunti l’uno all’altro da un rinforzo. Così farai per tutte le assi della Dimora. Farai dunque le assi per la Dimora: venti assi verso il mezzogiorno, a sud.
Farai anche quaranta basi d’argento sotto le venti assi, due basi sotto un’asse, per i suoi due sostegni, e due basi sotto l’altra asse, per i suoi due sostegni. Per il secondo lato della Dimora, verso il settentrione, venti assi, come anche le loro quaranta basi d’argento, due basi sotto un’asse e due basi sotto l’altra asse. Per la parte posteriore della Dimora, verso occidente, farai sei assi. Farai inoltre due assi per gli angoli della Dimora sulla parte posteriore. Esse saranno formate ciascuna da due pezzi uguali abbinati e perfettamente congiunti dal basso fino alla cima, all’altezza del primo anello. Così sarà per ambedue: esse formeranno i due angoli. Vi saranno dunque otto assi, con le loro basi d’argento: sedici basi, due basi sotto un’asse e due basi sotto l’altra asse.
Farai inoltre traverse di legno di acacia: cinque per le assi di un lato della Dimora e cinque traverse per le assi dell’altro lato della Dimora e cinque traverse per le assi della parte posteriore, verso occidente. La traversa mediana, a mezza altezza delle assi, le attraverserà da una estremità all’altra.
Rivestirai d’oro le assi, farai in oro i loro anelli, che serviranno per inserire le traverse, e rivestirai d’oro anche le traverse.
Costruirai la Dimora secondo la disposizione che ti è stata mostrata sul monte.
Ci vengono in particolare due riflessioni.
La prima, attingendo dalla lingua ebraica, riguarda la «follia verso il bene».
La seconda, riguarda il fatto che queste assi sono «erette», tra la terra e il cielo.
Entrambi le riflessioni ci portano a contemplare la Croce/il Crocifisso, come follia e come corpo eretto tra cielo e terra.
Le assi saranno in legno di acacia (al plurale in ebraico, acacie, “shittim”). La radice di shittim può significare “tendenza”, ma anche “follia”. Un commento rabbinico osserva che c’è una tendenza-follia verso il male e una tendenza-follia verso il bene. Possiamo dire “follia”, perché anche nella tendenza verso il bene a volte è necessario trascendere, andare oltre la ragione.
Queste assi, questa tendenza-follia verso il bene, devono essere erette in verticale. L’uomo – commenta il Rebbe di Lubavitch – deve essere una asse retta. Deve quindi avere questa follia verso il bene “grazie alla quale la persona è in grado di riconoscere e accettare un essere superiore che trascende i limiti della mente umana”.
* la follia verso il bene
Pensiamo a quella “follia nel Signore” che spesso nella storia caratterizza il credente.
I profeti. La vita come segno.
Atteggiamenti folli agli occhi del mondo sono evidenti nei profeti. È Dio stesso che comanda al profeta di assumere un determinato atteggiamento così che la vita stessa del profeta diventi segno di quanto accadrà.
Pensiamo ad esempio al profeta Isaia che per tre anni cammina nudo e a piedi scalzi profetizzando al popolo l’imminente calamità ( Is. 20,2-3 ).
In quel tempo il Signore disse per mezzo di Isaia, figlio di Amoz: “Va’, lèvati il sacco dai fianchi e togliti i sandali dai piedi!”. Così egli fece, andando nudo e scalzo.
Il Signore poi disse: “Come il mio servo Isaia è andato nudo e scalzo per tre anni, come segno e presagio per l’Egitto e per l’Etiopia, così il re d’Assiria condurrà i prigionieri d’Egitto e i deportati dell’Etiopia, giovani e vecchi, nudi e scalzi e con le natiche scoperte, vergogna per l’Egitto.
O Ezechiele (Ez. 4,1ss ) che si mise a giacere davanti alla pietra indicante la città di Gerusalemme assediata, mangiando un cibo cotto sopra escrementi umani, perché, dice il Signore:
In tale maniera mangeranno i figli d’Israele il loro pane impuro in mezzo alle nazioni fra le quali li disperderò.
Sempre per comando del Signore, Osea sposerà una donna adultera, a indicare a Samaria la sua infedeltà a Dio, la sua prostituzione a dei stranieri (Osea 3).
Il Signore mi disse: “Va’ ancora, ama la tua donna: è amata dal marito ed è adultera, come il Signore ama i figli d’Israele ed essi si rivolgono ad altri dèi.
– Paolo di Tarso e la follia della croce.
Ma sarà con Paolo di Tarso, soprattutto nella Prima Lettera ai Corinzi, che la follia nel Signore trova una esplicita e forte esposizione.
Ritengo infatti che Dio abbia messo noi, gli apostoli, all’ultimo posto, come condannati a morte, poiché siamo dati in spettacolo al mondo, agli angeli e agli uomini. Noi stolti a causa di Cristo, voi sapienti in Cristo; noi deboli, voi forti; voi onorati, noi disprezzati. Fino a questo momento soffriamo la fame, la sete, la nudità, veniamo percossi, andiamo vagando di luogo in luogo, ci affatichiamo lavorando con le nostre mani. Insultati, benediciamo; perseguitati, sopportiamo; calunniati, confortiamo; siamo diventati come la spazzatura del mondo, il rifiuto di tutti, fino ad oggi. [1 Cor 4.9-13]
L’apostolo delle genti è molto chiaro quando ci mette di fronte concretamente a cosa annunciano i Cristiani: la Croce e la Risurrezione!
La parola della croce infatti è stoltezza per quelli che si perdono, ma per quelli che si salvano, ossia per noi, è potenza di Dio. Sta scritto infatti:
Distruggerò la sapienza dei sapienti
e annullerò l’intelligenza degli intelligenti. (cf Is 29,14)Dov’è il sapiente? Dov’è il dotto? Dov’è il sottile ragionatore di questo mondo? Dio non ha forse dimostrato stolta la sapienza del mondo? Poiché infatti, nel disegno sapiente di Dio, il mondo, con tutta la sua sapienza, non ha conosciuto Dio, è piaciuto a Dio salvare i credenti con la stoltezza della predicazione. [1 Cor 1, 18-20]
La Croce è scandalo per i Giudei e stoltezza per i pagani. Agli occhi del mondo, il credente è uno stolto, un folle.
Mentre i Giudei chiedono segni e i Greci cercano sapienza, noi invece annunciamo Cristo crocifisso: scandalo per i Giudei e stoltezza per i pagani; ma per coloro che sono chiamati, sia Giudei che Greci, Cristo è potenza di Dio e sapienza di Dio. Infatti ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini. Considerate infatti la vostra chiamata, fratelli: non ci sono fra voi molti sapienti dal punto di vista umano, né molti potenti, né molti nobili.
Ma quello che è stolto per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i sapienti; quello che è debole per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i forti; quello che è ignobile e disprezzato per il mondo, quello che è nulla, Dio lo ha scelto per ridurre al nulla le cose che sono, perché nessuno possa vantarsi di fronte a Dio. Grazie a lui voi siete in Cristo Gesù, il quale per noi è diventato sapienza per opera di Dio, giustizia, santificazione e redenzione, perché, come sta scritto, chi si vanta, si vanti nel Signore. [1Cor 1,22-31]
Quello che è stolto per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i sapienti e – conclude Paolo, attingendo a Geremia 9,22-23 – chi si vanta si vanti nel Signore. Lo stesso concetto Paolo lo ribadisce nella lettera ai Galati, affermando di non avere altro vanto, altra gloria, se non nella croce di Cristo.
Quanto a me invece non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo, per mezzo della quale il mondo per me è stato crocifisso, come io per il mondo. [Gal 6,14]
Anche parlare di Risurrezione appare stolto ai dotti dell’Areopago di Atene. Gli epicurei e gli stoici ascoltavano volentieri Paolo. Ma …
Quando sentirono parlare di risurrezione dei morti, alcuni lo deridevano, altri dicevano: “Su questo ti sentiremo un’altra volta”. [Cf At 17,18-33]
E del resto – dice ancora Paolo – se non ci fosse Risurrezione stolta e vana sarebbe la nostra fede:
Ma se Cristo non è risorto, vuota allora è la nostra predicazione, vuota anche la vostra fede. [1 Cor 15,14]
Stoltezza è annunciare la Croce e la Risurrezione come via di Salvezza. Ma è la Croce soprattutto che diventa per noi motivo di derisione e denuncia di stoltezza. La Risurrezione infatti la possiamo annunciare, ma non fisicamente mostrare, se non nella luce del nostro volto e nel fuoco della nostra vita. La Croce invece la portiamo al collo, l’appendiamo ai muri, la dipingiamo, la segniamo sul nostro corpo nel Segno della Croce… Noi quotidianamente mostriamo Gesù Crocifisso e annunciamo la sua Risurrezione.
– il salmo 33 e la follia per il Signore.
Mi ha sempre affascinato come la tradizione monastica e patristica legga il secondo versetto del salmo 33. “Io mi glorio nel Signore” viene letto con “io sono folle per il Signore”.
Non è solo e non è tanto un vanto per noi quello in cui crediamo… ma una follia. Siamo folli, malati d’amore, come dice la sposa nel Cantico dei Cantici:
Sostenetemi con focacce d’uva passa,
rinfrancatemi con mele,
perché io sono malata d’amore. [Ct 2,5]
– gli jurodivij e la follia nel Signore.
Il tema della follia per/nel Signore ci porta a ricordare una figura tipica della storia religiosa soprattutto russa, gli Jurodivye, entrata anche nella produzione artistica, come ad esempio nel Boris Godunov di Musorgskij.
Lo Jurodivyj, quindi, il Folle di Dio, (da ourod’ / jurod’ che significa scemo, stolto, pazzo) appare sporco, mezzo nudo, dallo sguardo spesso incantato, sperso, o delirante. Girovaga mendicante per le piazze, si accovaccia davanti alla porta di una chiesa, ripetendo cantilene che risultano per lo più senza senso.
Per questa caratteristica di ripetere sempre una piccola frase come un ritornello, Isidoro di Rostov (… – 1474) veniva chiamato tverdislov, costante di parola. Oltre questo aspetto esteriore, più in profondità, il soprannome rivela l’attaccamento costante del santo alla Parola.
Di fronte allo Jurodivyj il popolo si diverte, i bambini lo scherniscono facendogli dispetti… ma tutti temono la sua parola. Perfino lo zar lo teme, e non osa infierire su di lui, rispettandolo e riconoscendolo come investito dello Spirito divino.
Ci viene in mente Erode che non voleva uccidere Giovanni Battista, anzi, amava ascoltarlo, anche se la sua parola incideva come una accusa nel suo cuore.
Lo Jurodivyj Khrista radi, folle in Cristo e per Cristo, affiora in Russia provenendo dal mondo greco bizantino, nella seconda metà del secolo XV.
Molti di questi folli in Cristo sono stati ritenuti santi e la loro persona, in vita o più spesso dopo la morte, è stata coronata da miracoli. Il primo folle in Cristo venerato come santo dalla Chiesa ortodossa russa è Isaakij Pečerskij (Isacco di Pechersk) (… – 1090) – ritratto in un affresco da V. Vaznecov (1848-1926) nel duomo dedicato a Vladimir a Kiev
Gli Jurodivye ebbero una grande fioritura nel periodo di Ivan il Terribile, ancor più sotto il regno di suo figlio Fëdor (1557-1598) e per tutto il XVII secolo fino a una decadenza, caratterizzata da figure di imbroglioni e sfruttatori che assumevano il “costume” del folle in Cristo per altri scopi. Con lo zar Pietro il Grande la legge arriva a punire con la tortura e la prigione queste figure. Ma autentici folli in Cristo continuano ad aggirarsi in povertà e innocenza fino a conoscere momenti di rifioritura culminanti in nuove figure di santi, come ad esempio – al femminile – la beata Ksenia di Pietroburgo (XVIII secolo) canonizzata dalla Chiesa ortodossa nel 1988.
Tutti i santi – osserva l’amica Paola – a ben vedere in questo senso sono folli. Lo sono agli occhi del mondo. Questa follia-santità, osserva Francesca, non consiste però tanto nel fare cose straordinarie, ma nell’andare oltre il senso comune. Perché c’è un senso “altro”! Antonella porta un esempio, tanto semplice quanto difficile. Pensiamo all’invito di Gesù a porgere l’altra guancia. E ogni Cristiano allora è chiamato a questa follia, a fidarsi ciecamente di Dio. E le opere che noi contempliamo nei santi, continua Paola, non sono umane. Vengono da Dio.
* assi erette
I santi sono allora come shittim, assi erette, che realizzano nella propria vita la chiamata dell’uomo ad unire la terra e il cielo. Folli in Cristo e per Cristo, a immagine di Gesù in croce, asse eretta a unire Cielo e Terra, pietra angolare che fa delle due realtà una sola.
La croce e il tempio, che – come più volte abbiamo considerato – è costruito a forma di crocifisso… Il tempio del creato trova in Cristo la sua pietra angolare, il suo crocifisso sospeso ad abbracciare il cielo e il cosmo. Così anche noi, edificati in lui come pietre vive, siamo shittìm, assi di acacia, folli d’amore eretti tra cielo e terra. Lo sono i profeti, lo sono i 12 apostoli, lo sono i 4 evangelisti, lo siamo tutti noi abbracciati in uno in questo corpo e tempio di Cristo immolato:
Cosa possono significare le basi d’argento delle assi, se non l’ordine dei profeti? Essi furono i primi a parlare apertamente dell’incarnazione del Signore. Furono come basi, e li vediamo sorgere dalle fondamenta e sostenere il peso della struttura costruita su di loro. Così quando il Signore invitò Mosè a costruire le assi del tabernacolo, Mosè le fece porre sulle loro basi d’argento dagli operai.
E che cosa significano le assi se non gli apostoli, che erano sparsi per il mondo al fine di fare la loro predicazione?
Cosa significano le basi d’argento se non i profeti? Sono solide, di metallo fuso e sostengono le assi poggiate su di esse.
Le vite degli apostoli sono guidate dalla loro autorità. (…)
Il tabernacolo è una prefigurazione della Chiesa. Così Dio dice a Mosè che le basi delle quattro colonne poste sotto di esse devono essere d’argento. Cosa significa l’argento se non la chiarezza della parola divina? La Scrittura dice: le parole del Signore sono parole pure, argento purificato dal fuoco, ripulito dalla terra (Sal 12,6). Le basi sono rivestite d’argento e tengono sulle quattro colonne del tabernacolo, come i predicatori della Chiesa sono adorni di divina eloquenza. Forniscono un esempio in ogni senso; hanno le parole dei quattro evangelisti sulle loro labbra e nelle loro azioni. [Paterio]
Costruirai la Dimora secondo la disposizione che ti è stata mostrata sul monte.