In ascolto di Esodo

Il Mishkan (la dimora) – prima parte

In ascolto di Esodo (Es 26,1-14).

a cura di Gianmartino Durighello e Piccoli amici di Maria Maddalena  del Gruppo Esodo

Carissimi, ricordiamo come all’inizio del precedente capitolo (Es 25, 1ss) Dio aveva cominciato a dare a Mosè le istruzioni per la costruzione del Santuario e i suoi arredi, ordinando di raccogliere a tal fine un contributo da tutto il popolo. Egli stesso avrebbe dato il modello:

 Essi mi faranno un santuario e io abiterò in mezzo a loro. Eseguirete ogni cosa secondo quanto ti mostrerò, secondo il modello della Dimora e il modello di tutti i suoi arredi. [Es 25,8-9]

[Cfr. Secondo quanto ti mostrerò in Psallite!]

Ecco che ora Dio dà a Mosè la descrizione «in dettaglio» per la costruzione della Dimora. Troveremo nell’ordine le indicazioni per:

– La dimora (cap 26,1-14)
– Il legname – l’armatura della dimora (26,15-30)
– Il velo (26,31-37) di separazione tra il Santo e il Santo dei Santi

* Il dettaglio. L’amore dell’esule per il tempio.  Il testo potrà apparire a noi oggi pesante, e potremmo annoiarci nell’ascoltare numeri e numeri e ancora numeri… Per accogliere e gustare questa parola dobbiamo vivere gli stessi sentimenti di amore e di nostalgia del redattore biblico.

Anche in questo caso infatti il racconto è una retrodatazione. Il redattore biblico nel tempo del suo esilio coltiva l’amore e il ricordo del tempio di Gerusalemme, in seguito alla deportazione in Babilonia. Immaginiamo davvero allora con quanto amore l’esule ricordi il tempio e desideri-aneli ritornare e ricostruire e abitare il tempio in Gerusalemme.

Comprendiamo così l’amore per il dettaglio (!), e la minuziosa descrizione di questa Parola, secondo il modello mostrato da JHWH. E facciamo nostro, applicando a noi, oggi, nell’esodo della storia, il desidero di coltivare questo amore per il tempio. Un amore fino… al dettaglio.

Questa parola allora ci aiuta a:

– prendere coscienza del tempio che siamo noi pellegrini sulla terra, come tenda instabile, portatile, in cammino, in esodo, in esilio;
– allo stesso tempo, coltivando in noi l’amore e la nostalgia dell’esule, crescere nel desiderio della dimora stabile, nella Gerusalemme celeste.

In quanto costruzione visibile, la chiesa-edificio è segno della Chiesa pellegrina sulla terra e immagine della Chiesa già beata nel cielo. [Ordo dedicationis ecclesiae]

Quanto alla Dimora, la farai con dieci teli di bisso ritorto, di porpora viola, di porpora rossa e di scarlatto. Vi farai figure di cherubini, lavoro d’artista. 2La lunghezza di un telo sarà di ventotto cubiti; la larghezza di quattro cubiti per un telo; la stessa dimensione per tutti i teli. 3Cinque teli saranno uniti l’uno all’altro e anche gli altri cinque saranno uniti l’uno all’altro. 4Farai cordoni di porpora viola sull’orlo del primo telo all’estremità della sutura; così farai sull’orlo del telo estremo nella seconda sutura. 5Farai cinquanta cordoni al primo telo e farai cinquanta cordoni all’estremità della seconda sutura: i cordoni corrisponderanno l’uno all’altro. 6Farai cinquanta fibbie d’oro e unirai i teli l’uno all’altro mediante le fibbie, così la Dimora formerà un tutto unico.
7Farai poi teli di pelo di capra per la tenda sopra la Dimora. Ne farai undici teli. 8La lunghezza di un telo sarà di trenta cubiti; la larghezza di quattro cubiti per un telo; la stessa dimensione per gli undici teli. 9Unirai insieme cinque teli da una parte e sei teli dall’altra. Piegherai in due il sesto telo sulla parte anteriore della tenda. 10Farai cinquanta cordoni sull’orlo del primo telo, che è all’estremità della sutura, e cinquanta cordoni sull’orlo del telo della seconda sutura. 11Farai cinquanta fibbie di bronzo, introdurrai le fibbie nei cordoni e unirai insieme la tenda; così essa formerà un tutto unico.
12La parte che pende in eccedenza nei teli della tenda, la metà cioè di un telo che sopravanza, penderà sulla parte posteriore della Dimora. 13Il cubito in eccedenza da una parte, come il cubito in eccedenza dall’altra parte, nel senso della lunghezza dei teli della tenda, ricadranno sui due lati della Dimora, per coprirla da una parte e dall’altra.
14Farai per la tenda una copertura di pelli di montone tinte di rosso e al di sopra una copertura di pelli di tasso.

* La struttura essenziale della dimora. Ricordiamo che il termine mishkan deriva dalla radice verbale shkn, ch significa abitare, dimorare, da cui anche essere vicino, presente. Dalla stessa radice verbale nasce anche Shekinah, la gloria, la presenza di Dio.

La dimora, il miskhan, luogo della presenza e dell’incontro di Dio con noi, è quindi una struttura mobile per il trasporto nel cammino del deserto. Ma non dobbiamo cercare oltre misura di riprodurne l’immagine esatta. Proprio perché la descrizione è frutto dell’amore di un esule che guarda indietro al tempio di Gerusalemme, essa non può essere fedele a quella della dimora portatile del deserto. Il significato più vero non può essere quello “letterale”: dobbiamo cercare allora un significato più profondo, il significato spirituale. Sant’Agostino ci è di esempio quando confessa che a sforzarsi di illustrare la dimora del deserto si rischia di renderla ancora più oscura. È bene evitare allora di perdersi in vane discussioni. Dice ancora Agostino: melius est dubitare de occultis, quam litigare de incertis”. È meglio dubitare delle cose occulte, nascoste, piuttosto che contendere, litigare su quelle, che sono incerte.

È importante invece non staccarsi mai dalla Scrittura, non stupendosi delle difficoltà e a volte delle ambiguità che potremo trovare, ma cercando di coglierne l’insegnamento spirituale.

Non potremo fermarci su tutti i punti di questo dettagliato racconto, ma pur scegliendo alcuni particolari, sappiamo che in tutti vibra questo amore dell’esule per il tempio. E chiediamo allora il dono dello Spirito. Che sia Esso a guidarci: ci illumini e apra il nostro cuore all’ascolto della Sua Parola.

* Le 4 coperture. Il racconto descrive 4 diverse coperture. La prima, quella interna, la dimora vera e propria, è funzionale a contenere l’arca con le tavole della testimonianza, e deve quindi essere caratterizzata da «bellezza», ornata con ricami d’artista. La funzione delle altre coperture invece è legata piuttosto a necessità pratiche, come protezione, riparo dalle intemperie.

* La prima copertura. La dimora vera e propria è composta da 10 teli di 4 elementi: bisso, porpora viola, porpora rossa e scarlatto. Deve essere “bella”, lavoro d’artista, con ricamati dei cherubini. I 10 teli sono tenuti assieme da 50 fibbie d’oro, così che la Dimora, dice il racconto, formerà «un tutto unico».

– 10 teli
– 4 elementi
– 50 fibbie
– 1 un tutto unico

In alcuni precedenti ascolti abbiamo avuto modo di meditare sia sulla Dimora, che sul bisso, lino pregiato, come pure sui cherubini, unica immagine ammessa nella tenda, posti a protezione della tenda stessa. A queste meditazioni faremo rinvio per un richiamo e approfondimento.

Qui non possiamo non stupirci per quanto ci mostrano con forza ed immediatezza questi numeri: 10 come le Parole… 4 come gli elementi naturali… 50 come i giorni dalla Pasqua (Egitto) alla Pentecoste (Sinai). Un tutto unico!

* 10 teli di bisso – 4 tipi di tessuto. Riguardo al bisso, tessuto prezioso, (cfr. Tutto quello che aveva in Psallite) ricordiamo solo che la Gerusalemme celeste descritta in Apocalisse, che scende dal cielo come una sposa, è adornata di bisso, un lino pregiato (cfr Ap 28,6-8). Il passo di Apocalisse conclude con un versetto che ci svela come nella descrizione simbolica della Gerusalemme celeste le vesti di lino sono le opere di carità: la veste di lino sono le opere giuste dei santi. Le vesti di bisso/lino quindi sono le opere di giustizia, ossia di misericordia, carità. Il nostro cuore è vero tempio e dimora quando si riveste del lino prezioso della carità.

La tenda, lo ricordiamo, continua la funzione del Sinai. L’incontro tra Dio e l’uomo sul Sinai è a sua volta rinnovo del primo incontro nel giardino dell’Eden. La Dimora continua quindi a celebrare questa Presenza e questo Incontro; continua la funzione e l’esperienza del giardino originario e del monte. Per questo è comandata ed eretta, per contenere l’arca con le tavole dell’Alleanza e accompagnare l’esilio-esodo di Adamo, di Mosè, del popolo di Israele e nostro.

I teli della tenda dovranno quindi essere 10 come le Parole che Dio ha donato sul monte, Parole e pane di vita per il suo popolo. 10 come anche, nella tradizione rabbinica, i comandi con cui Dio creò il mondo:

Le 10 tende del tabernacolo simboleggiano i 10 comandi con cui Dio creò il mondo. [Or Hakhayim]

Contempliamo ancora come la tenda-il tempio siano l’immagine in terra dei cieli (i 10 cieli nella cosmogonia ebraica sono anch’essi organizzati in 3 + 7, come le Parole dell’Alleanza).

Il Talmud riporta i nomi dei 7+3 cieli:

  1. Vilon

Egli siede sopra la volta del mondo,
da dove gli abitanti sembrano cavallette.
Egli stende il cielo come un velo,
lo dispiega come una tenda dove abitare [Is 40,22]

  1. Raki’a

Dio le (=le due fonti di luce, il sole e la luna) pose nel firmamento (raki’a) del cielo per illuminare la terra. [Gen 1,17]

  1. Shehaqim

Diede ordine alle nubi (shehaqim) dall’alto
e aprì le porte del cielo [Sal 77(78),23]

  1. Zebul

Guarda dal cielo e osserva
dalla tua dimora (zebul) santa e gloriosa.
Dove sono il tuo zelo e la tua potenza,
il fremito delle tue viscere
e la tua misericordia? [Is 63,15]

  1. Ma’on

Volgi lo sguardo dalla dimora (ma’on) della tua santità, dal cielo, e benedici il tuo popolo Israele e il paese che ci hai dato come hai giurato ai nostri padri, terra dove scorrono latte e miele!. [Dt 26,15]

  1. Machon

Tu ascoltala (=questa preghiera) nel cielo, luogo (machon) della tua dimora, perdona, agisci e da’ a ciascuno secondo la sua condotta, tu che conosci il suo cuore, poiché solo tu conosci il cuore di tutti gli uomini. [1Re 8,39]

  1. Arboth, il Trono di Dio con i Serafini e i suoi angeli

Quindi i 3 cieli superiori:

  1. Binah
  2. Chokmah
  3. Keter

La mistica cabalistica svilupperà l’albero delle 10 sefirot, termine che può significare “numeri”, ma che prima ancora si riallaccia alla radice sèfer (rotolo, libro). Ricordiamo – come abbiamo più volte considerato – che nel salmo 18 il versetto I cieli narrano… letteralmente è i cieli srotolano.

Le Sefiròt sono emanate dall’interno di En Sof, l’Uno senza fine che «è, era e sarà». Non possiamo ora soffermarci su questo argomento. Lo accogliamo per quanto ci può essere utile nella nostra meditazione riportando l’elenco delle 10 sefirot, secondo un ordine classico, inverso a quello sovra descritto… dall’alto al basso. L’albero è un albero rovesciato.

En Sof

10 –  Keter ( la Corona; כתר)

9 – Chokmah (Saggezza; חכמה)

8 – Binah (Comprensione, Intelligenza; בינה)

7 – Chessed o Ghedullah (L’Amore o Misericordia; חסד)

6 – Ghevurah o Din (Potenza o Giustizia; גבורה)

5 – Tiferet (Bellezza; תפארת)

4 – Netzach (Trionfo, Vittoria; נצח)

3 – Hod (Maestà o Splendore, La Lode, il Ringraziamento; הוד)

2 – Yessod (Fondamento; יסוד)

1 – Malkhuth (Il Regno, la Shekinah, la Presenza immanente; מלכות)

L’albero delle Sefirot è quest’albero rovesciato che deve mettere le sue radici sulla terra, come bene è rappresentato in questa incisione di P. Ricius (1516): un saggio tiene con una mano l’albero delle Sefirot, mentre con l’altra indica la terra dove quest’albero dovrà essere piantato e mettere radici.

Ricordo sempre con entusiasmo ed affetto quando l’amico Federico per primo mi introdusse all’interesse e all’amore per questo argomento, facendomi omaggio di un suo disegno che rappresenta i cieli concentrici e le sefirot e facendomi notare come i nomi delle 10 sefirot siano attinti dalla preghiera di Davide riportata nel libro delle Cronache:

 

Tua, Signore, è la grandezza, (ghedullah)
la potenza, (gevurah), lo splendore, (bellezza=tiferet),
la gloria (vittoria=netzach) e la maestà (hod):
perché tutto (kol, yessod), nei cieli e sulla terra, è tuo.
Tuo è il regno (malkuth), Signore:
ti innalzi sovrano sopra ogni cosa.
[Tu sei Colui che si erge come testa (la triplice testa) sopra tutto]
(keter, binah, chokmah)
[1 Cr 29,11]

Questa visione passerà nella cosmogonia cristiana medioevale. Pensiamo alla struttura del paradiso nella Divina Commedia di Dante. Oltre il 7° cielo troviamo l’8° cielo, le Stelle fisse (il trionfo di Cristo e di Maria), il 9° cielo, il Primo Mobile (il trionfo degli angeli) quindi l’Empireo.

Ricordiamo ancora una volta la profonda relazione che c’è tra Cielo, Parola e Tempio. E ancora il Salmo 18 (purtroppo – nella preghiera del Breviario romano – distribuito in due diversi giorni) che unisce splendidamente in un unico canto il tema dei cieli (I cieli narrano la gloria di Dio) e della Parola (La Legge del Signore è perfetta…). (Cfr. Mosè andò a riferire al popolo, in Psallite!)

Ammiriamo come l’antico tempio fosse all’esterno figura del mondo. [Pietro Damasceno]

* La lunghezza di un telo sarà di ventotto cubiti; la larghezza di quattro cubiti per un telo; la stessa dimensione per tutti i teli. 

Ci viene in mente il celebre episodio narrato nel primo Libro di Samuele (cfr 1Sam 7,1-29). Re Davide, considerando che egli abita una casa di cedro, mentre l’arca di Dio sta ancora sotto i teli di una tenda, medita di costruire una casa per il Signore. Esprime il suo proposito al profeta Natan il quale, in un primo momento, approva l’intenzione di Davide e gli dà il suo incoraggiamento:

Il re, quando si fu stabilito nella sua casa, e il Signore gli ebbe dato riposo da tutti i suoi nemici all’intorno, 2disse al profeta Natan: “Vedi, io abito in una casa di cedro, mentre l’arca di Dio sta sotto i teli di una tenda”. 3Natan rispose al re: “Va’, fa’ quanto hai in cuor tuo, perché il Signore è con te”.

Ma il Signore si rivolge al profeta Natan perché riferisca a Davide: forse tu mi costruirai una casa? Io (!) ti edificherò una casa-generazione, stabile per sempre:

4Ma quella stessa notte fu rivolta a Natan questa parola del Signore: 5“Va’ e di’ al mio servo Davide: Così dice il Signore: “Forse tu mi costruirai una casa, perché io vi abiti? 6Io infatti non ho abitato in una casa da quando ho fatto salire Israele dall’Egitto fino ad oggi; sono andato vagando sotto una tenda, in un padiglione. (…)
8Ora dunque dirai al mio servo Davide: Così dice il Signore degli eserciti: “Io ti ho preso dal pascolo, mentre seguivi il gregge, perché tu fossi capo del mio popolo Israele. 9Sono stato con te dovunque sei andato, ho distrutto tutti i tuoi nemici davanti a te e renderò il tuo nome grande come quello dei grandi che sono sulla terra. (…)
Il Signore ti annuncia che farà a te una casa. (…)  16La tua casa e il tuo regno saranno saldi per sempre davanti a te, il tuo trono sarà reso stabile per sempre”.

Allora Davide prende coscienza della grandezza del Dio dei suoi padri, di quanto ha fatto in magnificenza nella storia del suo popolo, di quanto fa oggi alla sua casa e di quanto farà, in eterno:

27Poiché tu, Signore degli eserciti, Dio d’Israele, hai rivelato questo al tuo servo e gli hai detto: “Io ti edificherò una casa!”. Perciò il tuo servo ha trovato l’ardire di rivolgerti questa preghiera. 28Ora, Signore Dio, tu sei Dio, le tue parole sono verità. Hai fatto al tuo servo queste belle promesse. 29Dégnati dunque di benedire ora la casa del tuo servo, perché sia sempre dinanzi a te! Poiché tu, Signore Dio, hai parlato e per la tua benedizione la casa del tuo servo è benedetta per sempre!”.

È Dio quindi, non l’uomo, che costruirà una casa-tempio; e questa casa-tempio non è tanto una costruzione di pietre, ma una generazione, un popolo.

Ma ancora Dio dice a Davide un’altra cosa stupenda: Egli è un Dio vagante, che è sempre con noi, che abita in una tenda!

L’episodio che abbiamo appena richiamato dal primo di libro di Samuele – che trova il parallelo in 1 Cronache 17,1ss – apre a una prospettiva messianica.

Ed anche il Messia, il Cristo, Gesù di Nazareth per i cristiani, vive il suo esodo in una tenda, e sacramentalmente si fa Dio-con-noi sull’altare e nella tenda-tabernacolo. Anche i Cristiani benedicono il Signore per il dono di questa casa-discendenza e, come Davide, vogliono impegnarsi ogni giorno a restaurare la Sua casa. Ci viene in mente Francesco d’Assisi e la chiesetta di san Damiano. Sarà proprio Gesù crocifisso, che Francesco stava contemplando, a parlare al santo e dirgli: va’, ripara la mia casa, che è tutta in rovina.

Era già del tutto mutato nel cuore e prossimo a divenirlo anche nel corpo, quando, un giorno, [Francesco] passò accanto alla chiesa di San Damiano, quasi in rovina e abbandonata da tutti. Condotto dallo Spirito, entra a pregare, si prostra supplice e devoto davanti al Crocifisso e, toccato in modo straoridinario dalla grazia divina, si ritrova totalmente cambiato. Mentre egli è così profondamente commosso, all’improvviso – cosa da sempre inaudita! (Gv 9,32) – l’immagine di Cristo crocifisso dal dipinto gli parla, movendo le labbra. «Francesco, – gli dice chiamandolo per nome (Cfr Is 40,26) – va’, ripara la mia casa che, come vedi, è tutta in rovina». [Tommaso da Celano]

Per Mosè, per Davide, e così per Francesco come per tutti noi… c’è sempre un significato più profondo, che va oltre il senso letterale. La casa è la generazione, è la chiesa di pietre vive, il popolo di Dio, il tempio che siamo noi, riconciliati in Unum nel corpo-tempio di Cristo.  E come per Mosè, come per Davide e Francesco… ci sentiamo piccoli e diciamo: chi sono io? Possiamo allora sentire la voce di Dio che ci dice: Non tu, ma Io (!) ti edificherò una casa.

E come sempre, fin dai giorni della creazione, Dio ci chiama a collaborare a costruire questa Sua-nostra casa.

Il Signore Dio prese l’uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse. [2,15]

* la casa – generazione.

Come anche nel nostro linguaggio, così nella lingua ebraica la parola “casa” può indicare anche “la famiglia”, il “casato”: la casa di Israele. Vorremmo fermarci a considerare la profondità di contenuto che ha in ebraico la parola casa, bait.

בית

La parola bait è composta da tre lettere:

ב la prima lettera è la Beth. La Beth (dopo la Aleph, puro respiro) è di fatto la prima vera lettera dell’alfabeto ebraico. Ha il valore numerico di 2 e simbolizza appunto la casa. è disegnata come una casa-tenda aperta verso sinistra cioè verso le rimanenti lettere dell’alfabeto (ricordiamo che l’ebraico si legge da destra a sinistra).

ת  la terza lettera è la Tau, ultima lettera dell’alfabeto, ha valore numerico di 400 e simbolizza la croce. Nell’alfabeto ebraico arcaico era disegnata proprio come una piccola croce. Pensiamo: la Beth, la casa, preceduta solo dal soffio generatore dell’Aleph, è aperta a sinistra verso tutte le altre lettere dell’alfabeto fino a compiersi nella croce.

י  ma al centro, in mezzo tra Beth e Tau c’è la lettera Yod. La Yod (corrispondente alla greca iota) è la più piccola lettera dell’alfabeto. Ricordiamo Gesù quando dice che neppure una iota della Legge… è la più piccola, ma di grande importanza. È anche la prima lettera del nome santo Yhwh rivelato da Dio a Mosè nel fuoco del roveto. Simbolizza quindi il nome di Dio. Simbolizza anche la mano ed ha il valore numerico di 10, come le Parole donate sul Sinai. Questa casa, famiglia, popolo deve essere quindi abitata dalla Parola! In essa deve risuonare il nome santo di Dio, e il suo compimento è il legno della croce.

Nel nostro incontro del Gruppo Esodo, l’amica Flavia ha osservato come il tratto principale delle lettere Beth e Tau sia identico. La Beth sembra proprio una tenda aperta, una tenda dei nomadi del deserto, mentre la Tau è una tenda chiusa, stabile. La Yod (il Nome di Dio, la sua Parola) riempie questa casa e questo cammino dalla  Beth (tenda aperta, instabile) alla Tau (la casa chiusa, definitiva). Così – continua Paola – le lettere della parola “casa” racchiudono l’essenza stessa del libro dell’Esodo e della vita di ciascuno di noi.

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