XXXI Domenica del Tempo Ordinario/C
di Massimo Palombella
Il Vangelo di oggi (Lc 19, 1-10) ci narra l’interessante vicenda di Zaccheo, capo dei pubblicani e ricco, che sale su un albero per riuscire a vedere Gesù.
In Zaccheo, in qualche modo, c’è ognuno di noi. Infatti, tutti noi, come Zaccheo, siamo saliti su un albero. Ci ha fatto salire il matrimonio, i figli che abbiamo avuto, le scelte importanti della nostra vita, (istanze che ci pongono con una identità pubblica e in qualche modo ci compromettono). Ci ha fatto salire l’educazione ricevuta, le esperienze della vita, il lavoro fatto per tanti anni, il bisogno di pace, stabilità e sicurezza. Oggi “l’albero” è il mio mondo, le mie convinzioni, le mie abitudini, è quella sorta di “stabilità” conquistata dalla quale posso guardare quello che c’è intorno. Sopra l’albero ogni cosa è apparentemente collocata, vi è una risposta per tutto, ci sono dei riti da compiere, c’è una “meccanicità” della vita che mi pone in una sorta di tranquillità. C’è un ethos, un codice implicito – ma ben chiaro – che regola la mia vita, le mie relazioni, e anche, senza che me ne renda conto, il mio orizzonte.
È stato importante salire sull’albero, ha compromesso la mia vita, ha segnato anni di fatica e fedeltà, mi ha motivato, ha dato un senso alla mia vita. Ma in tutto questo “l’albero” potrebbe rischiare di divenire la mia prigione, la mia pesante “zavorra”.
Come Zaccheo ognuno di noi è chiamato a scendere dall’albero. “Scendere” dall’albero è un’azione che mi toglie dal luogo nel quale sono nascosto in un apparente pace, in un equilibrio che è sempre da vigilare dove lo spazio è piccolo e sono costretto ad essere “rannicchiato”, in difesa, e dove le mie migliori energie rischiano di essere impegnate per non perdere quel “piccolo” luogo che rischia di illudermi di vivere, di essere felice. Quel luogo che rischia di costringermi ad essere rannicchiato anziché in piedi, preoccupato e pronto a difendermi invece di vivere; quel luogo dal quale rischio di guardare da spettatore esterno la realtà, ma, in fondo, non vivere da protagonista la vita.
Gesù dice ad ognuno di noi, come a Zaccheo, “Scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua”, lascia le tue apparenti sicurezze, lasciami entrare nella tua casa per fare nuova la tua vita, per curare le tue ferite, per amarti come davvero hai bisogno di essere amato.
L’antifona di Comunione della Celebrazione odierna è tratta dal Salmo 15 (Sal 15, 11) con il seguente testo:
“Notas mihi fecisti vias vitæ,
adimplebis me lætítia cum vultu tuo, Domine.”
(Mi hai fatto conoscere le vie della vita;
mi riempirai di gioia col tuo volto, Signore).
La musica allegata, in Canto Gregoriano, è tratta dal Graduale Triplex pubblicato a Solesmes nel 1979. La traccia musicale si trova su YouTube dove non sono presenti indicazioni circa l’interpretazione.
Buon domenica e un caro saluto.