XXVI Domenica del Tempo Ordinario/C
di Massimo Palombella
Nel Vangelo di oggi (Lc 16, 19-31) Gesù racconta ai farisei la parabola dell’uomo ricco e del povero di nome Lazzaro.
Sarebbe semplice, ingenuo e anche, in qualche modo, “sciocco” identificare la ricchezza e la povertà di cui parla Gesù con qualcosa semplicemente d’ordine economico.
Il discorso di Gesù è molto più profondo ad iniziare dal fatto che l’uomo “ricco” non ha un nome, mentre il “povero” si chiama Lazzaro. La ricchezza stigmatizzata da Gesù si può identificare in quell’atteggiamento dove noi ricerchiamo la nostra identità, la nostra sicurezza, il nostro valore in cose fuori da noi (e in questo senso, anche chi è povero economicamente può fare della propria povertà la sua ricchezza…).
Se questo atteggiamento diviene habitus lentamente, e in modo impercettibile, perdiamo la nostra identità fino ad arrivare al punto di non avere più un nome, di non essere più in grado di riconoscerci ed essere riconosciuti per quello che in verità dovremmo essere.
La ricchezza di cose vacue, esterne a noi, a lunga gettata ci umilia, ci rende incapaci di percezione della realtà, consuma la nostra identità facendoci smarrire le cose più importanti della nostra vita.
Il Signore ci attende proprio nella sottile tentazione di essere falsamente “ricchi”, di cercare stabilità e sicurezza in cose che passano, di fondare il nostro valore su cose esterne a noi, come i maestri con i quali abbiamo studiato, i prestigiosi centri di cultura nei quali ci siamo formati, le responsabilità che abbiamo avuto. La vera sfida è trovare in noi la nostra vera ricchezza, ed è proprio qui che il Signore ci attende per trasformare ciò che noi riteniamo “povertà” nella nostra vera ricchezza.
L’antifona di Offertorio della Celebrazione odiena è tratta dal Salmo 136 (Sal 136, 1) con il seguente testo:
“Super flumina Babylonis,
illic sedimus et flevimus dum recordaremur tui, Sion.”
(Sui fiumi di Babilonia,
là sedevamo piangendo al ricordo di te, Sion).
La musica allegata, in Canto Gregoriano, è tratta dal Graduale Triplex pubblicato a Solesmes nel 1979. L’interpretazione è della Schola Hungarica diretta da Laszlo Dobszay. La traccia musicale è reperibile nel CD “The Offertory: Gregorian Chant And Palestrina” pubblicato da “Hungaroton” nel 2002.
Buona domenica e un caro saluto.