XVII Domenica del Tempo Ordinario/C
di Massimo Palombella
Nel Vangelo di oggi (Lc 11, 1-13) i discepoli di Gesù gli chiedono di insegnare loro a pregare.
La domanda dei discepoli di Gesù dovrebbe essere anche la nostra perché, curiosamente, imparare davvero a pregare significa avviare un sano processo che ci porta sempre di più a vivere nella realtà. Infatti, chiedere al Signore che il suo regno si attui nella mia vita, che la sua volontà divenga il solo criterio del mio decidere, impegnarmi a perdonare e dunque ad avere relazioni vere e reali, tutto ciò altro non è che affrontare la realtà, imparare a discernere le cose che devo cambiare e quelle che devo accettare, esercitarmi nel “discernimento” autonomo rinunciando alla facilità che qualcun’altro mi indichi cosa fare per cercare davvero il Signore e la verità della mia vita.
In sostanza imparare a pregare significa passare dall’essere bambini all’essere sanamente adulti, assumendosi le proprie responsabilità, operando le necessarie separazioni, imparando a conoscere le proprie debolezze.
Imparare a pregare è compiere un lento passaggio da un “dio” inventato per stare bene, per avere puntuali risposte e al quale bruciare un po’ di incenso per assicurarsi che tutto vada bene, a un Dio reale da cercare, con il quale interloquire da adulti, al quale affidare la propria vita, le proprie preoccupazioni, al quale “consegnare” tutto in una vitale relazione di fiducia.
L’antifona di Offertorio di oggi è tratta dal Salmo 29 (Sal 29,2-3) con il seguente testo:
“Exaltabo te, Domine, quoniam suscepisti me,
nec delectasti inimicos meos super me:
Domine clamavi ad te, et sanasti me.”
(Ti esalterò, Signore, perché mi hai accolto
e non hai fatto gioire i miei nemici su di me:
Signore, ho gridato a te e tu mi hai guarito.)
La musica allegata, in Canto Gregoriano, è tratta dal Graduale Triplex pubblicato a Solesmes nel 1979. L’interpretazione, dal vivo, è della Cappella Musicale Pontificia “Sistina” alla Celebrazione Papale dell’1 marzo 2017.
Buona domenica e un caro saluto.