Liturgia&Musica

II Domenica di Pasqua/C

di Massimo Palombella

Incredulità di san Tommaso, Michelangelo Merisi da Caravaggio (1600-1601)

La giornata odierna è anche chiamata “Domenica in Albis” (sottointeso “deponendis”) in quanto legata al rito del Battesimo (compiuto nella Veglia Pasquale). In esso i nuovi battezzati ricevono e indossano una veste bianca per tutta la settimana dell’Ottava di Pasqua, fino alla domenica successiva, detta perciò domenica in cui si depongono le vesti bianche.

Nel Vangelo di oggi (Gv 20, 19-31) è narrata la vicenda dell’Apostolo Tommaso e della sua necessità di una concreta verifica circa la presenza di Gesù: “Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo”.

Se, da un certo punto di vista, Tommaso può essere preso d’esempio come un uomo “concreto” che necessita giustamente di verifiche “empiriche”, più profondamente dobbiamo constatare che l’assolutizzazione di questa attitudine non rispecchia la realtà della vita. Infatti le cose più belle e grandi della nostra esistenza implicano necessariamente istanze che sono tutt’altro che “certe e sicure”: innamorarsi, sposarsi, avere dei figli, ampliare le proprie conoscenze, sperimentare, sognare progetti oltre gli schemi ricevuti da una educazione e oltre le aspettative di chi ci circonda…

In sostanza, la vera qualità della nostra vita è “oltre” il verificabile, il programmabile, il “certo e sicuro”, lo “stabilito”. Quando nella nostra vita personale perseguiamo impercettibilmente e in modo esclusivo il “certo e sicuro”, la stabilità, una certa formalità che ci mette al sicuro, in fondo non sogniamo più, non sperimentiamo più, non ci innamoriamo più, e, nell’illusione di vivere, investiamo le nostre migliori energie per costruirci una sorta di scatola dove “sopravvivere”.

Analogamente quando, in modo silenzioso, la Chiesa si preoccupa eccessivamente dei numeri delle persone, di quadrare i bilanci, di una esclusiva attenzione ai poveri senza alcuna architettura progettuale, questa Chiesa non sogna più, non progetta più, non investe più in cultura, cioè nel vero “gratuito” capace di nutrire la dignità di ogni persona e di rendere “plastica”, in quel preciso momento storico, la fede.

Se ci pensiamo la vera, profonda e sottile tentazione, sia personale che istituzionale, è quella di perdere la nozione di “inclusività” per scivolare in una comoda e sterile “esclusività”. Allora è vero e degno di attenzione solo ciò che è “verificabile” e tutto il resto non serve; ciò che conta sono le necessità immediate e il quadrare i bilanci il resto sono sciocchezze. In questa strada a lunga gettata non sogniamo più, non ci concediamo più il “gratuito”, non investiamo più in ciò che va oltre l’immediato e riduciamo la fede ad una misurabile ed esclusiva accezione empirica.

L’antifona di ingresso, l’Introito, della celebrazione odierna è tratto dalla Prima Lettera di Pietro (1 Pt 2, 2) con il seguente testo:
“Quasi modo geniti infantes, rationabile,
sine dolo lac concupiscite, ut in eo crescatis in salutem, alleluia.”

(Come bambini appena nati, alleluia,
come uomini spirituali bramate il latte vero, alleluia, alleluia, alleluia).

La musica allegata, in Canto Gregoriano, è tratta dal Graduale Triplex pubblicato a Solesmes nel 1979. L’interpretazione è del “Coro de Monjes de la Abadía San Pedro de Solesmes” diretto da Joseph Gajard. La traccia musicale è rintracciabile nel CD “Chant Gregorien: Misas del Tiempo Pascual” pubblicato nel 2014 da Homokord.

Buona domenica e un caro saluto.

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