In ascolto di Esodo

Secondo quanto ti mostrerò

In ascolto di Esodo [Es 25,1-9].

a cura di Gianmartino Durighello e del Gruppo Esodo

 

Il Signore parlò a Mosè dicendo: “Ordina agli Israeliti che raccolgano per me un contributo. Lo raccoglierete da chiunque sia generoso di cuore. Ed ecco che cosa raccoglierete da loro come contributo: oro, argento e bronzo, tessuti di porpora viola e rossa, di scarlatto, di bisso e di pelo di capra, pelle di montone tinta di rosso, pelle di tasso e legno di acacia, olio per l’illuminazione, balsami per l’olio dell’unzione e per l’incenso aromatico, pietre di ònice e pietre da incastonare nell’efod e nel pettorale. Essi mi faranno un santuario e io abiterò in mezzo a loro. Eseguirete ogni cosa secondo quanto ti mostrerò, secondo il modello della Dimora e il modello di tutti i suoi arredi.

Essi mi faranno un santuario e io abiterò in mezzo a loro. Eseguirete ogni cosa secondo quanto ti mostrerò.

 Incominciamo oggi – all’inizio del nuovo anno liturgico – l’ascolto del capitolo XXV di Esodo. Quando – con il gruppo di amici con il quale mensilmente ci ritroviamo attorno ad Esodo – abbiamo iniziato l’ascolto di questo capitolo, ricorreva la solennità del Sacro Cuore di Gesù. Mi commuove sempre come la Grazia ci soccorra, premurosa. Pensiamo: la Liturgia del Sacro Cuore di Gesù ci dona un inno, Cor arca legem continens (Cuore, arca contenente la legge), che ci porta a contemplare il Cuore di Cristo come la vera arca:

Cor arca legem continens
Non servitutis veteris
Sed gratiæ, sed veniæ,
sed et misericordiæ.

Cuore, arca contenente la legge,
non dell’antica servitù,
bensì di grazia, di perdono,
e di misericordia.

Iniziare l’ascolto di questo nuovo capitolo di Esodo alla luce della Liturgia del Sacro Cuore ci porta a contemplare come il cuore di Gesù sia quest’arca che ci accompagna nel nostro esodo. E il nostro cuore… secondo il suo modello: secondo quanto ti mostrerò.

Fac cor nostrum secundum Cor tuum, preghiamo nelle Litanie del Sacro Cuore. Nel cuore di Gesù ogni nostro cuore è chiamato a divenire arca, cioè ad accogliere e contenere la Parola (!), come profetizzò il Signore per bocca del profeta Geremia:

Ecco, verranno giorni – oracolo del Signore –, nei quali con la casa d’Israele e con la casa di Giuda concluderò un’alleanza nuova. Non sarà come l’alleanza che ho concluso con i loro padri, quando li presi per mano per farli uscire dalla terra d’Egitto, alleanza che essi hanno infranto, benché io fossi loro Signore. Oracolo del Signore. Questa sarà l’alleanza che concluderò con la casa d’Israele dopo quei giorni – oracolo del Signore –: porrò la mia legge dentro di loro, la scriverò sul loro cuore. Allora io sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo. [Gr 31,33]

Porrò la mia Legge dentro di loro, la scriverò sul loro cuore!

* l’intimo rapporto tra «Legge-Alleanza» e «Santuario-Culto»

Dopo tanto salire e dopo tanto attendere, quindi, Dio finalmente parla a Mosè. Ma… (e questo ci può stupire) ancora non gli dà le tavole della Legge, bensì le prescrizioni sulla costruzione del santuario, sui suoi ministri e sul suo servizio cultuale. E nel dare queste prescrizioni impiegherà non poco tempo.

Dio creò il mondo intero in 6 giorni, ma ne impiegò 40 per istruire Mosè a proposito del tabernacolo. Per descrivere la struttura del mondo bastò poco più di 1 capitolo, ma per illustrare quella del tabernacolo ne occorsero 6. [Hermann Witzsius, 1636-1708]

Perché Dio non dà subito le Leggi a Mosè? Quanto deve aspettare ancora il popolo per ricevere le promesse parole di vita? E ancora… che rapporto c’è allora tra Legge e Santuario? Tra Alleanza e Culto?

È importante avere una panoramica d’assieme dei prossimi capitoli, che costituiscono l’ultima parte del libro dell’Esodo.

25-31
Nei capitoli 25-31 Dio:
– dà a Mosè le istruzioni riguardanti la costruzione del Santuario, i suoi ministri e il servizio cultuale
– quindi rinnova la prescrizione sul riposo del Sabato
– e… finalmente, consegna a Mosè le tavole della Testimonianza.

32-34
Tra le prescrizioni e l’esecuzione dei lavori si colloca il famoso episodio del vitello d’oro: esperienza di apostasia e tradimento del popolo; ma soprattutto di perdono e rinnovo dell’Alleanza da parte di Dio.

35-40
Al termine della costruzione della Dimora, Dio prenderà possesso del suo Santuario, luogo della sua presenza con il suo popolo.
Qui termina il rotolo dell’Esodo.

* la tenda dell’incontro, l’arca e la dimora, il santuario-il tempio

Nel racconto, di prevalente tradizione sacerdotale, si fondono elementi antichi quali:

– la tenda del convegno-incontro
– l’arca e la dimora (il “santuario mobile” per il cammino nel deserto)

con elementi propri della storia successiva all’insediamento nella Terra promessa legati al Tempio di Gerusalemme e al suo culto.

Come già era avvenuto per il Codice dell’Alleanza, viene qui retro-proiettato al tempo di Mosè e all’esperienza del Sinai l’insieme delle norme che regoleranno il successivo culto del tempio di Gerusalemme e adattate al santuario “mobile” del cammino nel deserto. Il popolo di Israele, infatti, insediato nella Terra promessa, costruito il tempio di Gerusalemme, sentirà come fondamentale radicare il proprio culto e la propria stessa vita nell’esperienza del Sinai.

Il legame tra «Parola-Alleanza» e «Santuario-Culto» è evidenziato in quello che appare come un ritornello nel racconto:

Essi mi faranno un santuario e io abiterò in mezzo a loro. Eseguirete ogni cosa secondo quanto ti mostrerò. (Es 25,8-9)

* La «presenza» (io abiterò in mezzo a loro) e il «modello» (eseguirete ogni cosa secondo quanto ti mostrerò)

– la «presenza» di Dio con il suo popolo. Il Santuario realizza la promessa dell’Alleanza: Dio abiterà in mezzo al suo popolo.
– ll «modello». Dio stesso dà il modello, per il santuario, per il culto e per la vita.

* Gli artisti

Una attenzione particolare assumono coloro che sono chiamati alla esecuzione dei lavori, gli artisti: Bezalèl e Ooliàb non traggono da se stessi forza e ispirazione, ma sono investiti dello spirito di Dio e da Dio dotati della necessaria abilità, perché tutto sia fatto secondo il modello dato:

Il Signore parlò a Mosè e gli disse: “Vedi, ho chiamato per nome Besalèl, figlio di Urì, figlio di Cur, della tribù di Giuda. L’ho riempito dello spirito di Dio, perché abbia saggezza, intelligenza e scienza in ogni genere di lavoro, per ideare progetti da realizzare in oro, argento e bronzo, per intagliare le pietre da incastonare, per scolpire il legno ed eseguire ogni sorta di lavoro. Ed ecco, gli ho dato per compagno Ooliàb, figlio di Achisamàc, della tribù di Dan. Inoltre nel cuore di ogni artista ho infuso saggezza, perché possano eseguire quanto ti ho comandato: la tenda del convegno, l’arca della Testimonianza, il propiziatorio sopra di essa e tutti gli accessori della tenda; la tavola con i suoi accessori, il candelabro puro con i suoi accessori, l’altare dell’incenso e l’altare degli olocausti con tutti i suoi accessori, il bacino con il suo piedistallo; le vesti ornamentali, le vesti sacre del sacerdote Aronne e le vesti dei suoi figli per esercitare il sacerdozio; l’olio dell’unzione e l’incenso aromatico per il santuario. Essi eseguiranno quanto ti ho ordinato”. [Es 31,1-11]

* L’arca e la Dimora (Mishkan)

Nella tenda del convegno, dove io ti darò convegno”. (Es 30,36). Nel viaggio nel deserto la tenda del convegno o dell’incontro prefigura la tenda stabile della Terra promessa, come luogo della presenza e dell’incontro di Dio con il suo popolo. È bello osservare come anche il verbo “incontrare” – “io ti darò convegno” ritorni più volte nel racconto.

Questo è l’olocausto perenne di generazione in generazione, all’ingresso della tenda del convegno, alla presenza del Signore, dove io vi darò convegno per parlarti. Darò convegno agli Israeliti in questo luogo, che sarà consacrato dalla mia gloria. Consacrerò la tenda del convegno e l’altare. Consacrerò anche Aronne e i suoi figli, perché esercitino il sacerdozio per me. Abiterò in mezzo agli Israeliti e sarò il loro Dio. [Es 29,42-44]

In altri passi il luogo del convegno può anche essere – anziché all’ingresso della tenda – sopra il propiziatorio, tra i due cherubini:

Porrai il propiziatorio sulla parte superiore dell’arca e collocherai nell’arca la Testimonianza che io ti darò. Io ti darò convegno in quel luogo: parlerò con te da sopra il propiziatorio, in mezzo ai due cherubini che saranno sull’arca della Testimonianza, dandoti i miei ordini riguardo agli Israeliti. [Es 25,21-22]

L’arca, che dovrà contenere le tavole dell’Alleanza, viene messa qui in primo piano. E con l’arca, la Dimora e quindi il Santuario.

Essi mi faranno un santuario (miqdash) e io abiterò (shkn) in mezzo a loro. Eseguirete ogni cosa secondo quanto ti mostrerò, secondo il modello della Dimora (mishkan) e il modello di tutti i suoi arredi. Faranno dunque un’arca di legno di acacia… [Es 25,8-10]

Il verbo «abiterò-dimorerò» ha la radice Shkn, da cui deriverà Mishkan (Dimora) e anche Shekinah, a indicare l’abitare di Dio con il suo popolo. Infatti, la presenza di Dio che in forma di nube aveva dimorato sul Sinai, ora dimora sopra la tenda, e accompagna Israele nel suo cammino nel deserto.

Allora la nube coprì la tenda del convegno (’ohel mo‘ed) e la gloria (kavod) del Signore riempì la Dimora (mishkan). Mosè non poté entrare nella tenda del convegno, perché la nube sostava su di essa e la gloria del Signore riempiva la Dimora. [Es 40,34-35]

* Il Santuario continua la funzione del Sinai

La tenda-tabernacolo (e quindi in prospettiva il Santuario-il Tempio) e il culto diventano ora il centro della vita di Israele, come celebrazione dell’Alleanza, dell’Incontro, della Presenza di Dio con il suo popolo.

Le Tavole dell’Alleanza saranno custodite dentro l’arca e quindi nella Dimora. La rivelazione di Jhwh continua nel culto del santuario e continuerà nel culto del tempio! Lo stesso Dio che ha parlato a Mosè sul monte… lo stesso Dio che ha scritto e donato le Parole… continua a rivelarsi nel Santuario e nel culto del Tempio, come dimora della sua Presenza.

Secondo Rav Obadiah Sforno (1450?-1550) senza il peccato di idolatria del vitello d’oro non sarebbe stato necessario alcun santuario (secondo questa interpretazione la narrazione biblica non seguirebbe l’ordine cronologico degli eventi). Dopo la rivelazione del Sinai ogni ebreo poteva avere la gloria, la Shekinah, che posava sopra di lui. Dopo il peccato del vitello d’oro fu quindi necessario un Santuario centrale per tutto il popolo.

Prima ancora Rav Ramban (1194-1270) osserva che la Redenzione di Israele non si completa con l’uscita dall’Egitto e neppure con il dono delle Parole sul Sinai, anche se questo evento è lo scopo stesso dell’Esodo. Il dono del Sinai infatti diventa parte integrante della vita del popolo proprio con il Tabernacolo o Santuario. Il Tabernacolo è così il simbolo dell’esperienza del Sinai. Dal cuore del Tabernacolo, dall’arca, Dio continua a parlare a Mosè e al suo popolo, continua la sua Rivelazione, come sul Sinai.

La stessa funzione – nella Terra promessa – sarà svolta dal Tempio centrale di Gerusalemme. Con l’esilio e la diaspora, dopo la distruzione del Tempio, è nei “piccoli santuari”, ossia nelle sinagoghe e nei centri di studio, che ogni ebreo può ancora ascoltare la Voce del Sinai ed essere irradiato da quella luce che emanava dal monte e che ora irradia dal Tempio. E ogni uomo, ogni cuore, deve essere questo Tempio. Su ogni uomo deve irradiare questa luce.

* Il Vitello d’oro. Esperienza di perversione e di perdono

Nel cuore del racconto, tra le istruzioni sulla costruzione del Santuario e la sua realizzazione troviamo quindi l’episodio del vitello d’oro. Un episodio di grande importanza in relazione al Santuario e alle parole di Dio: essi mi faranno un santuario e io abiterò in mezzo a loro. Eseguirete ogni cosa secondo quanto ti mostrerò.

L’esperienza del vitello d’oro infatti è narrata in un preciso parallelismo con quanto precede e segue il racconto, nella forma letteraria dell’«antitipo»:

* Dio ha promesso la sua Presenza…
– ora il popolo desidera farsi una raffigurazione di Dio che lo accompagni attraverso il deserto;

* Dio ha chiesto di raccogliere oro per la costruzione del Santuario…
– ora gli Israeliti raccolgono oro per costruire l’immagine;

* Dio ha liberato Israele dall’Egitto…
– ora all’immagine si attribuisce la liberazione dall’Egitto;

* Dio ha chiesto che gli sia costruito un altare e gli sia offerto un sacrificio…
– ora all’immagine viene eretto un altare e su di esso vengono offerti olocausti e sacrifici di pace.

È la perversione, la corruzione del culto come Dio stesso dirà a Mosè:

il popolo si è pervertito. (Es 32,7).

L’esperienza del vitello d’oro rappresenta il continuo pericolo di alternativa al vero culto, che accompagnerà Israele (e l’umanità) in tutta la sua storia.

Ma allo stesso tempo è stupenda esperienza di misericordia e di perdono: Dio perdona il suo popolo e rinnova l’Alleanza e il popolo eseguirà alla lettera quanto da Lui comandato.

L’esegesi secondo la tradizione ebraico-cristiana

Il nostro racconto preso alla lettera è chiaramente inverosimile. Abbiamo detto come Israele riferisce al tempo di Mosè e al Sinai norme e prassi cultuali successive e proprie del Tempio di Gerusalemme. Nel racconto allora non dobbiamo cercare tanto la storicità dei particolari (chiedendoci ad esempio come avrebbe fatto Israele a trovare i materiali preziosi richiesti per la costruzione, e soprattutto come avrebbe fatto poi a trasportare la Dimora per tutto il viaggio nel deserto… Nella tradizione rabbinica si fa anche riferimento al bottino che Israele avrebbe raccolto al passaggio del Mar Rosso e ancora vien detto che sopra i Giusti con la manna scendevano dal cielo perle e pietre preziose…). Non sono queste però le principali domande che dobbiamo farci, ma piuttosto: qual è la funzione della Dimora per Israele? Ossia ripeterci quanto ci siamo chiesti all’inizio del nostro cammino:

– perché Dio non dà subito le 10 Parole?
– che rapporto c’è allora tra la Legge e il Santuario?

L’esegesi sia ebraica che cristiana nel corso della storia ha seguito diverse strade. In primo luogo una lettura simbolica:

* la lettura simbolica

Per prima cosa, le dimensioni del tabernacolo e delle sue parti riflettono un disegno architettonico originale e ben congeniato in un tutto armonioso. Predominano i numeri 3, 4 e 10 con cubi e rettangoli.
Le varie parti – la dimora vera e propria separata, la tenda e il cortile – sono in perfetto rapporto numerico.
L’impiego dei metalli – oro, argento e rame – è graduato man mano che si avvicina al Santo dei Santi.
Allo stesso modo, i colori particolari, bianco azzurro o cremisi, sembrano intimamente connessi alla loro funzione.
Similmente si nota una gradualità nella qualità dei tessuti impiegati.
Infine, viene fortemente sottolineata la posizione e l’orientamento speciali, con la preferenza per la direzione est. [B. S. Childs, Esodo, 1974]

Il modello che Dio stesso dà per la costruzione del Santuario è lo stesso che è servito per la creazione dell’universo. Così il tempio sarà raffigurazione dell’intero cosmo e insieme di quel microcosmo che è l’uomo.

Secondo Filone ebreo (20ca aC-45dC) i materiali impiegati per la costruzione rappresentano i quattro elementi naturali; le 12 pietre preziose i segni dello zodiaco; i 4 colori rappresentano gli elementi dell’universo, così come il candelabro con le 7 lampade il sole con i 7 pianeti e i dodici pani ancora i segni dello zodiaco e i mesi dell’anno…

La visione di Filone ebbe grande influenza sui pensatori sia ebrei (cf. Giuseppe Flavio) che cristiani (cf. Clemente Alessandrino, Teodoreto). Così la lettura simbolica continua ad offrirsi fino ad oggi. Scrive rav Shlemo Bekhor, rabbino di Milano:

Il Mishkàn (Dimora) in terra riflette quello celeste di Hashèm (Jhwh). Ogni particolare della sua struttura è lo specchio di un aspetto della dimora divina.
 (…)
Il Mishkàn e le sue componenti erano un microcosmo dell’universo.

La Dimora corrisponde anche al corpo umano e le sue componenti alle diverse parti del corpo umano. C’è una precisa analogia tra Uomo, Tempio e Cielo.

L’arca santa corrisponde al cuore.  (sottolineiamo come già nella tradizione rabbinica c’è questa corrispondenza Cuore=Arca ndr). Come la vita di una persona dipende dal vigore del suo cuore, il valore dell’arca, che conteneva le tavole, pervadeva l’intero Mishkàn. [Rav Shlomo Bekhor]

* la lettura tipologica nel Nuovo Testamento

Se cerchiamo nel Nuovo Testamento un riferimento e una chiave di lettura del nostro passo di Esodo dobbiamo andare alla Lettera agli Ebrei. L’autore della Lettera agli Ebrei ci offre una chiave tipologica, riferendo il racconto a Cristo.

La tenda dell’antico testamento è letta come figura del Tempio celeste (Eb 8,2; 9,11). Cristo è il sommo sacerdote che entra in questa tenda non fatta da mani d’uomo per un sacerdozio eterno (Eb 7,23) offrendo una volta per sempre un sacrificio per mezzo del suo sangue (Eb 9,12). Il velo di questo Tempio è la sua stessa carne, quale via universale di salvezza (Eb 10,20).

Dobbiamo pensare al contesto del Cristianesimo del primo secolo, quando è stata scritta la Lettera agli Ebrei. Un contesto drammatico: i Cristiani vivono nella persecuzione e in grandi difficoltà e… privi della presenza “fisica” del Cristo. Nel racconto della costruzione del Santuario e di un Santuario mobile, che accompagna Israele nel suo cammino nel deserto, i Cristiani del primo secolo sono invitati quindi a scorgere nella propria storia, nel proprio esodo, non l’assenza, ma la presenza viva di Cristo, che aveva promesso: Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo (Mt 28,20).

* la promessa di Dio di abitare-camminare con il suo popolo

Molto probabilmente, sia nell’ottica ebraica che cristiana, è questa la chiave di lettura più fedele all’intento originario, che risponde alla nostra domanda sulla funzione della dimora: celebrare la presenza di Dio nell’esodo della storia, l’abitare-camminare di Dio con il suo popolo.

L’autore biblico non intese usare alcun sistema simbolico, ma impiegò l’antica tradizione sacerdotale per attestare la promessa di Dio, al momento del patto, di abitare con il suo popolo. [B.S. Childs]

La lettura cristologica che ci dà la Lettera agli Ebrei si pone in continuità con questa promessa. Una promessa che viene reinterpretata alla luce del sacerdozio di Cristo. Non tanto una spiritualizzazione e non tanto una lettura simbolica, ma il realizzarsi di questa promessa in Cristo.

L’accento è posto sull’ufficio sacerdotale di Cristo e sul suo sacrificio. Un sacrificio consumato una volta per sempre! Un sacerdozio eterno, continuo!  La Chiesa, come il popolo dell’esodo, è invitata a camminare nella vigilanza verso l’aprirsi del velo del Tempio celeste. E in questo esodo ascoltare la Sua voce che dice: Abiterò in mezzo agli Israeliti e sarò il loro Dio (Es 29,45).

Lo scopo del tabernacolo è reso esplicito dall’ordine iniziale di Dio a Mosè: “Mi faranno un santuario perché io possa dimorare in mezzo a loro” (Es 25,8). Il tabernacolo è, pertanto, un santuario (miqdash) dove Dio abita (sakantî) in mezzo al suo popolo. (…) Dio è continuamente presente nel tabernacolo portatile. Là egli «incontra» il suo popolo e cammina in mezzo a lui (Lv 26,12). La sua gloria (kavod) riempie il tabernacolo ed è rappresentata dalla nube. Lv 26,13 mette in chiaro che il tabernacolo rappresenta la presenza di Dio a coronamento degli impegni del patto: «Io sarò il vostro Dio e voi sarete il mio popolo», e pertanto completa la rivelazione del nome di Dio: «Io sono Yahweh vostro Dio, che vi ha fatto uscire dal paese d’Egitto» (Es 26,12-13). Con il servizio liturgico nel tabernacolo i figli del patto realizzano la loro nuova vita di libertà «camminando a testa alta». [B. Childs]

* L’arca e la Parola: prima di donare le sue Parole Dio chiede che l’uomo prepari un luogo dove custodirle ed Egli stesso ci dà il modello

Certo la lettura simbolica mantiene il suo fascino e la sua bellezza e verità e utilità! Ma trova il suo senso pieno se abbracciata a questo annuncio:

in questa nostra storia, in questo nostro esodo Dio è presente e abita in mezzo a noi. Il tempio e il culto celebrano questa Presenza. Il tempio e il culto sono il nuovo Sinai dove Dio continua a rivelarsi Parola di vita. Ma la vera arca, il vero tempio è il cuore di Cristo, e ogni nostro cuore chiamato a realizzarsi come tempio vivo a immagine del cuore di Cristo.

Proviamo allora a rispondere alle domande che ci siamo posti:

1 – Qual è la funzione del santuario per Israele? Il santuario è la Dimora che Dio ci chiede di costruire per abitare in mezzo a noi, Parola vivente. Nel santuario noi entriamo non per fare qualcosa, ma per incontrare Dio che continua a rivelarsi, a parlare al suo popolo come sul Sinai. E se scopriamo che il tempio ha le stesse misure dell’universo e del microcosmos-uomo contempliamo ancora come l’universo stesso e il cuore dell’uomo sono il vero santuario, luogo dove abita il Dio che ci ha creato.

2 – Perché Dio non dona subito le sue parole, ma impiega tutto questo tempo per dare le istruzioni sulla costruzione della Dimora?  Perché prima di donare le sue Parole chiede a noi di preparare un posto adeguato per accoglierle e conservarle: la Dimora e nella dimora l’Arca… Ma Dimora e Arca sono il segno cultuale della vera dimora e della vera arca e del vero santuario che è il nostro Cuore.

Prima di donarci le sue Parole di vita Dio ci chiede di costruire una degna dimora, una degna arca. E questa arca è prima di tutto il nostro cuore, un cuore ben disposto. Ogni altra dimora o santuario o tempio è solo il segno visibile che ci aiuta a far crescere il nostro cuore come degna dimora delle Sue Parole.

Chiediamo allora con sant’Agostino:

Angusta è la casa della mia anima
perché tu possa entrarvi: allargala, dunque.
È in rovina: restaurala! [Agostino d’Ippona]

Sul cuore di ogni uomo fatto a modello del cuore di Cristo scende allora la Shekinah, la gloria di Dio, segno della Sua presenza. Nel cuore di Cristo il cuore di ogni uomo dice al cuore del fratello che Dio è con noi! Dio chiede che il cuore di ogni uomo sia predisposto ad accogliere la sua Parola. La Liturgia del Sacro Cuore ancora ci illumina con il suo Vangelo:

Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro.
Prendete il mio giogo su di voi, dice il Signore,
e imparate da me, che sono mite e umile di cuore. [Mt 11,29ab]

Nel Cuore di Gesù e nel Cuore di Maria. Maria che “custodiva tutte queste cose nel suo cuore” (Lc 2,51) sia la porta regale che ci introduce nel cuore – arca di Gesù, che ci dice:

Venite a me,
voi tutti che siete stanchi e oppressi,
e io vi darò ristoro.
Prendete il mio giogo, sopra di voi.
Il mio Cuore, arca contenente la Parola,
non dell’antica servitù,
ma di grazia, di misericordia e di perdono.
Io sono con voi, fino alla fine del mondo.
Imparate da me,
fate il vostro cuore secondo il modello del mio Cuore.
Come Bezalèl, come Ooliàb, gli artisti de tempio.
Fate del vostro cuore la mia arca, la mia dimora:
Io, il Verbo della Vita, sono con voi!
Io sono con voi fino alla fine del mondo.

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