Liturgia&Musica

XXIX domenica del Tempo Ordinario/B

di Massimo Palombella

Carl Heinrich Bloch, Gesù e i bambini, (1865 e il 1879) Cappella del Castello di Frederiksborg (Danimarca)

Nel Vangelo di oggi (Mc 10, 35-45) Gesù, con un linguaggio semplice e tipico della cultura nella quale viveva, parla delle nostre aspirazioni, dei nostri bisogni. Gesù pone in connessione il bisogno di “diventare grandi” con il servire e quello dell’essere “il primo” con il divenire “schiavo di tutti”.

È interessante notare come, attraverso questo semplice linguaggio, ci viene comunicata una questione fondamentale della nostra vita, e cioè la necessità di essere in contatto con i nostri bisogni profondi, di essere “famigliari” a noi stessi. Infatti, se non siamo in contatto con i nostri bisogni, con facilità questi si manifestano nella nostra vita in modo disordinato, non armonico, in modalità che spesso comunicano l’esatto opposto di quanto i nostri bisogni vorrebbero esprimere e realizzare. Il nostro bisogno di maternità e paternità, se non incontrato e riconosciuto si può manifestare con la necessità di comandare, di asservire le persone intorno a noi. Il nostro bisogno di essere riconosciuti e amati, se non incontrato e accettato, ci può trasformare in persone possessive, gelose, invidiose. Il nostro bisogno di realizzare la vita, se non metabolizzato e collocato in un sano progetto di vita, ci può trasformare in carrieristi che sono capaci di passare sopra tutto e tutti senza alcun normale rispetto di chi ci sta intorno.

In sostanza, i nostri bisogni sono globalmente ciò che ci permette di vivere in pienezza, di essere nella “vita in abbondanza”, e Gesù ci indica la strada per trasformare i nostri bisogni nelle nostre migliori risorse. Tutti i nostri bisogni, le nostre aspirazioni possono vivere, esistere, trovare spazio di manifestazione se incontrati, capiti, collocati, se vengono “umanizzati” attraverso un lento processo di “intelligenza” non esente da fatica e sofferenza, come ogni cosa vera e autentica della nostra vita.

L’antifona di ingresso, l’Introito della celebrazione odierna è tratto dal Salmo 16 (Sal 16, 6. 8) con il seguente testo:
“Ego clamavi, quoniam exaudisti me, Deus:
inclina aurem tuam, et exaudi verba mea:
custodi me, Domine, ut pupillam oculi:
sub umbra alarum tuarum protege me.”

(Io t’invoco, mio Dio: dammi risposta,
rivolgi a me l’orecchio e ascolta la mia preghiera.
Custodiscimi, o Signore, come la pupilla degli occhi,
proteggimi all’ombra delle tue ali).

La musica allegata, in Canto Gregoriano, è tratta dal Graduale Triplex pubblicato a Solesmes nel 1979.

L’interpretazione, dal vivo, è della Cappella Musicale Pontificia “sistina” alla Celebrazione Papale del 19 ottobre 2014.

Buona domenica e un caro saluto.

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