Liturgia&Musica

Solennità del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo./B

di Massimo Palombella

Giusto di Gand e Paolo Uccello (predella), Pala del Corpus Domini, 1472-1474 , Galleria nazionale delle Marche, Urbino

Buona Solennità del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo.

La festa odierna ha origine nel 1246 in Belgio, precisamente nella Diocesi di Liegi, in reazione all’eresia di Berengario di Tours (998-1088), eresia che negava la transustanziazione sostenendo che la presenza di Cristo nell’Eucaristia non fosse reale, ma solo simbolica.

L’11 agosto del 1264, ad Orvieto, Papa Urbano IV con la bolla “Transiturus de hoc mundo” (Quando stava per passare da questo mondo) estese la Solennità a tutta la Chiesa (l’anno precedente vi fu il Miracolo Eucaristico di Bolsena) affidando a Tommaso d’Aquino (1225-1274) – in quel momento residente ad Orvieto – la composizione dei testi della Liturgia della Ore e della Messa. È interessante notare che la costruzione del bellissimo Duomo di Orvieto (avviata nel 1290 da Papa Niccolò IV per dare degna collocazione al Corporale del Miracolo di Bolsena) ha la sua origine proprio nell’istituzione di questa Solennità.

L’Eucaristia – “fonte e apice di tutta la vita cristiana” (Lumen Gentium 11) – è intimamente connessa con ciò che identifica essenzialmente il Cristianesimo rispetto ad ogni atra esperienza religiosa, e cioè Dio fatto uomo, l’Incarnazione (cf. Leone XIII, Mirae Caritatis, lettera enciclica [28 maggio 1904]). Non esiste, infatti, altra esperienza religiosa dove noi possiamo incontrare Dio attraverso dei segni storici (acqua, vino, pane, olio…). Segni “fragili” perché vulnerabili, sottoposti all’usura, all’invecchiamento… La stessa condizione nella quale si trovava esattamente il Figlio di Dio fatto uomo.

In quel pane che può divenire non più commestibile e in quel vino che può trasformarsi in aceto c’è tutta la nostra fragilità, il nostro limite, la nostra debolezza. Ma proprio quel pane e quel vino possono divenire il “pegno”, la garanzia della nostra gloria futura, esattamente come le nostre debolezze e fragilità possono trasformarsi nella nostra più grande risorsa.

L’antifona di ingresso, l’Introito, della Celebrazione odierna è tratto dal Salmo 80 (Sal 80, 17) con il seguente testo:
Cibávit eos ex ádipe fruménti,
et de petra melle saturávit eos, alleluia.”

(Li ha cibati con fior di farina, alleluia,
e li ha saziati con miele di roccia, alleluia).

La musica allegata, in Canto Gregoriano, è tratta dal Graduale Triplex pubblicato a Solesmes nel 1979.

L’interpretazione, dal vivo, è della Cappella Musicale Pontificia “Sistina” alla Celebrazione Papale del 26 maggio 2016.

Buona domenica e un caro saluto.

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