Solennità di Pentecoste
di Massimo Palombella
Buona Solennità di Pentecoste.
La celebrazione odierna, 50 giorni dopo la Pasqua, conclude il Tempo Pasquale.
Gli ebrei celebravano la festa “delle settimane” sette settimane dopo la Pasqua e tale festa riguardava originariamente il rendimento di grazie per i raccolti e, con il tempo, il ringraziamento per la proclamazione della Legge sul Sinai, cinquanta giorno dopo a liberazione dalla schiavitù d’Egitto. L’evento della Pentecoste cristiana, narrato in At 2,1-41 avviene nel contesto di tale festa ebraica.
Nei primi tempi della Chiesa la Pentecoste era considerata nella prospettiva unitaria della Pasqua, di cui il cinquantesimo giorno costituiva appunto la chiusura. Nel VII secolo si iniziò a celebrare la Pentecoste come memoria della discesa dello Spirito Santo e divenne una festa autonoma con un’ottava sganciata dal rapporto unitario e vitale con il Mistero Pasquale. La Riforma Liturgica del Concilio Vaticano II ha soppresso l’ottava e ha ridato alla Celebrazione della Pentecoste il suo significato originario.
L’antifona di ingresso, l’Introito della Celebrazione odierna è tratto dal Libro della Sapienza (Sap 1, 7) con il seguente testo:
“Spíritus Dómini replévit orbem terrárum, alleluia:
et hoc quod cóntinet ómnia sciéntiam habet vocis, allelúia”
(Lo Spirito del Signore ha riempito l’universo, alleluia;
e poiché tutto contiene, ha conoscenza di ogni parola, alleluia).
L’introito ha la particolarità di essere in VIII modo, e il numero 8 nella Bibbia ha il significato di un nuovo inizio, della perfezione, del compimento, del tempo definitivo, del primo giorno dopo la Creazione. L’VIII modo ci accompagna, infatti, nei momenti fondamentali dell’Anno Liturgico: l’Introito della prima domenica di Avvento, “Ad te levavi animam meam”, quello della prima domenica di Quaresima, “Invocabit me, et ego exaudiam eum”, l’ “Alleluia” che solennemente si canta alla Veglia Pasquale e l’Introito dell’odierna Solennità, sono, curiosamente, tutti in VIII modo.
Così, quella novità e pienezza che intravvedevamo con l’inizio dell’Anno Liturgico nella prima domenica di Avvento, che pregustavamo nel Natale (anche l’introito della Messa dell’Aurora di Natale “Lux fulgebit hodie super nos” è in ottavo modo), che desideravamo all’inizio della Quaresima e abbiamo celebrato nella Veglia Pasquale con il solenne canto del l’ “Alleluia”, oggi, nella Solennità di Pentecoste, si compie, si realizza.
La Pentecoste è allora il compimento dell’Incarnazione, il “momento di entrare in comunione con la natura del Verbo, cioè di passare dalla vita naturale di prima a quella che trascende l’esistenza umana, e a ciò non potevamo arrivare se non divenendo partecipi dello Spirito Santo” (dal «Commento sul Vangelo di Giovanni» di san Cirillo di Alessandria, vescovo [Lib. 10; PG 74, 434]).
La separazione da Gesù avvenuta con l’Ascensione ci porta il dono dello Spirito Santo che riceviamo per “conoscere”, per essere capaci lentamente di stabilire quel personale rapporto con il Signore che ci rende davvero capaci, come lo furono gli Apostoli, di vivere per Lui, di fare la Verità, di affrontare le nostre paure, di portare i pesi, di essere in sostanza, le persone che possiamo e dobbiamo essere.
La musica allegata, in Canto Gregoriano, è tratta dal Graduale Triplex pubblicato a Solesmes nel 1979.
L’interpretazione, dal vivo, è della Cappella Musicale Pontificia “Sistina” alla Celebrazione Papale del 9 giugno 2019.
Buona domenica, buona Solennità di Pentecoste e un caro saluto.