In ascolto di Esodo

Essi videro Dio (seconda parte). Sotto i suoi piedi un pavimento in lastre di zaffiro

In ascolto di Esodo [Es 24,6-8].

Essi videro il Dio d’Israele: sotto i suoi piedi vi era come un pavimento in lastre di zaffiro, limpido come il cielo.

* sotto i suoi piedi…
Nel precedente versetto abbiamo contemplato Mosè che sale sul monte con Aronne, Nadab, Abiù e i 70 anziani. Essi videro Dio! Abbiamo considerato come questa visione non consiste tanto nel vedere con i sensi quasi un aspetto “fisico” di Dio. Ora però troviamo il riferimento ai Suoi piedi.
Cosa può significare allora l’espressione sotto i suoi piedi?

Così come i piedi sono ciò che viene a contatto con il suolo, i «piedi» di Dio sono l’attributo che viene a contatto con i livelli inferiori. Sarebbero quindi un «canale di profezia» (Zohar, Il libro dello splendore).
Secondo Ràmban i piedi rappresentano l’essenza della Creazione del mondo. [cf rav Bekhor]

Ancora quindi, più che indicare un aspetto fisico di Dio, i piedi ci dicono che i cieli non sono chiusi in se stessi, ma aperti alla terra. Vedere i piedi Dio significa entrare in questa dimensione di «contatto» tra Dio e il creato, in questo «canale di profezia». Noi certo abbiamo in mente l’immagine di Cristo pantocratore assiso su un trono regale con la terra a sgabello dei suoi piedi.

Il cielo è il mio trono,
la terra lo sgabello dei miei piedi. [Is 66,1]

I piedi sono indubbiamente legati al concetto di sottomissione. Qui però, la visione pare sottolineare non tanto o non solo la regalità e maestosità di Dio, ma questa dimensione di «contatto», apertura, incontro, comunione, resi in modo stupendo dalla visione di un lastricato in pietre di zaffiro.

* un pavimento in lastre di zaffiro limpido come il cielo.
Non finisce mai di sorprenderci la lingua ebraica per il profondo rimando tra le parole. Così la parola zaffiro (saffîr), pensiamo, ha le stesse consonanti di sèfer, rotolo, libro: Saffìr (ספר) e Sèfer (ספר). Zaffiro e Parola. Sèfer Torah, lo ricordiamo, è il rotolo della Legge. E abbiamo già contemplato in uno dei precedenti ascolti (Es 24,3-4 La conclusione dell’Alleanza) il legame profondo tra Cielo e Parola, commentando anche gli affreschi della Sistina, con l’aiuto del Salmo 18: il Cielo e la Parola.

I cieli narrano (lett. srotolano) la gloria di Dio (…)
La Torah di Dio è perfetta (…) [cf Sal 18]

Secondo un racconto della tradizione rabbinica, quando Israele era schiavo in Egitto, costretto a preparare mattoni di argilla, Jhwh conservava presso di sé un mattone di zaffiro, per tenere sempre presente nella sua memoria i mattoni degli Ebrei e la loro schiavitù (cf. Shem Efraym, Rashi). (Pensiamo quanto sono preziose per Dio le nostre sofferenze, i nostri mattoni!). E… proprio su quel mattone di zaffiro sarebbero poi state scolpite le tavole della Torah (rav Sifré)!

* limpido come il cielo
Del lastricato in pietre di zaffiro, la visione ci dice che era “limpido come il cielo”. Il testo ebraico è stupendo e difficile da rendere nella traduzione. Parlando della limpidezza (forse meglio sarebbe dire purezza o trasparenza) del cielo, l’ebraico dice “come osso”: come osso i cieli per purezza.
Penso a una lettera che un musicista compositore a me molto caro, Gustav Mahler (1860-1911), scrisse a un amico. Quanti potrebbero riconoscersi in questa lettera!

Per me da molto tempo non esiste più altare, e il tempio di Dio è per me soltanto un edificio alto e muto, come un cielo lontano. Non posso salire lassù.

Non posso salire lassù. A Gustav e a tutti noi, questa pagina dell’Esodo dice che il cielo non è lontano. Che questa pietra preziosa è pura trasparenza, “canale di profezia”: attraverso di lei la luce celeste scende a noi, e noi possiamo vederla, noi possiamo partecipare a questa luce. Noi possiamo… salire lassù!
Lo zaffiro di Esodo è identificato dai più nel lapislazzuli di Mesopotamia, una delle pietre più pregiate per la sua lucentezza, di colore azzurro cielo trasparente.
Contempliamo allora sì la bellezza, la lucentezza di questo trono celeste, ma soprattutto la purezza e la trasparenza. Purezza e trasparenza fanno sì che il Cielo, la Parola, così alti e intangibili, siano… visibili, accessibili. Se è vero, come abbiamo visto la scorsa volta, che Dio è il “totalmente Altro”, è insieme altrettanto vero che è Dio di purezza e trasparenza, e come tale ci permette, anzi desidera e vuole che l’uomo e il creato entrino in comunione piena con Lui, e ci dice: «Sali!».
Nel versetto che segue il racconto che stiamo meditando, Dio infatti dirà a Mosè di «salire» a lui, e gli darà le tavole della legge e i comandamenti (Es 24,12), le Parole scritte da Dio su pietre di zaffiro. Ogni nostro mattone di sofferenza, dolore e schiavitù è trasformato in pietra preziosa nella Parola-Cielo. Dio ci dona la sua Parola. Ma, se Parola e Cielo sono la stessa cosa – pensiamo – Dio vuole donarci… il Cielo!
Questo dono, questa comunione ha la sua icona qui in terra nella città santa Gerusalemme (Yersushalaim, città della pace) costruita ad immagine del cielo. Così, Dio promette di rinnovare Gerusalemme dopo l’esilio in Babilonia costruendola con le pietre più preziose:

Afflitta, percossa dal turbine, sconsolata,
ecco io pongo sullo stibio le tue pietre
e sugli zaffìri pongo le tue fondamenta. [Is 54,11]

Sugli zaffiri pongo le tue fondamenta: alla luce di quanto abbiamo visto, possiamo dire che la Parola è la pietra preziosa sulla quale si poggia, ha il suo fondamento la città (e penso alla città degli uomini che è tutto il creato).
Riprendendo il nostro Salmo 18 (I cieli narrano la gloria di Dio) che unisce splendidamente i Cieli e la Parola-Legge-Torah, leggiamo che:

I comandi del Signore sono limpidi,
danno luce agli occhi.

E ancora:

Il timore del Signore è puro (…)
i giudizi del Signore sono (…)
più preziosi dell’oro, di molto oro fino.

Non me ne ero mai accorto. Ma alla luce di quanto abbiamo considerato, ossia lo stretto legame che unisce Zaffiro e Sèfer, osserviamo come nel salmo la Torah ha gli stessi attributi della pietra di Zaffiro e del Cielo: è preziosa, è limpida, irradia luce ed è caratterizzata da purezza!
Come la Gerusalemme terrena, così la Gerusalemme celeste, la Sposa dell’Agnello, è dipinta come costruita su pietre preziose (Cf. Ap 4,1-3; 21,9-23). Anche il racconto di Apocalisse ci mostra non un cielo lontano, ma aperto sull’uomo, e questo invito – per Mosè, per Gustav, per tutti noi: Sali!

Poi vidi: ecco, una porta era aperta nel cielo. La voce, che prima avevo udito parlarmi come una tromba, diceva: “Sali…”. (Ap 4.1)

Se la scorsa volta questo anelito a vedere Dio ci invitava a scendere nell’intimo del nostro cuore – «luogo di Dio» – , nello stesso tempo oggi ci invita a salire. Credo che solo chi sta in basso, e scende nella profondità del proprio cuore, possa davvero sentire questa voce che dice: «Sali!». Salire sulla montagna… Come Mosè, l’uomo più umile sulla faccia della terra (Nm 12,3), come Elia (cf 1Re 19,13)…

Mosè ed Elia li ritroveremo sul monte della Trasfigurazione con Gesù, nella luce radiosa del Tabor che si apre sugli apostoli saliti alla Sua Presenza, ma anche sul mio amico Gustav, su tutti noi e sui nostri mattoni di argilla.

Signore, mio Dio, quanto sei grande.
Tu ci chiami per nome,
e noi ci avviciniamo a Te
e ci copriamo il volto,
mentre ci inginocchiamo ai Tuoi piedi.

Sotto i Tuoi piedi,
canale di profezia, una luce radiosa:
pietra di zaffiro è il tuo Cielo
pietra di zaffiro è la tua Parola.

Riconosciamo in questa pietra
ogni nostro mattone,
fatica, schiavitù, dolore e morte
che Tu, Signore, hai preso su di Te.

Luce pura e trasparente è il Tuo Cielo, la Tua Parola.
I miei occhi vedono e non vedono:
una porta si apre luminosa, per ogni uomo.
E la Tua voce ancora che chiama: «Sali!»

Signore Gesù,
porta aperta del Cielo
e pietra di zaffiro, Parola di vita,
pietra, zaffiro, Cielo e Parola… fatta carne!

Oh mio Dio,
è bello per noi stare qui.

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