In ascolto di Esodo

Il sangue dell’Alleanza – Dam haBerît (prima parte)

In ascolto di Esodo [Es 24,6]. Mosè prese la metà del sangue…

Mosè prese la metà del sangue e la mise in tanti catini e ne versò l’altra metà sull’altare.
Quindi prese il libro dell’alleanza e lo lesse alla presenza del popolo. Dissero: “Quanto ha detto il Signore, lo eseguiremo e vi presteremo ascolto”.
Mosè prese il sangue e ne asperse il popolo, dicendo: “Ecco il sangue dell’alleanza che il Signore ha concluso con voi sulla base di tutte queste parole!”.

Nel racconto di Esodo 24 confluiscono due tradizioni del rito di celebrazione dell’alleanza: la forma del banchetto sacrificale e la forma dell’ olocausto con l’aspersione del sangue. L’olocausto è un sacrificio consumato nel fuoco: la vittima è interamente bruciata e il fumo sale a Dio. Metà del sangue è asperso sull’altare e l’altra metà sul popolo.


* Il sangue, l’uomo e la somiglianza – dam, A-dam e dam-ôt

Ricordiamo come le prime due lettere (le consonanti  B-R) della parola Alleanza-Berît siano anche le prime lettere che troviamo all’inizio della Genesi: “in principio” (bereshît) Dio “creò” (barah)…
Anche la parola dam (sangue) ci riporta alla creazione e in particolare al 6° giorno, quando Dio plasmò-trasse lo ’adam (uomo) dalla ’adamah (suolo)  (Gn 2,7).
Il sangue infatti è considerato la sede dell’anima, della vita. Nella legge che Dio dà a Noè «respiro-nèfesh» e «sangue-dam» sono identificati:

Non mangerete la carne con la sua vita (=nèfesh, respiro), cioè con il suo sangue.  Del sangue vostro, ossia della vostra vita, io domanderò conto; ne domanderò conto a ogni essere vivente e domanderò conto della vita dell’uomo all’uomo, a ognuno di suo fratello.
Chi sparge il sangue dell’uomo, dall’uomo il suo sangue sarà sparso,
perché a immagine di Dio è stato fatto l’uomo. [Gn 9,4-6]

Quando Dio creò l’uomo, soffiò nelle sue narici un alito di vita (= nèfesh) e Adam fu un essere vivente (lett. respiro-nèfesh vivente). Adam-אדם, è composto dalla parola sangue (dam-דם) preceduta dalla lettera Alef-א, la prima lettera dell’alfabeto, che rappresenta sempre Elohim, Dio, e il suo soffio vitale. Pensiamo: l’uomo porta indelebile in sé l’immagine divina impressa nel giorno della creazione, il nome di Dio, e il suo soffio vitale.

Chi sparge il sangue dell’uomo, dall’uomo il suo sangue sarà sparso. Quest’ultimo versetto ha una evidente struttura speculare, al centro della quale emerge lo Adam. Leggendo da destra a sinistra:

Perché a immagine di Dio è stato fatto l’uomo. Dio crea l’uomo a sua immagine e somiglianza (Gn 2,27). Se l’immagine è impressa indelebile in noi dal giorno della creazione, la somiglianza è invece una vocazione, un cammino.

«Somiglianza» in ebraico è damôt – דםת! Dam-sangue + l’ultima lettera dell’alfabeto, la tau. L’uomo è sangue-vita in cammino tra l’immagine e la somiglianza, tra l’alef e la tau.

Le tre lettere che formano la parola damôt sono tutte legate al numero 4: a livello delle unità (dalet=4), delle decine (mem=40) e delle centinaia (tau=400), con una profonda portata simbolica legata ai concetti di prova: la porta, il mare-l’acqua e la croce.
Se abbiamo contemplato nella parola Alleanza-Berît il Figlio (BR – bôr) sulla croce (T-tau), possiamo ora contemplare la somiglianza-damôt come DM+T: il sangue (dam) sulla croce (tau).
Il compimento della somiglianza è sulla croce.

* L’Alleanza come partecipazione di sangue-vita
Nei sacrifici il sangue assume quindi il significato di ridonare la vita, con valore espiatorio e di purificazione. Il popolo purificato nel sangue celebra l’alleanza con Dio, creatore e datore della vita. Se il sangue è sede del principio vitale, l’Alleanza consumata nel sangue è rinnovo e «partecipazione di vita».

  • L’uomo, nel simbolo del sangue della vittima sacrificale, porta il proprio sangue, la propria vita;
  • Dio, sopra ogni simbolo, nel sangue del Figlio fatto Agnello porta… il proprio sangue: la Vita.

* la Parola, l’Altare e l’Agnello
L’Alleanza è celebrata su queste tre realtà: la Parola donata sul monte, l’altare eretto da Mosè e la vittima offerta in sacrificio di pace dai primogeniti.
Nel raccolto di Esodo ci può stupire che Mosè non una volta sola, ma ben 7 volte salga e scenda il monte. E così ci può stupire che più volte egli legga le Parole.
Il numero 7 e la reiterata adesione del popolo unanime indicano un senso di pienezza, di totalità.
Allo stesso tempo, la tradizione rabbinica ci aiuta a leggere un senso di gradualità: l’uomo accede al dono delle Parole come in una spirale, in una salita (e discesa) progressiva e continua. Dall’uomo a Dio e da Dio all’uomo.
Quali siano le Parole che Mosè legge (diverse interpretazioni dei padri rabbini intendono ora dalla Genesi alle leggi e ai decreti, ora il solo Decalogo) in ogni caso qui mi sembra importante il gesto rituale dato dal binomio libro-altare e l’impegno del popolo ad accogliere questa Alleanza come rinnovo e partecipazione di vita.
In questo binomio libro-altare contempliamo la tradizione che porta anche alla Eucaristia cristiana: la Liturgia della Parola e la Liturgia Eucaristica con l’adesione unanime dell’Assemblea nel Simbolo-Credo:

 * Faremo e ascolteremo
L’impegno unanime del popolo diventa il Simbolo, il Credo di Israele, che culminerà nello Shemà Israel– Ascolta Israele:

Ascolta, Israele, le leggi e le norme che oggi io proclamo ai vostri orecchi: imparatele e custoditele per metterle in pratica. Il Signore, nostro Dio, ha stabilito con noi un’alleanza sull’Oreb. [Dt 5,1-3]

Nel nostro passo il popolo risponde alla lettura della Parola dicendo: quanto ha detto il Signore, lo eseguiremo e vi presteremo ascolto.
Come è tipico della lingua ebraica, i due verbi sono usati con valore rafforzativo (endiadi verbale), come a dire: sì, certamente lo faremo.  Ma osserviamo come alla lettera l’impegno a “fare” preceda lo “ascoltare”! Secondo il Talmud questo impegno fu espresso il 5 del mese di Sivàn, prima che Jhwh pronunciasse-donasse le 10 parole. Rav Imré Khayìm osserva che “faremo e ascolteremo” ha lo stesso valore numerico dell’espressione “uscita dall’Egitto”. Questo è il cuore della vocazione-uscita dall’Egitto e del cammino verso la somiglianza: accogliere il dono della Parola con la pressante urgenza di un “subito” che ci fa dire: Avvenga di me secondo la tua Parola (cf Lc 1,38).

 * Che ci sia gradita o no
Dopo la caduta di Gerusalemme ad opera di Nabucodonosor, i capi delle bande armate vanno da Geremia profeta e gli dicono:

Il Signore, tuo Dio, ci indichi la via per la quale dobbiamo andare e che cosa dobbiamo fare (…) Che ci sia gradita o no, noi ascolteremo la voce del Signore, nostro Dio, al quale ti mandiamo, obbediremo alla voce del Signore, nostro Dio, perché ce ne venga del bene”. [Gr 42,3.6]

Che ci sia gradita o no! Il popolo si impegna ad ascoltare la Voce del Signore e seguire la via da Lui indicata… che sia gradita o no!

Ma quando Geremia riporta la Parola del Signore, essi non credono alle parole riferite dal profeta e rispondono:

 Una menzogna stai dicendo! Non ti ha inviato il Signore, nostro Dio. [Gr 43,2]

Siamo chiamati a uscire dall’Egitto, in cammino verso la Somiglianza, che ha il suo compimento sulla croce. Sull’altare della croce il Padre dona il suo sangue, la sua vita, nel Figlio. In lui vogliamo offrire il nostro sangue, la nostra vita: Eccomi, avvenga di me secondo la tua Parola. Non la mia, ma la tua volontà (cf Lc 2,42).

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