Solennità del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo/A
di Massimo Palombella
La festa odierna (Santissimo Corpo e Sangue di Cristo) ha origine nel 1246 in Belgio, precisamente nella Diocesi di Liegi, in reazione all’eresia di Berengario di Tours (998-1088), eresia che negava la transustanziazione sostenendo che la presenza di Cristo nell’Eucaristia non fosse reale, ma solo simbolica.
L’11 agosto del 1264, ad Orvieto, Papa Urbano IV con la bolla “Transiturus de hoc mundo” (Quando stava per passare da questo mondo) estese la Solennità a tutta la Chiesa (l’anno precedente vi fu il Miracolo Eucaristico di Bolsena) affidando a Tommaso d’Aquino (1225-1274) – in quel momento residente ad Orvieto – la composizione dei testi della Liturgia della Ore e della Messa. È interessante notare che la costruzione del bellissimo Duomo di Orvieto (avviata nel 1290 da Papa Niccolò IV per dare degna collocazione al Corporale del Miracolo di Bolsena) ha la sua origine proprio nell’istituzione di questa Solennità.
L’Eucaristia – “fonte e apice di tutta la vita cristiana” (Lumen Gentium 11) – è intimamente connessa con ciò che identifica essenzialmente il Cristianesimo rispetto ad ogni atra esperienza religiosa, e cioè Dio fatto uomo, l’Incarnazione (cf. Leone XIII, Mirae Caritatis, lettera enciclica [28 maggio 1904]). Non esiste, infatti, altra esperienza religiosa dove noi possiamo incontrare Dio attraverso
dei segni storici (acqua, vino, pane, olio…). Segni “fragili” perché vulnerabili, sottoposti all’usura, all’invecchiamento… La stessa condizione nella quale si trovava esattamente il Figlio di Dio fatto
uomo.
Ma proprio nella fragilità, nell’incertezza e nella precarietà del nostro vivere nella storia, nell’Eucaristia ci è dato un “pegno”, una garanzia della nostra gloria futura, di ciò che sarà la nostra vita per sempre, dove Dio sarà “tutto in tutti” (1 Cor 15,28), dove saremo trasformati e il nostro corpo corruttibile si vestirà di incorruttibilità (cf. 1 Cor 15,52-53), dove vedremo Dio “a faccia a faccia” (1 Cor 13,12), “così come egli è” (1 Gv 3,2).
L’odierna antifona al Magnificat (secondi Vespri) ha il seguente testo attribuito a Tommaso d’Aquino:
“O sacrum convivium, in quo Christus sumitur: recolitur memoria passionis eius, mens impletur gratia et futurae gloriae nobis pignus datur”
(O sacro convito nel quale ci nutriamo di Cristo: si fa memoria della sua passione, l’anima è ricolmata di grazia, e ci è donato il pegno della gloria futura).
La musica allegata è di Giovanni Pierluigi da Palestrina (1525-1594), e proviene dal secondo libro dei Mottetti a cinque, sei e otto voci pubblicato a Venezia nel 1572 (Iohannis Petraloysii Praenestini, Motettorum quae partim quinis, partim senis, partim octonis vocibus concinantur, Liber Secundus [Venetiis, apud Hieromymus Scotum 1572]).
L’interpretazione è della Cappella Musicale Pontificia “Sistina”. Il brano musicale è contenuto nell’CD “O Crux benedicta”” edito da Deutsche Grammophon nel 2018.
Buona domenica e un caro saluto.