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Scrivere musica liturgica sotto la croce. Intervista a Gianmartino Durighello

Intervista al compositore Gianmartino Durighello

L’appuntamento è proprio fuori  il Conservatorio “Steffani” di Castelfranco Veneto alle ore 18. Gianmartino Durighello, compositore, musicologo e didatta, autore di tanti brani ormai in repertorio a moltissimi cori italiani e stranieri, esce con mezzora di ritardo. “Perdonami! È tempo di esami!”. Non perdo tempo, gli appunti sono già nella mano destra e il registratore sulla sinistra. Clic!

Psallite: Ciao Gianmartino, ci leggi la tua carta di identità?
Durighello: Quando entro nel mio studio trovo appeso in bella evidenza un foglietto che da circa dieci anni mi ricorda che devo rinnovare la carta d’identità. Quindi, fisicamente non ce l’ho proprio una carta di identità e, se l’avessi mi direbbe che ho 53 anni. Non so dire sinceramente se li sento pochi o tanti. Da un lato mi sento giovane, e carico di gioventù, vivendo e lavorando insieme a tanti giovani. D’altro lato, forte dei miei 33 anni di servizio, ammetto di cominciare a pensare “oltre” il lavoro. Vorrei poter donarmi con più tempo e più me stesso a tante cose e persone che mi interpellano, e alle quali riesco a dare finora solo pochi ritagli. Questa C.I. dice poi che sono nato a Valdobbiadene (TV). Da un lato ne sono fiero, perché qualche anno prima di me a Valdobbiadene nacque Venanzio Fortunato. Però un po’ mi secca essere nato fuori della mia provincia di Belluno. E anche Querovas, il comune di residenza, non è il mio paese d’origine. So di non dover appartenere a nessun luogo particolare, e di sentirmi a casa dovunque. Ma le mie montagne le porto sempre con me.  A parte la statura e i capelli, segni particolari nessuno. Anche se conservo con affetto e un certo orgoglio le cicatrici a fianco e sopra gli occhi, frutto di attività in un Istituto per minori in difficoltà, e di un incidente quasi mortale di dieci anni fa. Questi segni particolari non degni di nota per la C.I. mi ricordano nel corpo la grazia di una vita non facile e spesso dura e il dono di tanto tanto affetto.

Psallite: Sei un musicista che molto ha dato e dà per la liturgia cattolica. Quali sono, secondo te, le condizioni che il compositore deve porsi quando deve mettere in musica un testo per la liturgia?
Durighello: Ho coscienza di non avere dato poi molto per la Liturgia… Questo è un anelito che rientra in quanto dicevo prima, e un impegno. Ho imparato ad amare e a cercare di seguire con ferma convinzione le indicazioni della Chiesa, nel suo magistero e nella sua tradizione. Iniziamo ogni nostra attività, e quindi anche scrivere musica, con il segno della croce. Diciamo cioè di credere in un Dio amore trinitario e contemporaneamente solchiamo nel corpo una croce a dirci che questo Dio ci chiama a sé facendosi chiamare in noi, nella nostra nullità, nel nostro corpo che soffre e muore, e che in vita è spesso fragile anche nell’amore. Da questa nostra fede nasce il nostro stile di servizio: cercare di annunciare l’amore trinitario e nel farlo cercare di incarnarci nel nostro fratello. In concreto, mettendo in musica un testo per la Liturgia cerco di capire e di gustare il testo nel suo contesto liturgico, rituale e pastorale. Cerco cioè di entrare nel carattere del tempo e del giorno liturgico, ma anche nel momento rituale per il quale questo testo è concepito. E ancora, cerco di immaginare volti concreti di persone che devono cantarlo. Queste condizioni credo possano metterci in un sincero e libero atteggiamento di servizio. Per quanto riguarda poi il mio modo proprio di entrare in un testo, mi sento di suggerire di metterci sempre in atteggiamento di tanto tanto ascolto. Ripeto il testo. Più volte, per tutto il giorno e se serve per giorni e giorni. Lascio che la Parola entri in me. E quando nasce una melodia, questa deve nascere spontanea, suggerita da quella Parola che è entrata ad abitare in noi. Ma non la scrivo ancora. Prima di andare a letto mi permetto di sbeffeggiarla e dico: sei brutta. Se il mattino, al risveglio, la melodia è rimasta, allora la scrivo. In poche parole, la condizione ottimale è sparire, e lasciare che sia la Parola a farsi canto in noi. Non c’è una ricetta perfetta, ma solo un continuo incessante cammino. Dentro la Parola. Lasciando che la Parola entri in noi. Solo partendo dall’Incarnazione possiamo cantare la Trinità.

Gianmartino Durighello ad una sessione di studio COPERLIM

Psallite: Sei docente di “Esercitazioni Corali” presso il Conservatorio “A. Steffani” di Castelfranco Veneto ed insegni “Musicologia Sacra”, “Spiritualità ed Estetica del canto gregoriano” e “Tecniche di composizione per la Liturgia” nel biennio di specializzazione in Musica Sacra presso lo stesso Istituto. Possiamo ambire a formare bravi musicisti di chiesa anche negli istituti di alta formazione italiani? Qual è la sensibilità degli studenti in merito alle problematiche della musica a servizio del rito?
Durighello: Inizierei col dire che queste discipline, fondamentali per il Biennio in Musica sacra, sono proposte come opzionali per gli altri corsi di studio. In questo senso sono molti gli studenti che hanno scelto di frequentare, con diverse motivazioni, questi corsi. Ho potuto quindi constatare un crescente entusiasmo ed interesse per il sacro in genere e per la musica sacra e liturgica.
Per quanto concerne lo specifico del Biennio specialistico ho riscontrato nella maggior parte dei casi una partecipazione motivata degli studenti, molti dei quali già impegnati attivamente nel servizio liturgico, che hanno colto questa occasione per un serio approfondimento nella loro formazione.
Alla domanda se “possiamo ambire a formare bravi musicisti di chiesa anche negli istituti di alta formazione” devo dire che a mio avviso l’istituto può solo offrire una possibilità di crescita e approfondimento. Il cursus di un Biennio, così come l’attuale ordinamento riformato lo consente, è mancante di un Triennio specifico che lo preceda e non può porsi come il coronamento di un completo percorso formativo di base, ma può altresì essere una preziosa occasione, ripeto, di approfondimento. Una completa formazione di base, ora come ora, va perseguita per altre vie, quelle proprie della vita ecclesiale locale e nazionale, come le scuole e gli istituti diocesani di musica sacra, il Coperlim etc etc. Importante sarebbe invece attivare, o completare laddove è già avviato, un percorso di convenzione tra le strutture ecclesiali e quelle statali, con conseguente riconoscimento di crediti e titoli.

Psallite: Sei chiamato in commissione di giuria di concorsi corali molto importanti. Se dovessi fare un bilancio di queste esperienze di ascolto come valuti la coralità italiana oggi?
Durighello: Devo dire che da un paio d’anni ho ripreso ad “essere presente” un po’ di più nel mondo attivo della coralità, dopo un decennio nel quale per vari fattori ero stato per grazia costretto in una sorta quasi di eremitismo. Ho trovato una coralità molto cresciuta da tanti punti di vista, con solo alcune note di preoccupazione. Parlo della coralità in genere, non di quella liturgica.
Sul piano tecnico vocale c’è stato in generale in questi anni un indubbio notevole progresso. è cambiato in positivo sia il gusto, il pensiero del suono, sia lo stesso suono corale.
Sul piano della direzione si è passati da una generazione di pionieri tra i quali molti erano amatori, a una nuova generazione di giovani provenienti dallo studio accademico.
Questo fatto ha portato un’indubbia crescita, come abbiamo detto, sul piano tecnico. Talvolta ha però significato uno stacco di memoria con il periodo precedente (parlo di repertori e anche di prassi esecutiva).
Il problema si pone soprattutto per la prassi esecutiva della musica antica. Un direttore diplomato in Conservatorio, ad esempio in pianoforte, deve essere cosciente che nella sua formazione manca questo aspetto. Per capirci: mi è capitato di sentire in un concorso internazionale un coro italiano (!) che interpretava il Tempo Imperfetto Integro con un quattro quarti e in più molto lento. Al colloquio il direttore chiamava ancora quel segno “Ci”, non sapendo che era un semicerchio. Eppure la compagine cantava con un bellissimo suono corale. Oggi ci sono molte possibilità di formazione specifica ad alto livello. Occorre orientarvi i giovani direttori per completare seriamente la loro formazione;
Un altro problema, non solo della coralità a dire il vero, è una eccessiva ricerca oggi di piacere al pubblico, che porta spesso alla formazione di un programma da concerto al ribasso sul piano della qualità. C’è però anche il contrario, ossia formazioni che propongono programmi davvero intelligenti e accuratamente meditati. Mi accorgo che questa scelta è sempre premiata e va incoraggiata. Infatti non dobbiamo correre l’errore di giudicare il pubblico al ribasso. Chi va ad un concerto vuole sentire musica!
Ancora una nota molto positiva è quella che viene dal mondo giovanile, con la nascita di formazioni corali  anche nei licei davvero di buon livello;
Credo che anche la coralità liturgica possa rispecchiare quanto detto sopra. Se guardiamo la S. Messa Messa trasmessa in TV troviamo, è vero, un po’ di tutto. Ma gli esempi positivi ci sono, e molto belli.

Psallite: Cosa bolle nel tuo pentolone per i prossimi mesi?
Durighello: Come sempre tantissime cose… e spero di farcela.
Sul piano della composizione entro questa estate devo assolutamente terminare una cantata su Teresa di Calcutta, definire la partitura del Cantico dei Cantici e di una operina per bambini, così da poter prendere in mano le commissioni in lista di attesa. La prima è un duetto-recital per chitarra e flauto per il duo  Nihz (Olanda). E nel frattempo, ovviamente… musica per la Liturgia.
L’estate è anche il periodo in cui preparo alcuni corsi e relazioni. Tra questi il Seminario di musica e spiritualità medioevale al Santuario di S. Vittore, Feltre (agosto), il Convegno per animatori musicali della Liturgia delle Figlie della Chiesa, Roma (settembre), il Convegno Mistica, Musica e Medicina a Vittorio Veneto (settembre) quest’anno intitolato a Vizi e Virtù, un master di composizione in Musica sacra a Trento (novembre)…

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