La musica liturgica nella diocesi di Napoli: intervista a Giovanni Aprea
L’attività di un animatore musicale della liturgia nella città di Napoli
Riusciamo a rubargli un po’ del suo tempo mentre si accinge ad ultimare la preparazione della prova serale coi suoi cantori. Sul tavolo appunti sparsi per l’animazione delle celebrazioni diocesane, partiture coperte di post-it gialli e verdi con scritte annotazioni varie.
Con la sua gioviale cordialità raccoglie tutto facendo un monte di carte e cartelline(ci tranquillizza con un sorriso e la battuta “tanto nel mio caos ci capisco solo io!”) per liberare il tavolo e permettere di appoggiare gli appunti e il registratore del nostro inviato.
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Psallite!: Ciao Giovanni, subito una domanda velocissima che richiede una risposta altrettanto rapida: la Chiesa di Napoli canta?
Aprea: Certamente! Si può dire, in generale, che il rapporto dei napoletani con il canto è stato ed è di tipo viscerale. E, ringraziando Dio, posso affermare che questo attaccamento passionale verso il canto lo si registra ancora nelle nostre chiese, seppur con esigenze e modalità talvolta discutibili. Sicuramente non è più il canto dei secoli passati, ma è un canto che, come tutte le cose e come in tutti i luoghi, si è adattato anch’esso, alla sterile modernità . Ma a quest’ultima, fortunatamente, resistono ancora varie forme di canto sacro popolare, tramandatesi nel tempo. Come non ricordare le tantissime canzoncine composte dal napoletano S. Alfonso Maria Dè Liguori, che ancora oggi cantiamo e facciamo cantare nelle nostre chiese in tante occasioni: le tre famose pastorali natalizie «Tu scendi dalle stelle», «Fermarono i cieli» e «Quanno nascette ninno», e le canzoncine dedicate alla Madonna: «O Bella mia speranza», «Salve del ciel Regina», le litanie della Madonna e tante altre. Come ancora sopravvivono nel tempo tanti altri canti, talvolta non scritti, che ancora oggi accompagnano pii esercizi, preghiere, processioni, riti collettivi e «Serenate alla Madonna», pratiche, usi e costumi che possono talvolta far storcere il naso solo a chi è dotato di una ignoranza antropologica o a chi non vuole comprendere l’importanza di queste forme collettive di canto popolare, che persino la Sacrosanctum Concilium, esorta a «promuovere con impegno».
Psallite!: Parlaci del tuo impegno in diocesi.
Risposta: Dal 2001 collaboro con il M° Mons. Vincenzo De Gregorio, Maestro di Cappella ed organista del Duomo di Napoli, nonché con Mons. Salvatore Esposito, Vicario Episcopale del settore Culto Divino e Disciplina dei Sacramenti della Diocesi di Napoli, per le animazioni liturgico-musicali diocesane e del Duomo. In pratica, non essendoci ancora un coro liturgico diocesano, il coro «Armonia Cordis» dell’omonima associazione di cui sono fondatore e direttore – che ha vita autonoma e che svolge anche una intensa attività concertistica -, ha l’incarico di animare per tutto l’anno pastorale una serie prestabilita di celebrazioni presiedute dal Cardinale.
Psallite!: Ci puoi descrivere la situazione liturgico-musicale dei cori presenti a Napoli?
Risposta: Per quel che mi è dato conoscere, perché ciò che affermo è solo opinione personale non avvallata da nessuna indagine ufficiale, a Napoli la realtà corale risulta abbastanza eterogenea. Come, credo, in ogni altra città d’Italia, ci sono da una parte cori liturgici che hanno acquisito nel corso del tempo una discreta preparazione e competenza sia liturgica sia musicale, dall’altra ci sono quelli che io chiamo «pseudo cori» perché magari guidati da persone dotate solo di buona volontà ma che non possiedono le dette competenze richieste per tale ministero ecclesiale. Purtroppo oggi stiamo assistendo al proliferare di questi gruppi corali che fanno risuonare nelle nostre chiese schiamazzi di ogni tipo e propongono canti dalla dubbia valenza liturgica nelle forme e nei testi.
Sempre più spesso in nome di quella spasmodica ricerca di un «suond giovanile», i canti per la liturgia vengono scelti sempre dai diffusissimi repertori dei movimenti ecclesiali senza fare una scelta ragionata, bensì una] scelta coi «paraocchi» – “canto questo perchè mi piace il motivetto” e non perchè è funzionale al Mistero celebrato – infarcendo eccessivamente tutto con un accompagnamento strumentale al limite della decenza.
A mio avviso ciò è da imputare alla non adeguata competenza da parte di chi opera nel settore dell’animazione liturgico-musicale. E da questo punto di vista devo affermare, mio malgrado, che la mia diocesi risulta molto carente. Non esistono, infatti, organismi dediti alla formazione degli animatori liturgico-musicali. Certo, solo per iniziativa personale di qualcuno, o di qualche associazione di settore, sporadicamente si organizzano seminari, corsi, convegni anche di una certa valenza, ma sono solo iniziative isolate che non durano nel tempo. Infatti, chi, come me e più di me, per un problema di coscienza, ha avvertito il dovere di colmare le proprie lacune in questi ambiti, ha dovuto provvedere di propria iniziativa, andando alla ricerca personale di corsi specifici attivati in altre città . A tal proposito, per quel che riguarda la mia esperienza di formazione, ricordo di aver saputo del Co.Per.Li.M. solo partecipando al Convegno liturgico – musicale a Palermo «Fidei canora Confessio» nell’ottobre del 2003. Questo per dire che chi vuole formarsi ha bisogno anche di informarsi personalmente, perché talvolta le informazioni o sono carenti o non te le danno.
Psallite!: Non molto tempo fa il Papa è stato in visita pastorale a Napoli e Pompei: cosa ha portato e cosa ha lasciato a livello musicale.
Risposta: Il 21 ottobre 2007, non abbiamo potuto godere appieno della Visita del Papa, perché in quel giorno a Napoli, inaspettatamente, venne una forte tempesta con pioggia, vento e freddo gelido che procurò non pochi disagi: tutta l’animazione della S. Messa in Piazza Plebiscito, presieduta dal Papa, con la partecipazione dei rappresentanti delle altre religioni, venne compromessa completamente. Tutti i coristi erano disposti su un palco scoperto, e i vari strumenti coinvolti in aggiunta all’organo – ottoni, timpani ed arpa – non poterono suonare per ovvie ragioni. Diciamo che, personalmente, non ho un bel ricordo di quella celebrazione, anche perché durante la S. Messa moltissimi coristi, tra i duecento presenti, furono soccorsi per ipotermia!
Resta però il ricordo dei momenti di preparazione ed organizzazione dell’animazione musicale, tenutisi in cattedrale nel mese precedente la visita: è stata una bella occasione di condivisione gioiosa di uno stesso ministero per tutti gli otto cori e strumentisti coinvolti, sotto la guida indubbiamente esperta del M° De Gregorio. Per Pompei non posso parlare, perché non sono stato presente, in quanto impegnato nella mia diocesi. Posso solo dire che nell’ottobre scorso (2008), quando il Papa ha visitato Pompei, c’era un solleone…che invidia!!!!!!!!!
Psallite!: Sei direttore del coro liturgico della Basilica del Carmine Maggiore in Napoli: descrivici una tua settimana tipo.
Risposta: La mattina è dedicata alla mia attività di insegnante di musica alla Scuola Media o di esperto esterno dei laboratori di canto corale nelle scuole elementari e superiori. Il pomeriggio lo dedico allo studio o alle lezioni private, la sera è dedicata ai miei due cori. In particolar modo: il martedì e il mercoledì sera al Coro Armonia Cordis, il giovedì, il venerdì sera e la domenica mattina al Coro Liturgico della Basilica del Carmine Maggiore, la domenica sera all’organo della mia chiesa d’origine. Diciamo che questa è la mia settimana ordinaria; invece quando devo preparare concerti, o le celebrazioni al duomo, viene completamente riorganizzata, anche perché, quando le condizioni me lo consentono, per l’animazione delle celebrazioni al Duomo, unisco i miei due cori.
Psallite!: Come hai detto te sei insegnante sia nella scuola primaria che secondaria: che rapporto esiste nel napoletano tra il canto liturgico e il mondo degli adolescenti?
Risposta: Rispondo a questa domanda in maniera più articolata. Inizio raccontando un aneddoto. Tempo fa, quando iniziai la mia esperienza di direttore del coro nella mia parrocchia d’origine, il Vice Parroco mi disse: “Senti, Giovanni, tu e il tuo coro siete molto bravi e preparati a cantare, però ti chiedo la cortesia di scegliere per la Messa canti più allegretti, ritmici, insomma, più giovanili, altrimenti i giovani non vengono più in chiesa perché si scocciano di sentire canti troppo lenti”. Io gli risposi: “Carissimo non credi che, forse, i ragazzi si scocciano perché le omelie di voi sacerdoti durano troppo e sono talvolta superficiali e poco edificanti, o perché si trovano a vivere liturgie sciatte, fin troppo fredde ed impersonali e notano una certa rigidità da parte di chi presiede? Perché, invece, tutti insieme, animatori e sacerdoti, non facciamo un esame di coscienza per cercare di trovare nuove strade per recuperare un autentico ‘spirito liturgico’?”. La cosa si risolse non molto bene, in quanto il Vice Parroco, nei giorni successivi, mi costrinse a sciogliere il coro! Certamente le mie risposte potevano sembrare provocatorie ed altezzose, ma all’epoca mi permisi di darle, tra l’altro con molto garbo e serenità , perché credevo di avere con quel giovane sacerdote un rapporto cordiale ed amichevole.
È inutile negare che purtroppo anche in Italia, come in altre parti del mondo, la crisi della Chiesa, proviene, anche, da una crisi della Liturgia. Io credo che una seria formazione liturgica sia un momento fondamentale dell’educazione cristiana dei giovani e quindi uno dei compiti irrinunciabili della pastorale giovanile. Ma prima di formare i giovani occorre formare seriamente anche i formatori, compresi i sacerdoti.
Purtroppo, anche a Napoli, è diffusa l’opinione, da parte degli adulti, che i canti liturgici dei giovani debbano avvicinarsi al linguaggio della canzonetta di consumo, mentre tutti gli altri canti liturgici – realmente tali perché rispondenti a determinati criteri – siano da abbandonare, perché non rispondenti a quello che prima ho chiamato “sound giovanile”. Personalmente, ogni volta che incontro persone di ogni estrazione ed età , constato che non è il genere di canto in sé che determina la sua accoglienza, ma la modalità con la quale esso è proposto e affrontato durante le stesse prove di studio e preparazione, la catechesi ad essi collegata e il senso che si dà al canto liturgico.
Sicuramente vi potranno essere delle preferenze, ma nei giovani è soltanto e soprattutto questione di ignoranza dovuta alla scarsità di occasioni per ascoltare, capire ed approfondire tutti i generi musicali. Come mai allora resistono ancora a Napoli tanti cori, come il mio, formati in gran parte da giovani e anche da bambini, che affrontano un repertorio prettamente liturgico, incluso il canto gregoriano ? Sicuramente perché hanno compreso che il canto li far “star bene”, ma anche perché, evidentemente, hanno dei direttori che, oltre a prendersi la briga di spiegare il senso di un canto dal punto di vista musicale, biblico, liturgico, sanno anche insegnarlo e proporlo. Posso affermare, per esperienza diretta, che non tutti i giovani sono “massificati e globalizzati” nelle scelte. Si orientano dove c’è una proposta seria e convincente.
Allora, quali canti per i giovani? Personalmente non mi pongo più il problema “canto gregoriano si o no?”, “repertori dei canti dei vari movimenti si o no?” “canto liturgico italiano si o no?”. La mia risposta è la seguente: la scelta può essere affrontata attingendo materiale da varie fonti. L’importante è scegliere canti per la liturgia che rispondono in pieno ai criteri che noi addetti ai lavori ben conosciamo. Sicuramente, però, avverto che alla base ci debba essere necessariamente una solida catechesi, più cura anche nell’arte del presiedere e una solida formazione al canto liturgico.
Secondo me se i giovani antepongono a tutto e prima di tutto il primato del loro linguaggio, si finisce per formare all’interno della Chiesa un mondo a sé stante. Io mi sforzo spesso di far capire ai miei giovani amici che loro devono ricordare di appartenere a una comunità cristiana che è più grande di loro e in cui imparare a sentirsi parte. Quindi anche per la scelta dei canti occorre trovare per tutti non un linguaggio che distingue o separa, ma che unisce il nostro essere Chiesa, e non basta che il canto abbia un qualche riferimento vagamente religioso, per essere adatto alla Celebrazione Eucaristica o Liturgica. Tra l’altro, ad essere sinceri, questo criterio è accettato ed applicato non solo dai giovani, ma spesso dagli stessi educatori. E che dire dell’altro problema già enunciato prima, relativo all’uso eccessivo degli strumenti musicali? Non sono e non mi sento un Matusalemme: nella liturgia vanno bene tutti gli strumenti, compreso il battito delle mani, ma senza eccessi ed esagerazioni: l’importante che il loro uso sia sempre rispondente al decoro e alla dignità che si conviene ad una Liturgia seria onde evitare che quest’ultima diventi un concerto, fonte di soddisfazione egoistica estetica … ed estatica!
Psallite!: Prossimi impegni di Giovanni Aprea.
Risposta: Il prossimo 8 maggio, mi sposo! Pertanto fervono i preparativi ed, in particolar modo, sto componendo e preparando i canti per la liturgia delle mie nozze. È una scelta compiuta non per presunzione né tantomeno perché manchi un repertorio di canti liturgici adatti, ma perché io e la mia promessa sposa ci siamo «inventati» un modo tutto nostro per predisporci alla celebrazione nuziale e per conoscere meglio e godere appieno della grazia sacramentale. Dal punto di vista liturgico-musicale, ho da preparare le celebrazioni della Quaresima, della Settimana Santa e di Pasqua, diviso tra la Basilica del Carmine Maggiore e il Duomo di Napoli. E poi, anticipo con una certa discrezione, che sto per ricevere un incarico ufficiale a livello diocesano…Speriamo bene e pregate tutti per me! E, come è solito concludere tutte le omelie il nostro Cardinale Arcivescovo, “a’Maronna v’accompagni!”