Michele Carretta
Dopo la morte la certezza del cristiano è quella di essere accolto da un Padre pronto ad abbracciare i suoi figli, di essere finalmente a casa, nella casa del Signore. È l’immagine del Padre misericordioso della parabola di Lc 15.
Le quattro strofe ripercorrono i tratti delle tre persone trinitarie: Dio Padre è colui che «sempre perdona» perché è «fonte di misericordia». Cristo è il buon Pastore, l’Agnello che ha vinto la morte; chi muore, a lui spera di ricongiungersi e di essere associato al gregge dei miti e dei santi proclamati tali da Gesù nel discorso della montagna o delle beatitudini (Mt 5,1-12). Lo Spirito è «potenza d’amore» capace di trasfigurare il corpo mortale in «candida veste di luce». Nella quarta strofa, poi, emerge il tema dell’esodo, del cammino ultimo e definitivo verso la Gerusalemme celeste, «dimora di pace». Come la presenza del Signore nella nube aveva guidato il popolo d’Israele nel primo esodo, così ora la «nube che segna il cammino» apre il passaggio alla vita eterna e guida i cristiani «nel grembo di luce infinita».
Questo testo può essere messo in musica come canto da utilizzare all’ingresso o durante il rito dell’ultima raccomandazione e del commiato.
Padre che sempre perdoni, in te ho sperato e creduto; accoglimi tra le tue braccia, o fonte di misericordia. Nella tua casa, Signore, ora riposo sicuro. Tu sei dimora di pace, speranza certa dell’uomo che muore. Cristo Gesù, buon Pastore, Agnello che ha vinto la morte, conducimi ai pascoli eterni, al gregge dei miti e dei santi. Dono del Padre e del Figlio, divina potenza d’amore, trasforma il mio corpo mortale in candida veste di luce. Nube che segna il cammino e apri il passaggio alla vita, tu guidami verso l’Eterno, nel grembo di luce infinita.