Giovanni Maria Rossi
A venti anni dalla morte di Giovanni Maria Rossi vogliamo ricordare la figura di questo padre Camilliano e musicista con un suo scritto su una tecnica di cui era indiscusso esponente, apparso sul n.67 del 1988 della rivista “Musica e Assemblea” edita dalle Edizioni Dehoniane di Bologna.
A) IDEE
Dal lato compositivo direi di cominciare a domandarsi in che contesto liturgico è posto il canto in questione. In ratti, secondo me, ci dovrà anzitutto essere diversità di scelta stilistica e di caratterizzazione in base al momento liturgico. La cosa è meno problematica quando si tratta di momenti di preghiera extraliturgici, o di concerti spirituali.
In secondo luogo, penso sia bene vedere a quali “spunti tematici” attingere e quanto dilungarci nel “commento”. Al proposito va detto che non sempre ci sono da fare “robusti” preludi, interludi, postludi. Anzi, talvolta non si presenta affatto il caso di fare tutte e tre le cose (o anche solo due delle tre). Spesso infatti è sufficiente:
- una semplicissima e chiara intonazione-introduzione al canto, che dia limpidamente l’imbeccata a chi deve intonarlo;
- un brevissimo interludio, come ad esempio nel caso di un inno strofico (corale), per non affastellare una strofa dietro l’altra, senza respiro;
- il postludio è “naturale” soprattutto quando c’è la continuazione di un rito da accompagnare con un intervento musicale; diversamente, può rischiare di diventare soltanto una lungaggine.
In terzo luogo è il caso di badare molto bene a quali strumenti si hanno a disposizione e con quale caratteristica timbrica, nell’ “hic et nunc” del gruppo con il quale abbiamo a che fare o per il quale ci viene commissionato il lavoro.

In quarto luogo si potranno anche suggerire invenzioni “da tavolo” per qualunque possibile formazione strumentale; starà però agli esecutori scegliere i momenti opportuni in cui far funzionare questi brani.
Dal lato esecutivo si tratterà poi di operare alcune scelte:
- se si deve agire con un solo strumento, ci si dovrà anzitutto chiedere se si è pronti a una buona improvvisazione o no;
- e ancora, se siamo in grado di comporci noi, per iscritto, i pezzi di cui abbisognamo;
- tenendo presente, d’altra parte, che, per alcuni canti liturgici e per molti canti utili in momenti di preghiera e concerti spirituali, esiste già un certo repertorio di preludi-interludi-postludi; si tratterà di farsi una raccolta da tenere a disposizione per ogni evenienza (tra l’altro, studiando questi brani di repertorio, posso scorgere in quante direzioni va l’arte del “comporre su tema dato” e tenerne conto per il mio comporre).
AI termine di queste poche idee mi sembra importante ricordare che questi interventi strumentali (si tratti di improvvisazione o di cose scritte) stanno attorno a un canto che, penso, sia da cantare… Perciò attenzione a fare in modo che l’aggancio tra la fine di preludio e interludio e il canto sia “logica”, ossia aiuti l’entrata del canto stesso o, nel caso del postludio, costituisca una logica conclusione di tutto l’insieme. Da quanto fin qui risulta chiaro che preludiare, interludiare, postludiare non significa mai prendere il primo prezzo che capita in mano, o il “pezzo che mi piace”, e appiccicarlo senza logica “addosso” al canto in questione.
B) ESEMPI
Ovviamente qui porto esempi di composizioni scritte. Sarebbe stato bello poter citare su nastro registra-. zioni di improvvisazioni; in realtà ogni tanto capita di ascoltare qualcosa di interessante (a me è capitato); purtroppo in questa sede tale citazione è impossibile.
a) Composizioni “minime”, per imbeccate e brevi interludi, con una tastiera e/o altri strumenti.
1. da MeA 2/1988, p. 3 ss (“Benedetto il Signore”)
Cito questo brano, sia perché lo si può avere immediatamente sottomano, sia perché in un solo brano ci sono vari esempi. A pag. 3, prime tre accollature, avete l’esempio del possibile ampio e “impegnativo” preludio. Lo stesso può comunque essere iniziato anche dalla 5a misura della seconda accollatura, diventando così più breve e meno impegnativo, oltre che più direttamente allusivo al susseguente canto.
Stessa pagina, 4a accollatura: brevissima e semplicissima “imbeccata”: DO-RE-DO, anche perché s’è già sentito il “colore” del brano (ecco un “perché” da tener presente).
Pagina 4, ultima accollatura, 4a e 5a misura: “imbeccata” anch’essa semplicissima, ma un po’ più consistente (nel caso non si fosse eseguito il preludio lungo, e comunque ogni volta che lo si ritenga opportuno).
2. da MeA 1/1988, p. 11 (“Canto delle creature”).
Talvolta l’imbeccata è di tipo armonico-contrappuntistico, pur restando chiaramente allusiva. Nel caso che presentiamo, lo “spunto” è preso dal secondo inciso del canto (“laudato in eterno”):

Nello stesso numero di MeA, a pag. 27, si veda un altro esempio, con introduzione un po’ più lunga (“Solo chi ama”).

3. Nel caso degli inni strofici (corali), sia come intonazione che come breve interludio, si può riprendere una frase (melodico-armonica) dell’inno che meglio si agganci all’inizio o alla ripresa del canto.
Esempi:
- da MeA 1/88, p. 19 (“Il tuo popolo in cammino”): ricordiamo tra l’altro che esiste un’introduzione originale (scritta altrove dall’autore). Si potranno prendere, comunque, come imbeccata, semplicemente le due misure di inizio, avvertendo però di non chiudere con un MI-7, ma o con la sottodominante (DO) con la tonica (SOL).

- da MeA 54 (n.1/1985), p. 17 (“Emmaus”): si potrà prendere come “imbeccata” l’ultimo inciso del corale, e come interludio gli ultimi due incisi:

Tutti gli interventi di cui s’è parlato possono anche essere fatti non dalla sola tastiera; in tal caso si affida, in genere, a uno strumento solista la melodia del soprano. Bisognerà però porre molta attenzione nella scelta degli strumenti. Non è perché si ha a disposizione uno strumento, che gli si deve far sonare tutto. Sappiamo infatti che ogni strumento ha un suo timbro (o diverse possibilità timbriche) e che ogni timbro ha una sua particolare significanza e risonanza nella nostra persona; risonanza che può essere di tipo “gestaltico”, “gruppale”, etnico, ecc.
Ad esempio per quanto riguarda la risonanza di tipo etnico italico, se io introduco l’ultimo corale citato (MeA 54) con l’organo a canne (ad esempio con il principale 8’ e suonando le armonie) assieme a un flauto dritto contralto (che mi suona la melodia, e, in pratica, me la trasporta un’ottava sopra), do un carattere dolce e nello stesso tempo stagliato e piccante all’imbeccata (e poi al pezzo tutto, se malauguratamente continuassi).
Se introduco con ripieno d’organo (a canne o meno: oggi ci sono gli strumenti “campionati” che imitano le canne quasi perfettamente), assieme a trombe (e magari tromboni), do al pezzo un carattere trionfale, grandioso, eclatante, pomposo.
Se mi salta il ghiribizzo di intonare con tastiera elettronica oscillante, assieme a una chitarra elettrica che suona la melodia (magari con effetti di distorsione), finisco per dare al pezzo un carattere leggero, o sguaiato addirittura buffo. E così via. Si tenga presente che gli interventi “puliti” sono in assoluto i migliori. Voglio dire con questo che, se avete uno strumento che vi fa la melodia, un altro che realizza le armonie, e un basso, ne avete più che a sufficienza per un “pulito” intervento pluristrumentale.

b) Composizioni di più largo respiro
Uno degli esempi più classici ci viene dalle “variazioni sul tema” di molti autori delle “epoche d’oro” di questo genere musicale, fiorito (in ambito religioso) soprattutto in casaprotestante, con l’uso del “commento strumentale al corale”: re indiscusso, il grande J.S. Bach. Ma ancora prima, in casa nostra, in contesto liturgico cattolico, era nato qualcosa di simile; lo ricordo più per la maniera “compositiva” che per il “contesto celebrativo”, oggi a mio parere applicabile in situazioni quasi sempre soltanto extraliturgiche: momenti vari di preghiera, concerti spirituali.
Prendiamo un caso classico: J.G. Walter: GESÙ, MIA GIOIA, (“Jesu, meine Freude”) corale con variazioni (fonte: LIBER ORGANI, Vol. VI, pag. 45, Soc. Anon. Tipogr. Vicenza 1954). È un esempio preso dalla grande epoca bachiana.
Questo corale, la cui melodia è di J. Crüger, è stato proposto (in una delle possibili elaborazioni) anche da MeA 8, p.7 ed è pure presente in alcuni repertori regionali e diocesani per la liturgia, con testi diversi. In queste “variazioni” di J.G. Walter trova commenti sfruttabili in varie occasioni rituali: canto di inizio, di processione con le offerte, di comunione nella Messa; canto di meditazione per altri momenti; ecc. Il primo brano è praticamente un “preludio al corale”, scritto più in modo armonico che contrappuntistico e in cui il canto è tutto riportato, in modo quasi intatto, al soprano.

La I e II variazione sono praticamente due interludi. La I variazione è stesa in modo solistico: il canto affidato alla mano destra “nasconde”, attraverso diminuzioni, la melodia del corale; la parte affidata alla mano sinistra armonizza in modo interessante, con interiezioni e mostrando in che modo si può fare un sapiente uso delle pause.

La II variazione (interludio) fa “passare” il canto dal contralto, al tenore, al soprano, mentre le altre parti contrappuntano e armonizzano con interiezioni e cromatismi, in modo piuttosto serioso.

La III variazione è praticamente un postludio, ma compositivamente direi che ha il carattere sia di un interludio che di una “finale”. Il canto (melodia) dell’intero corale viene riportato al soprano, il contralto contro-canta con qualche piccolo movimento e qualche ritardo, mentre alla mano sinistra è affidato un movimento contrappuntistico in semicrome che spazia largamente nella zona tenore-basso in modo ondulato.

C) REPERTORIO
Soltanto alcune citazioni, brevemente illustrate, per orientare l’animatore. = da “CELEBRIAMO”, Carrara, Bergamo 1971:
* fasc. II:
1. L. Molfino, Tutta la terra ti adori ; esempio di preludio, canto, 2 interludi e postludio di autore contemporaneo.
2. G. Radole, Preludio su “Vexilla Regis”; altro esempio di scrittura contemporanea.
3. E. Capaccioli, Mini-concerto su “Cristo risusciti”; “O filii et filiae”; “Alleluia” Brutto titolo per un simpatico esempio di “commenti”, in diverso modo usufruibili, a tre famosi canti liturgici, ancora oggi in repertorio, di autore contemporaneo.
4. J.G. Walter, Preludio-corale ; altra composizione del già citato autore.
5. A. Soresina, Te Deum laudamus ; praticamente costituiscono preludio, interludio, postludio di autore contemporaneo al famoso inno antico.
* fase. VI:
È tutto dedicato a questo genere musicale. frutto di un lavoro a più voci (7 autori), ed è in relazione a canti liturgico-religiosi in parte molto cantati (ad esempio “La creazione giubili” e “Lodate Dio”).
* fasc. X:
Raccolta di composizioni per organo o armonio, alcune delle quali utili per preludiare. interludiare, postludiare conosciuti canti natalizi.
= da “LIBER ORGANI”, Soc. Anon. Editrice, Vicenza
Raccolta in parecchi volumi; cito qualcosa.
* Vol. I (Ediz. 1962)
pag. 1) G. Cavazzoni: Christe (Cunctipotens): momento di preghiera / concerto spirituale
pag. 2) G. Cavazzoni: Inno (Pange lingua): celebrazione eucaristica / momento di preghiera / concerto spirituale
pag. 12) G. Frescobaldi: lnno (Iste confessor): liturgia delle ore / momento di preghiera / concerto spirituale
pag. 15) G. Frescobaldi: Messa della Madonna: Preludio (Toccata): liturgia / momento di preghiera / concerto spirituale; Kyrie / Christe / Kyrie: momento di preghiera / concerto spirituale
pag. 58) J.G. Walter: Corale (sono “Variazioni” sul corale “Meinen Jesum lass’ ich nicht“): lit. (inizio,
processione off., comunione) / momento di preghiera / concerto spirituale
* Vol. V (Ediz. 1954):
pag. 26) J. Cabanillas: Interludi per la Messa degli Angeli: mom/pregh. / conc. spir.
pag. 38) P. Cornet: Salve Regina: preludio o postludio al canto gregoriano della più antica “Salve Regina”: liturgia / momento di preghiera / concerto spirituale
* Vol. VII (Ediz. 1961):
pag. 12) F. Liszt: Salve Regina: preludio o postludio, ut supra.
pag. 15) F. Liszt: Ave Maria di Arcadelt: per chi ha in repertorio la famosa “Ave Maria” adattata ad un`antica canzonetta di Arcadelt, il pezzo costituisce, nella sua l parte, un possibile preludio, mentre nell’ultima parte ne costituisce il naturale postludio.
pag. 23) J. Brahms: Corale: “commento” al noto “O capo insanguinato”. Assieme al più celebre “commento” di .l.S. Bach, costituisce un lungo preludio, o interludio, o postludio al corale. Attenti alle scelte opportune quanto al momento, liturgico o meno, e al giusto aggancio tonale. Infatti il “commento“ di J.S. Bach è in SI min., mentre questo è in LA min.
pag. 47) G. Radole: Verselli per il Magnificat: lit. / mom. pregh. / conc. spir.
Quanto detto illustrando queste brevi citazioni va naturalmente messo in relazione a un canto-cantato. Non ho inteso assolutamente presentare una carrellata di “pezzi da sonare”, avulsi dal contesto “preludiare – interludiare – postludiare un canto”. Nello stesso tempo si tenga presente che, tra i tanti cosiddetti “pezzi da sonare”, ce ne sono molti utili e adatti ancora oggi per quanto riguarda il nostro assunto. Esiste ad esempio tutta una serie di preludi, interludi e postludi al Magnificat, a vari inni e corali, usufruiti e usufruibili in molti momenti liturgico-religiosi.