Educazione di un coretto di piccoli cantori

Beppe Cerino


Proponiamo uno stralcio tratto da Il canto dell’assemblea: rivista pastorale di musica liturgica / a cura del Centro Catechistico Salesiano, Leumann (Torino): Elle Di Ci, 1965, ormai diventato introvabile. Consigli pratici per educare alla musica e alla liturgia con i più giovani.


Quanto si è detto fin qui rappresenta il servizio pieno di un coretto educato ed efficiente: un punto di arrivo, insomma. Arrivarci non è impossibile e neanche troppo difficile; richiede, però, tutto un lavoro di preparazione, una vera educazione quale traspare, meglio che da ogni nostra parola, dai documenti della Chiesa.

La Costituzione conciliare sulla sacra liturgia esprime chiaramente la necessità e la natura di questa educazione: citiamo qualche passo:

  • art. 29 – «anche […] i membri della schola cantorum svolgono un vero ministero liturgico».
  • art. 28 – «nelle celebrazioni liturgiche, ciascuno […] si limiti a compiere tutto e soltanto ciò che, secondo la natura del rito e le norme liturgiche, è di sua competenza».
  • art. 29 – «Bisogna, dunque, che tali persone siano educate con cura […] allo spirito liturgico e siano formate a svolgere la propria parte secondo le norme stabilite e con ordine».

Due aspetti, dunque, di un’unica educazione: l’aspetto liturgico («siano educate allo spirito liturgico») e l’aspetto tecnico, che noi diremmo musicale («siano formate a svolgere la loro parte»).

1. Educazione liturgica

Ci limiteremo, per chiarezza e per brevità, a rispondere a due domande: quando si può svolgere questo lavoro di educazione allo spirito liturgico e come lo si può realizzare?

Quando: si va, com’è facile capire, da un minimo ad un massimo.

Il minimo consiste nell’approfittare dì ogni occasione di servizio per dire ai nostri ragazzi una parola di introduzione, di commento, di vera catechesi: ciò può essere fatto prima della funzione o anche in qualche momento libero della celebrazione. Potremmo compendiare questo lavoro di catechesi spicciola nelle parole: poco ma sempre! Basta a volte un’osservazione, per far rilevare il senso profondo di un gesto compiuto all’altare, di una frase del testo cantato, di una festività. Ciò richiede, naturalmente, da parte del sacerdote o di chi presiede al coretto una sensibilità liturgica ricca di sostanza, un arricchimento interiore frutto di meditazione abituale sulle realtà profonde espresse dai segni liturgici (gesti, abiti, azioni, parole.,.).

Il massimo – che è come dire il meglio – consisterebbe in una vera educazione sistematica che, partendo da quanto detto sopra, si completa in un vero ciclo di brevi lezioni ai fanciulli (e giovani) attori della celebrazione liturgica. Un breve incontro settimanale (come già si fanno le adunanze di A.C.) riservato agli elementi del coretto, cui si possono unire benissimo i ministranti, i lettori, i commentatori. Un vero incontro di formazione, una catechesi specializzata, per la quale possono servire molto bene varie pubblicazioni apparse più o meno recentemente. Ne ricordiamo appena qualcuna:

  • «Iniziazione dei bambini alla liturgia», ed Paoline.
  • «Iniziazione dei fanciulli alla messa», V. Gambino, ed. L.D.C,
  • «Iniziazione alla liturgia», I. H. Dalmais, ed. L.D.C.

per arrivare, poi, a opere più complete e fondamentali, come:

  • «La Chiesa in preghiera-Introduzione alla liturgia», A. G. Martimort, ed. Desclée.
  • «I segni della nuova alleanza», A. G. Martimort, ed. Paoline.

Forse, un po’ scarsi sono finora i sussidi per la catechesi liturgica specializzata (filmine, cartelloni, ecc.).

Come si può educare allo spirito liturgico? Senza presumere di dire cose nuove, ricordiamo appena qualche norma pratica. Chi scrive ha fatto l’esperienza, ormai da molti anni, di quanto suggerisce e non nell’ambiente del seminario soltanto, ma in quello della parrocchia, seguendo, pure, in Italia e all’estero, valide esperienze in questo campo.

a) Creare, a poco a poco, la convinzione fondamentale che tutta l’attività musicale nella chiesa è un servizio. Così le prove, l’esecuzione dei canti, il posto che il coretto ha nell’assemblea dei fedeli. Tutto è per servire Dio ed i fratelli: un servizio che è un onore ed un impegno. Questo per vincere la secolare tradizione dei cantori che in chiesa «fanno l’accademia». Sarà, forse, difficile mutare la mentalità di tanti cantori adulti, troppo abituati a farla da padroni in chiesa (lavoro di «metanoia», tanto necessario ai nostri giorni da parte dei sacerdoti nei riguardi dei loro cantori, se vogliamo salvare le scholae; ma questo importerebbe tutto un altro discorso).
Educare i fanciulli a questo senso del servizio è, invece, molto più facile ed utile, anche per formare le scholae di domani.

b) Servizio che è un vero «ministero liturgico», tanto che certe parti della messa sono affidate esclusivamente ai solisti ed al coretto. Così si sentono attori nella celebrazione, assumono l’impegno di svolgere «bene e con ordine» la loro parte e capiscono anche il perché di un abito da indossare durante la celebrazione liturgica, come elemento di distinzione tra i membri dell’assemblea.

c) Molto importante, ai fini di una educazione, è far rilevare sovente e praticamente il valore sociale, comunitario del servizio liturgico, Il coretto è guida con la voce: lo dev’essere anche con l’esempio. È il servizio che iniziato in chiesa continua anche fuori, tra i compagni di gioco, nella scuola ecc.

d) Una norma molto pratica, ma molto importante; non introdurre novità senza prepararle. Così per le azioni da compiere durante la celebrazione, come per i canti da eseguire. Così, trattandosi di imparare un nuovo canto, sarà assai opportuno leggerlo prima, farlo ripetere (utile esercizio di dizione, come diremo) e commentarlo brevemente, ambientandolo nel tempo liturgico e nel momento della celebrazione. Dopo questa «composizione di luogo e di tempo» si potrà impararlo; ma non sarà più un semplice esercizio di voce – come capita sovente a tanti cantori -: quelle parole acquisteranno a poco a poco un senso profondo ed una risonanza nell’animo del fanciullo che le canta.

e) Dare il giusto valore all’abito corale dei piccoli cantori. Non si tratta di esagerare, ma neanche è giusto deprezzare. Come il celebrante ed i ministri sono rivestiti di un abito sacro durante la celebrazione, è logico che lo siano anche i membri del coretto nell’esercizio del loro ministero liturgico.

Per valorizzare l’abito corale (tunica bianca con cappuccio, cingolo e croce) sarà opportuno:

  • farlo meritare con un periodo di tirocinio. Questo periodo (può bastare qualche mese) corrisponde al tempo necessario per la prima educazione musicale dei fanciulli scelti per il coretto. Può servire per segnare le presenze alle prove, dare un punteggio, o rilasciare ogni volta un talloncino di presenza. Sommato quel dato punteggio (indice del rendimento del ragazzo) il candidato può essere ammesso alla vestizione,
  • solennizzare la vestizione dei piccoli cantori. Può avvenire durante la messa, ed è preferibile. C’è, per questa vestizione (che può fare il Parroco, il Vescovo, o il Delegato diocesano) un cerimoniale adatto e suggestivo. Può essere un’occasione per interessare tutta l’assemblea al canto sacro.
  • ricordare, ad ogni possibile occasione, l’impegno che l’abito comporta nella chiesa e fuori. Rivestirsi dell’abito corale potrà diventare, così, per il fanciullo un risentire l’impegno di dimostrarsene degno.

f) Curare l’ordine e la pulizia di quanto concorre al servizio liturgico del coretto. Così l’abito, come le parti di canto, i libri. In ogni gruppo è possibile trovare qualche ragazzo più giudizioso al quale affidare l’incarico di distribuire e raccogliere le parti, i libri e quanto necessita per il servizio. Buona cosa sarebbe che i membri del coretto a turno abbiano questo incarico. Per gli abiti, non sarà difficile trovare qualche buona mamma che ne abbia cura per lavarli, stirarli. Meglio, se ci fosse, in parrocchia, anche la delegata per il piccolo clero, la quale potrebbe aver cura anche degli abiti dei piccoli cantori.

2. Educazione musicale

La formazione tecnica o educazione musicale di un coretto comprende tre momenti: la scelta delle voci, la loro educazione, l’esecuzione. Diremo qualcosa di ciascuno, molto sommariamente, poiché non è possibile sviluppare l’argomento come sarebbe necessario. Per maggiori informazioni, indicheremo alla fine un po’ di bibliografia.

2.1 La scelta delle voci

Dove trovare le voci adatte per un coretto? Lasciamo da parte la questione degli istituti dove il problema è già risolto dalla permanenza degli allievi nello stesso ambiente. Parliamo dell’ambiente parrocchiale di paese, come di città. Dove troviamo i fanciulli, lì è possibile trovare le voci. Nella scuola, di preferenza, sia personalmente fin occasione delle lezioni di religione) sia per mezzo di maestri e maestre che potranno indicare gli elementi migliori nel canto, a loro giudizio. Nell’oratorio, dove abbiamo i fanciulli a disposizione ogni giorno, si può dire, o tra i fanciulli cattolici o in altre occasioni in cui sia possibile avere i fanciulli della parrocchia (per esempio dopo la messa della domenica).

Ma il problema principale è un altro: come trovare le voci adatte? Per operare una prima scelta (piuttosto abbondante) basterà far cantare da tutti i ragazzi insieme, o, se sono troppi, da un gruppo per volta un canto che tutti conoscano, anche non religioso. Sarà facile individuare le voci migliori (non quelle che gridano di più!) ed operare una prima selezione. Semmai, si faccia ripetere il canto più sottovoce, per aver modo di osservare meglio.

Questo gruppo scelto, convocato a parte, verrà di nuovo provato, facendo eseguire da un gruppo (non più di dieci) e poi dai singoli una frasetta di un canto sacro da essi conosciuto; ripetendo più volte, a gruppi, la stessa frase elevata o abbassata progressivamente, prima più forte, poi più piano.

Si può passare, poi, sempre per individuare le voci utili per il coretto, ad eseguire le sette note della scala, prima ascendente, poi discendente, vocalizzando, cioè tenendo sempre per tutta l’estensione, la stessa vocale, senza dire il nome delle note, Anche per questo esercizio sarà opportuno intonare più alto o più basso, progressivamente.

Saranno, così, individuate le voci migliori anche se ancora deboli ed inesperte: tra esse, noteremo quelle che più facilmente salgono a note acute e quelle che sono migliori nelle note gravi, come pure le voci buone nell’ambito medio, per stabilire tra esse una proporzione.

Le voci che dimostrano difficoltà nell’estensione media (do-do) potranno essere scartate, riducendo così il numero degli elementi del coretto al necessario. Dove ci sia abbondanza di fanciulli (e di tempo)! sarà molto bene, selezionare, a parte, un altro gruppo di voci che servano come coretto di riserva, magari dando ad ogni gruppo un nome di classe che li distingua ( scuola inferiore e superiore, o allievi e cantori o altra denominazione).

Si tenga presente che il rendimento medio dei fanciulli sta tra la terza elementare e la terza media, mentre per le fanciulle non c’è problema di voce: anzi, crescendo, la voce matura e si fa più bella.

Per i fanciulli sarà, dunque, opportuno partire dalle elementari per avere voci che rendano per alcuni anni; facendo ogni anno una piccola selezione nelle classi elementari (4a e 5a) si avrà sempre qualche elemento nuovo, preparato per sostituire, quando sia necessario, le voci che mutano tra i membri del coretto.

Fatta la scelta definitiva (o quasi, perché qualche voce potrà ancora dimostrarsi inadatta nel seguito delle prove) non conviene preoccuparsi subito di separare le voci acute dalle gravi, dividendo i cantori in soprani e contralti. Sia per gli esercizi di respirazione che di voce (come si dirà) sarà bene, per qualche tempo, amalgamare le voci eseguendo tutti gli stessi canti ad una voce. Cantare bene ad una voce è assai preferibile al canto a più voci, quando questo non sia maturo; tanto più che il coretto ha, nella celebrazione liturgica, come primo impegno quello di essere guida dei fedeli, che cantano (da noi, almeno) ad una voce.


Autore

  • Don Giuseppe (Beppe) Cerino (1927- 2008) Quarto di nove figli, a 11 anni entra in seminario a Giaveno. Nel marzo del 1951 riceve il diaconato e il 29 giugno dello stesso anno, ordinato sacerdote, è destinato al seminario di Giaveno, professore di italiano, francese, musica e canto. Nei 16 anni che passa in seminario, insegnando, ha modo di frequentare l’Istituto Superiore di Pedagogia dei Salesiani al Rebaudengo e il Conservatorio musicale di Torino, per 4 anni, e di perfezionarsi e diplomarsi in organo al Conservatorio di Milano. Entra a far parte dell’Associazione internazionale dei Pueri Cantores. In questi anni compone musiche religiose, sia per i seminaristi sia per il popolo di Dio. Nel 1967 riceve l’incarico di organista e maestro di cappella del Duomo di Torino, membro della Commissione Liturgica Diocesana nel settore musicale, responsabile delle celebrazioni durante gli Esercizi Spirituali dei Sacerdoti, professore di canto Liturgico all’Istituto Piemontese di Teologia Pastorale, canonico nella Congregazione dei preti teologi del Corpus Domini. Nel 1985, in zona Lingotto, si cominciano a vedere i primi immigrati in cerca di casa e lavoro. Don Beppe avverte questo problema nascente e fra le famiglie amiche cerca alcuni volontari generosi. Si costituisce l’A.Z.A.S. (Associazione Zonale Accoglienza Stranieri), con don Beppe presidente, un Consiglio e uno Statuto e, quando si rende libero un locale nel condominio di via Spotorno 45 (dove abitano le due suore Luigine), viene acquistato l’immobile e lì si trasferisce il Centro Accoglienza per alcuni anni. Nel gennaio del 1989 in accordo con i consiglieri dell’A.Z.A.S., fa in modo di acquistare un alloggio: nasce così “Casa Amica” per accogliere e ospitare i parenti dei malati in ospedale o in terapia. Nel 1990 don Beppe sarà destinato come cappellano alla parrocchia dell’Assunzione, sempre in zona Lingotto, dove collaborerà fino al mese di agosto 2007.

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Don Giuseppe (Beppe) Cerino (1927- 2008)
Quarto di nove figli, a 11 anni entra in seminario a Giaveno. Nel marzo del 1951 riceve il diaconato e il 29 giugno dello stesso anno, ordinato sacerdote, è destinato al seminario di Giaveno, professore di italiano, francese, musica e canto. Nei 16 anni che passa in seminario, insegnando, ha modo di frequentare l’Istituto Superiore di Pedagogia dei Salesiani al Rebaudengo e il Conservatorio musicale di Torino, per 4 anni, e di perfezionarsi e diplomarsi in organo al Conservatorio di Milano. Entra a far parte dell’Associazione internazionale dei Pueri Cantores. In questi anni compone musiche religiose, sia per i seminaristi sia per il popolo di Dio. Nel 1967 riceve l’incarico di organista e maestro di cappella del Duomo di Torino, membro della Commissione Liturgica Diocesana nel settore musicale, responsabile delle celebrazioni durante gli Esercizi Spirituali dei Sacerdoti, professore di canto Liturgico all’Istituto Piemontese di Teologia Pastorale, canonico nella Congregazione dei preti teologi del Corpus Domini. Nel 1985, in zona Lingotto, si cominciano a vedere i primi immigrati in cerca di casa e lavoro. Don Beppe avverte questo problema nascente e fra le famiglie amiche cerca alcuni volontari generosi. Si costituisce l’A.Z.A.S. (Associazione Zonale Accoglienza Stranieri), con don Beppe presidente, un Consiglio e uno Statuto e, quando si rende libero un locale nel condominio di via Spotorno 45 (dove abitano le due suore Luigine), viene acquistato l’immobile e lì si trasferisce il Centro Accoglienza per alcuni anni. Nel gennaio del 1989 in accordo con i consiglieri dell’A.Z.A.S., fa in modo di acquistare un alloggio: nasce così “Casa Amica” per accogliere e ospitare i parenti dei malati in ospedale o in terapia. Nel 1990 don Beppe sarà destinato come cappellano alla parrocchia dell’Assunzione, sempre in zona Lingotto, dove collaborerà fino al mese di agosto 2007.